Pereto - Rocca di Botte

martedì 1 marzo 2016

TERZA DOMENICA DI QUARESIMA


IDEA LUCE: Non c’è niente di nuovo sotto il sole ( Qoelet 1,9 )

  1. Un pensiero dal vangelo
Sembra che la storia dia ragione a Qoelet, attento osservatore della natura  e degli avvenimenti umani.
Nella prima parte del vangelo di oggi si fa cenno ad una strage sacrilega, avvenuta nel tempio, che sconvolse l’opinione pubblica di Gerusalemme.
A questo fatto Gesù aggiunse il ricordo di un episodio di cronaca forse già dimenticato: un incidente mortale sul lavoro mentre si stava costruendo o ristrutturando la torre di Siloe.

A nessuno sfugge la ricorrente attualità di questi fatti ai quali se ne potrebbero aggiungere molti altri. Ad esempio, e per restare sulla citazione di Qoelet posta come idea luce, si possono citare i versi di Sergej Aleksandrovic Esenin:
Morire non è nuovo sotto il sole
Ma più nuovo non è nemmeno vivere.
Con questi versi il poeta conclude la poesia lasciata nella camera d’albergo all’età di 30 anni, la notte tra il 27 e il 28 dicembre 1925.   (3.X.1895 – 28.XII.1925).
Per Sergej “morire” non è nuovo sotto il sole.
Ci si sta abituando anche a questi gesti; anzi  si vuole addirittura che siano garantiti dalla legge.

Nei giorni scorsi la cronaca ha riferito di un “artista” che aveva programmato in una clinica della Svizzera l’eutanasia il giorno del suo, pare, 93esimo compleanno.
È morto il giorno avanti!
Qualcuno, ironicamente, ha interpretato il fatto come “nemesi” della morte che si è riappropriata della sua prerogativa di giungere inattesa!
Qualche altro, in sintonia con il Giubileo, ha detto che la morte gli ha usato misericordia facendogli evitare il suicidio.

E che dire della attualità di questa terzina di Dante?
A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per tòrre il biasmo in che era condotta.

Dinanzi a questi episodi che ancora oggi fanno dire “nulla di nuovo sotto il sole”, Gesù indica la strada della conversione per evitarli. ( seconda parte del vangelo di oggi ).
La strada, ovviamente, è quella tracciata da lui: convertirci, perciò, vuol dire dirigere i nostri passi dietro le sue orme.
Ciò accade quando cominciamo a mettere in discussione noi stessi, a fare autocritica si diceva una volta, mettendoci sotto i riflettori della luce evangelica.
Zappare, concimare, potare … sono azioni che indicano la cura della pianta che siamo noi, senza utilizzare scorciatoie, perché paziente e misericordioso è il Signore. Dio sa attendere anche chi si muove “a passi tardi e lenti”, purché li trascini sul retto cammino.

  1. Un pensiero dalla seconda lettura.
Questa lettura va ascoltata attentamente perché trasmette un messaggio di particolare importanza: non sono le cose che facciamo a renderci cristiani, ma dimostrano se lo siamo.
Dice la lettura:
tutti furono sotto la nube
tutti attraversarono il mare
tutti furono battezzati
tutti mangiarono lo stesso pane
tutti bevvero la stessa bevanda
ma non tutti, anzi la maggior parte di loro non fu gradita a Dio.

Tutto ciò che facciamo deve essere espressione della nostra fede e della carità verso il prossimo. Tutto finalizzato alla nostra conversione e alla nostra crescita in sapienza, età e grazia davanti a Dio e davanti agli uomini. Crescita non di facciata
La domenica, dopo aver ascoltato la Parola di Dio e dopo averla fatta oggetto di riflessione e di preghiera, devo averla, fuori la chiesa, come criterio che ispira il mio agire.
Se credo ai contenuti della preghiera, devo essere conseguente: farvi spazio nella mente per poi tradurli in comportamento.
Per restare nel tema dell’Anno Santo: credere nella misericordia di Dio mi deve portare ad essere misericordioso come stile di vita e non soltanto a compiere qualche gesto misericordioso. Non a caso il motto del Giubileo è: misericordiosi come il Padre.
Credo nel messaggio evangelico quando vi ispiro il ragionare e l’agire.

Dal messale
Fa’, o Signore, che alla pratica esteriore della Quaresima corrisponda una vera trasformazione interiore dello spirito, sia per la tua grazia che per la nostra attiva collaborazione.

GLOSSARIO DEL GIUBILEO
5. Il Pellegrinaggio
Da sempre è stato visto come metafora della vita.
Il rituale dei pellegrinaggi prevede che i pellegrini si radunino nella chiesa parrocchiale  per una preghiera prima di iniziare il cammino che li porterà nel santuario prescelto. La simbologia è chiara: siamo venuti da Dio, percorriamo le strade del mondo e torniamo a Dio. Essendo la chiesa e il santuario  simboli della presenza di Dio, essi sono all’origine e alla fine del pellegrinaggio come Dio lo è, per il credente, all’origine e alla fine della vita.
Durante il viaggio della vita il credente deve conservare  sempre il fine da raggiungere se vuole vedere il prossimo come compagno di cordata, altrimenti rischia di attualizzare la metafora dei “polli di Renzo” di manzoniana memoria.
Ahinoi! Purtroppo la storia con le sue guerre, la cronaca con le sue violenze e gli alterchi paesani stanno a dimostrare che il fine che Dio ci ha messo davanti non qualifica le nostre azioni.
Il Giubileo con i suoi pellegrinaggi ci aiuti a tener fissa la mente verso il traguardo della nostra vita. A questo proposito, la tradizione cristiana ha coniato un motto: memorare novissima tua et in Aeternum non peccabis. (= pensa costantemente al fine della vita e sicuramente ti asterrai dal male).


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