IDEA LUCE: Non c’è niente di nuovo sotto il sole (
Qoelet 1,9 )
- Un pensiero dal vangelo
Sembra che la storia dia ragione a
Qoelet, attento osservatore della natura
e degli avvenimenti umani.
Nella prima parte del vangelo di oggi si
fa cenno ad una strage sacrilega, avvenuta nel tempio, che sconvolse l’opinione
pubblica di Gerusalemme.
A questo fatto Gesù aggiunse il ricordo
di un episodio di cronaca forse già dimenticato: un incidente mortale sul
lavoro mentre si stava costruendo o ristrutturando la torre di Siloe.
A nessuno sfugge la ricorrente attualità
di questi fatti ai quali se ne potrebbero aggiungere molti altri. Ad esempio, e
per restare sulla citazione di Qoelet posta come idea luce, si possono citare i
versi di Sergej Aleksandrovic Esenin:
Morire
non è nuovo sotto il sole
Ma
più nuovo non è nemmeno vivere.
Con questi versi il poeta conclude la
poesia lasciata nella camera d’albergo all’età di 30 anni, la notte tra il 27 e
il 28 dicembre 1925. (3.X.1895 –
28.XII.1925).
Per Sergej “morire” non è nuovo sotto il
sole.
Ci si sta abituando anche a questi
gesti; anzi si vuole addirittura che
siano garantiti dalla legge.
Nei giorni scorsi la cronaca ha riferito
di un “artista” che aveva programmato in una clinica della Svizzera l’eutanasia
il giorno del suo, pare, 93esimo compleanno.
È morto il giorno avanti!
Qualcuno, ironicamente, ha interpretato
il fatto come “nemesi” della morte
che si è riappropriata della sua prerogativa di giungere inattesa!
Qualche altro, in sintonia con il
Giubileo, ha detto che la morte gli ha usato misericordia facendogli evitare il
suicidio.
E che dire della attualità di questa
terzina di Dante?
A
vizio di lussuria fu sì rotta,
che
libito fé licito in sua legge,
per
tòrre il biasmo in che era condotta.
Dinanzi a questi episodi che ancora oggi
fanno dire “nulla di nuovo sotto il sole”,
Gesù indica la strada della conversione per evitarli. ( seconda parte del
vangelo di oggi ).
La strada, ovviamente, è quella
tracciata da lui: convertirci, perciò, vuol dire dirigere i nostri passi dietro
le sue orme.
Ciò accade quando cominciamo a mettere
in discussione noi stessi, a fare autocritica si diceva una volta, mettendoci
sotto i riflettori della luce evangelica.
Zappare,
concimare, potare
… sono azioni che indicano la cura della pianta che siamo noi, senza utilizzare
scorciatoie, perché paziente e misericordioso è il Signore. Dio sa attendere
anche chi si muove “a passi tardi e lenti”, purché li trascini sul retto
cammino.
- Un pensiero dalla seconda lettura.
Questa lettura va ascoltata attentamente
perché trasmette un messaggio di particolare importanza: non sono le cose che
facciamo a renderci cristiani, ma dimostrano se lo siamo.
Dice la lettura:
tutti
furono sotto la nube
tutti
attraversarono il mare
tutti
furono battezzati
tutti
mangiarono lo stesso pane
tutti
bevvero la stessa bevanda
ma non tutti, anzi la maggior parte di loro non fu gradita a Dio.
Tutto ciò che facciamo deve essere
espressione della nostra fede e della carità verso il prossimo. Tutto
finalizzato alla nostra conversione e alla nostra crescita in sapienza, età e
grazia davanti a Dio e davanti agli uomini. Crescita non di facciata
La domenica, dopo aver ascoltato la
Parola di Dio e dopo averla fatta oggetto di riflessione e di preghiera, devo
averla, fuori la chiesa, come criterio che ispira il mio agire.
Se credo ai contenuti della preghiera,
devo essere conseguente: farvi spazio nella mente per poi tradurli in
comportamento.
Per restare nel tema dell’Anno Santo:
credere nella misericordia di Dio mi deve portare ad essere misericordioso come
stile di vita e non soltanto a compiere qualche gesto misericordioso. Non a
caso il motto del Giubileo è: misericordiosi
come il Padre.
Credo nel messaggio evangelico quando vi
ispiro il ragionare e l’agire.
Dal messale
Fa’, o Signore, che
alla pratica esteriore della Quaresima corrisponda una vera trasformazione
interiore dello spirito, sia per la tua grazia che per la nostra attiva
collaborazione.
GLOSSARIO DEL GIUBILEO
5. Il Pellegrinaggio
Da sempre è stato visto come metafora della vita.
Il rituale dei pellegrinaggi prevede che
i pellegrini si radunino nella chiesa parrocchiale per una preghiera prima di iniziare il
cammino che li porterà nel santuario prescelto. La simbologia è chiara: siamo venuti da Dio, percorriamo le strade
del mondo e torniamo a Dio. Essendo la chiesa e il santuario simboli della presenza di Dio, essi sono
all’origine e alla fine del pellegrinaggio come Dio lo è, per il credente,
all’origine e alla fine della vita.
Durante il viaggio della vita il
credente deve conservare sempre il fine
da raggiungere se vuole vedere il prossimo come compagno di cordata, altrimenti
rischia di attualizzare la metafora dei “polli di Renzo” di manzoniana memoria.
Ahinoi!
Purtroppo la storia con le sue guerre, la cronaca con le sue violenze e gli
alterchi paesani stanno a dimostrare che il fine che Dio ci ha messo davanti
non qualifica le nostre azioni.
Il Giubileo con i suoi pellegrinaggi ci
aiuti a tener fissa la mente verso il traguardo della nostra vita. A questo proposito,
la tradizione cristiana ha coniato un motto: memorare novissima tua et in Aeternum non peccabis. (= pensa
costantemente al fine della vita e sicuramente ti asterrai dal male).
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