Pereto - Rocca di Botte

...

...

...

...

...

...

...

...

...

...

martedì 29 marzo 2016

martedì 22 marzo 2016

DOMENICA DELLE PALME

È bene ribadire quanto già detto altre volte e cioè: il tempo non è né sacro né profano, ma siamo noi a qualificarlo in base al riferimento che abbiamo o non abbiamo con Dio.

I monti saltellavano come arieti agli occhi dei deportati che tornavano in patria!

Poiché la santità è propria di Dio ( “Tu so lo sei santo”, diciamo nel gloria ), il nostro tempo diventa santo quando in esso cogliamo la presenza dell’Altissimo o quando viviamo spiritualmente in comunione con lui.     Quando viviamo in grazia di Dio, come comunemente si dice.


Questa settimana è detta santa perché santificata dalla morte e resurrezione di Gesù. Cioè

in questi giorni Gesù visse nella fede “l’abbandono” di Dio: una solitudine che celava la presenza del mistero. Dio, poi, si manifestò come fonte della vita.



Noi siamo invitati a vivere questi giorni con quella predisposizione d’animo capace di farci cogliere i frutti della redenzione la quale consiste nella “remissione dei peccati”.

In sintesi: questa settimana sarà per noi santa se ci vedrà impegnati a prendere le distanze da ogni genere di peccato e se ci lasceremo attrarre dal fascino del messaggio evangelico.


venerdì 18 marzo 2016

Settimana Santa


martedì 15 marzo 2016

QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA


IDEA LUCE: Neanch’io ti condanno.



  1. Gesù assume un atteggiamento di attesa  perché desidera estendere la sua misericordia anche agli accusatori della donna.

Nel frattempo scrive per terra. Ma poiché le disposizioni interiori tardano a manifestarsi, sarà lo stesso Gesù a provocarle: Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei.

Parole che provocano una reazione  conseguenza di una immediata introspezione condotta sul binario della sincerità e della umiltà.

Il Giudice quando formula il giudizio deve tener conto della sua personale condotta!?

Costoro l’hanno fatto!

La parola di Gesù aveva richiamato alla loro mente peccati sopiti o lontani nel tempo ( quindi metabolizzati ) oppure peccati con i quali avevano finito per conviverci.

A differenza della nostra epoca in cui condanniamo nella speranza che i nostri “debiti” non s’appurino. Viviamo, infatti, in un tempo basato su questa mentalità diffusa: finché il mio non s’appura sono un onesto cittadino.



  1. a)  Il perdono di Gesù è legato ad un proposito che la donna deve mettere in pratica: Va’ e d’ora in poi non peccare più.

Il perdono è legato al proposito di prendere le distanze dal male fatto; fare una scelta di una nuova pista sulla quale cominciare a danzare la vita con più agili coreografie; girare pagina e provare a scrivere il diario direttamente in bella.



            b)  <<  Propongo col tuo santo aiuto di non offenderti mai più >>

  • Senza questo atto sincero di pentimento è come se stessi a dire: perdonami, Signore, ma quando lo decido io. Per il momento tienilo sospeso perché ho ancora altri “sassolini” da togliermi.

Si racconta che un signore uscito di chiesa confidasse agli intimi in piazza il contenuto della sua preghiera appena fatta: ho detto a Gesù Cristo “segna!” ( = mettimelo in conto!), ma io la soddisfazione contro  quel tale me la devo togliere!



  • Oltre al proposito vero e sincero, è necessario per ottenere il perdono, prendere coscienza che quello che ho fatto è ritenuto male da Dio.

Più nutriamo la fede con la parola di Dio, più ci accorgiamo di ciò che è male ai suoi occhi.

Davide aveva collocato il suo duplice delitto ( adulterio e omicidio ) nell’ambito, oggi si direbbe, della “ragion di Stato”.

Ma quando il profeta Natan gli fa capire che dinanzi a Dio non esistono giustificazioni legate al ruolo o al grado gerarchico, si sente nudo dinanzi alla sua coscienza e dichiara: il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Quello che è male ai tuoi occhi ( Dio )io l’ho fatto.

In seguito a questa predisposizione d’animo, Natan comunica a Davide il perdono accordatogli da Dio.




QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA


IDEA LUCE: Un uomo aveva due figli.



  1. Da qualche anno si va dando risalto al soggetto della parabola: un uomo padre di due figli.

Il racconto non viene più indicato con il titolo “Parabola del figlio prodigo”, ma con il titolo “Parabola del padre misericordioso”.

La sottolineatura va rimarcata maggiormente in questo anno dedicato a Dio misericordioso.



  1. a) Dopo aver focalizzato il soggetto, la parabola ci presenta la relazione del figlio minore

con il padre. Come tutti i giovincelli si vede realizzato ed essendo benestante desidera accorciare i tempi per mettersi in proprio. Così si decide a chiedere la sua parte di eredità.

           

            b) Con i beni del padre, il figlio minore si mette in gioco, ma subito si ritrova sul lastrico.

<<Chi non raccoglie con me – dice Gesù – disperde>>.

È giusto che l’uomo debba trovare e interpretare l’autonomia nella gestione di se stesso e delle cose di questo mondo, ma senza tagliare i rapporti con la sua origine.

L’autonomia delle cose terrene, o laicità che dir si voglia, va organizzata dall’uomo e se questi è credente non può prescindere dalla sua fede nel dominare, coltivare e custodire le realtà di questo mondo.

La parabola non si rivolge a coloro che pensano di costruire il mondo senza Dio essendo indifferenti alla sua esistenza.

La parabola, infatti, nel raccontare il comportamento dei due figli, descrive la conflittualità interiore del credente che vuole Dio, lo cerca e lo accetta nella sua vita, ma lo vede esigente soprattutto sotto l’aspetto della misericordia.



Così il figlio minore è il credente che si accetta e convive con le sue trasgressioni e il figlio maggiore è l’osservante di facciata.



  1. Un pensiero dalla seconda lettura: la mediazione.


Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione.

Se Paolo supplica la comunità di Corinto con le parole: lasciatevi riconciliare con Dio,  vuol dire che il sacramento della riconciliazione ieri come oggi non è facile da accettare.

Il Papa fin dall’inizio del suo pontificato si è fatto vedere sia come penitente che come confessore per invogliarci alla pratica di questo sacramento.

La riconciliazione avviene, dice il brano della seconda lettura, per interposta persona. Non si fa cenno ad un “filo diretto” tra me peccatore e Dio.

Ma, al contrario, balza chiaramente la mediazione di Cristo, e per lui, la mediazione dell’apostolo.



Ieri, sabato, il gruppo che ha partecipato al ritiro spirituale per intero ha accolto l’invito alla riconciliazione mediante il sacramento.



Siamo nell’anno della misericordia e stiamo vivendo la quaresima in preparazione alla Pasqua: valorizziamo questi giorni per trovare un momento per riconciliarci con Dio.

Facciamo nostra la supplica che Paolo rivolge ai Corinti.

In chiesa c’è un manifesto che riporta giorni e orari della celebrazioni del sacramento della confessione nelle parrocchie vicine.

Per la nostra Comunità c’è scritto che tutti i giorni sono buoni per confessarsi, basta chiederlo. Al di là delle celebrazioni di orario, la riconciliazione sta al primo posto tra gli impegni del parroco.






martedì 1 marzo 2016

TERZA DOMENICA DI QUARESIMA


IDEA LUCE: Non c’è niente di nuovo sotto il sole ( Qoelet 1,9 )

  1. Un pensiero dal vangelo
Sembra che la storia dia ragione a Qoelet, attento osservatore della natura  e degli avvenimenti umani.
Nella prima parte del vangelo di oggi si fa cenno ad una strage sacrilega, avvenuta nel tempio, che sconvolse l’opinione pubblica di Gerusalemme.
A questo fatto Gesù aggiunse il ricordo di un episodio di cronaca forse già dimenticato: un incidente mortale sul lavoro mentre si stava costruendo o ristrutturando la torre di Siloe.

A nessuno sfugge la ricorrente attualità di questi fatti ai quali se ne potrebbero aggiungere molti altri. Ad esempio, e per restare sulla citazione di Qoelet posta come idea luce, si possono citare i versi di Sergej Aleksandrovic Esenin:
Morire non è nuovo sotto il sole
Ma più nuovo non è nemmeno vivere.
Con questi versi il poeta conclude la poesia lasciata nella camera d’albergo all’età di 30 anni, la notte tra il 27 e il 28 dicembre 1925.   (3.X.1895 – 28.XII.1925).
Per Sergej “morire” non è nuovo sotto il sole.
Ci si sta abituando anche a questi gesti; anzi  si vuole addirittura che siano garantiti dalla legge.

Nei giorni scorsi la cronaca ha riferito di un “artista” che aveva programmato in una clinica della Svizzera l’eutanasia il giorno del suo, pare, 93esimo compleanno.
È morto il giorno avanti!
Qualcuno, ironicamente, ha interpretato il fatto come “nemesi” della morte che si è riappropriata della sua prerogativa di giungere inattesa!
Qualche altro, in sintonia con il Giubileo, ha detto che la morte gli ha usato misericordia facendogli evitare il suicidio.

E che dire della attualità di questa terzina di Dante?
A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per tòrre il biasmo in che era condotta.

Dinanzi a questi episodi che ancora oggi fanno dire “nulla di nuovo sotto il sole”, Gesù indica la strada della conversione per evitarli. ( seconda parte del vangelo di oggi ).
La strada, ovviamente, è quella tracciata da lui: convertirci, perciò, vuol dire dirigere i nostri passi dietro le sue orme.
Ciò accade quando cominciamo a mettere in discussione noi stessi, a fare autocritica si diceva una volta, mettendoci sotto i riflettori della luce evangelica.
Zappare, concimare, potare … sono azioni che indicano la cura della pianta che siamo noi, senza utilizzare scorciatoie, perché paziente e misericordioso è il Signore. Dio sa attendere anche chi si muove “a passi tardi e lenti”, purché li trascini sul retto cammino.

  1. Un pensiero dalla seconda lettura.
Questa lettura va ascoltata attentamente perché trasmette un messaggio di particolare importanza: non sono le cose che facciamo a renderci cristiani, ma dimostrano se lo siamo.
Dice la lettura:
tutti furono sotto la nube
tutti attraversarono il mare
tutti furono battezzati
tutti mangiarono lo stesso pane
tutti bevvero la stessa bevanda
ma non tutti, anzi la maggior parte di loro non fu gradita a Dio.

Tutto ciò che facciamo deve essere espressione della nostra fede e della carità verso il prossimo. Tutto finalizzato alla nostra conversione e alla nostra crescita in sapienza, età e grazia davanti a Dio e davanti agli uomini. Crescita non di facciata
La domenica, dopo aver ascoltato la Parola di Dio e dopo averla fatta oggetto di riflessione e di preghiera, devo averla, fuori la chiesa, come criterio che ispira il mio agire.
Se credo ai contenuti della preghiera, devo essere conseguente: farvi spazio nella mente per poi tradurli in comportamento.
Per restare nel tema dell’Anno Santo: credere nella misericordia di Dio mi deve portare ad essere misericordioso come stile di vita e non soltanto a compiere qualche gesto misericordioso. Non a caso il motto del Giubileo è: misericordiosi come il Padre.
Credo nel messaggio evangelico quando vi ispiro il ragionare e l’agire.

Dal messale
Fa’, o Signore, che alla pratica esteriore della Quaresima corrisponda una vera trasformazione interiore dello spirito, sia per la tua grazia che per la nostra attiva collaborazione.

GLOSSARIO DEL GIUBILEO
5. Il Pellegrinaggio
Da sempre è stato visto come metafora della vita.
Il rituale dei pellegrinaggi prevede che i pellegrini si radunino nella chiesa parrocchiale  per una preghiera prima di iniziare il cammino che li porterà nel santuario prescelto. La simbologia è chiara: siamo venuti da Dio, percorriamo le strade del mondo e torniamo a Dio. Essendo la chiesa e il santuario  simboli della presenza di Dio, essi sono all’origine e alla fine del pellegrinaggio come Dio lo è, per il credente, all’origine e alla fine della vita.
Durante il viaggio della vita il credente deve conservare  sempre il fine da raggiungere se vuole vedere il prossimo come compagno di cordata, altrimenti rischia di attualizzare la metafora dei “polli di Renzo” di manzoniana memoria.
Ahinoi! Purtroppo la storia con le sue guerre, la cronaca con le sue violenze e gli alterchi paesani stanno a dimostrare che il fine che Dio ci ha messo davanti non qualifica le nostre azioni.
Il Giubileo con i suoi pellegrinaggi ci aiuti a tener fissa la mente verso il traguardo della nostra vita. A questo proposito, la tradizione cristiana ha coniato un motto: memorare novissima tua et in Aeternum non peccabis. (= pensa costantemente al fine della vita e sicuramente ti asterrai dal male).