Domenica 10 Marzo 2013: IV Domenica di Quaresima
Nella prima lettura il prima è costituito dalla schiavitù
in Egitto, segnato dall’umiliazione, dalla sofferenza, dalla
mancanza di libertà. A queste ha fatto seguito il duro cammino di
purificazione nel deserto, che ha preparato i cuori a un popolo
nuovo.
Ad Israele, che porta il fardello di questo passato, Dio dice: “Oggi ho allontanato da voi l’infamia d’Egitto”. Si tratta di una denotazione temporale puntuale, è l’adempimento di una promessa.
L’esperienza dell’inizio di una vita nuova è accompagnata dalla celebrazione della Pasqua, per la prima volta in condizione di uomini liberi. La novità viene celebrata con un rito, alla presenza del Signore.
Il dopo di Israele, la nuova condizione di libertà, inizia il giorno dopo: “Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della regione”.
Ad Israele, che porta il fardello di questo passato, Dio dice: “Oggi ho allontanato da voi l’infamia d’Egitto”. Si tratta di una denotazione temporale puntuale, è l’adempimento di una promessa.
L’esperienza dell’inizio di una vita nuova è accompagnata dalla celebrazione della Pasqua, per la prima volta in condizione di uomini liberi. La novità viene celebrata con un rito, alla presenza del Signore.
Il dopo di Israele, la nuova condizione di libertà, inizia il giorno dopo: “Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della regione”.
Lo stesso dinamismo compare nella seconda lettura.
San Paolo esclama: “Le cose vecchie sono passate!”. È come se dicesse: “Il prima è passato!”. Non esiste più, non dobbiamo più guardare ad esso. Paolo può esclamare ciò proprio perché, personalmente, ha fatto questa esperienza: da persecutore della Chiesa è stato perdonato e rigenerato a vita nuova.
L’oggi è segnato da un invito ad accogliere gratuitamente l’amore di Dio. Come il Padre è libero nel donare, il Figlio è libero nell’accogliere, lo Spirito è libero nella comunione, così i cristiani devono essere liberi nell’accettare la novità di Dio: “Lasciatevi riconciliare con Dio!”.
In queste parole, che riguardano l’oggi del cristiano, c’è quasi una passività.
Cosa devo fare?
Devi lasciarti amare. Devi permettere a Dio che ti riconcili con Lui.
Il dopo, il futuro di cui parla la seconda lettura è l’invio nel mondo di ambasciatori di vita nuova, persone che parlano “come se Dio stesso parlasse per mezzo di noi”, invitando i popoli ad accogliere l’amore rigenerante di Dio.
San Paolo esclama: “Le cose vecchie sono passate!”. È come se dicesse: “Il prima è passato!”. Non esiste più, non dobbiamo più guardare ad esso. Paolo può esclamare ciò proprio perché, personalmente, ha fatto questa esperienza: da persecutore della Chiesa è stato perdonato e rigenerato a vita nuova.
L’oggi è segnato da un invito ad accogliere gratuitamente l’amore di Dio. Come il Padre è libero nel donare, il Figlio è libero nell’accogliere, lo Spirito è libero nella comunione, così i cristiani devono essere liberi nell’accettare la novità di Dio: “Lasciatevi riconciliare con Dio!”.
In queste parole, che riguardano l’oggi del cristiano, c’è quasi una passività.
Cosa devo fare?
Devi lasciarti amare. Devi permettere a Dio che ti riconcili con Lui.
Il dopo, il futuro di cui parla la seconda lettura è l’invio nel mondo di ambasciatori di vita nuova, persone che parlano “come se Dio stesso parlasse per mezzo di noi”, invitando i popoli ad accogliere l’amore rigenerante di Dio.
Fonti: www.omelie.org
Al centro della liturgia è posto oggi
quel capolavoro del Vangelo di Luca che è la parabola del figlio
prodigo o, meglio del padre prodigo d'amore, stupenda
rappresentazione dell'itinerario di un'esistenza prima bruciata nel
peccato poi ricostruita nella conversione e infine approdata alla
pace e alla gioia.
La parabola nel suo centro tematico non
è la storia di una crisi ma la storia di un “ritorno”, cioè la
soluzione di un dramma interiore. Il noto verbo biblico della
conversione – l'ebraico shùb, <<ritornare>> ,
che nei vangeli diventa il greco metanoein, <<cambiare
mentalità>> - indica appunto un'inversione di rotta che fa il
pastore beduino che nel deserto s'accorge di battere un pista che
porta lontano dall'acqua, dall'oasi. O come la nave che segue una
rotta fuori della mappa che la guida.
Appena si profila all'orizzonte la
figura del figlio, il padre gli corre incontro per abbracciarlo. Come
dicono le sue prime parole al figlio, è una morte che si trasforma
in vita, è uno smarrimento che diventa ritrovamento gioioso. Nella
fatica che ogni conversione c'è, quindi, la certezza di non essere
mai soli, di non correre il rischio di trovare alla fine una porta
sbarrata o un padre che è solo giudice implacabile e senza
misericordia. Anzi, quel padre, come ha detto Gesù in un altra
parabola, è pronto a mettersi a servizio del figlio facendolo sedere
a mensa (Lc 12,37).
giungiamo così, all'ultimo quadro
della narrazione, al cui centro appara la figura del fratello
maggiore, tipica rappresentazione del benpensante che, soddisfatto
della sua conclamata onestà, diventa un freddo ed impietoso giudice
del fratello.
Riflessioni
tratte dal libro "SECONDO LE SCRITTURE" diGianfranco
Ravasi - Piemme
0 commenti:
Posta un commento