Pereto - Rocca di Botte

giovedì 29 settembre 2016

XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Lazzaro era lì, ma il ricco non lo vedeva.

1. Procuratevi amici con la iniqua ricchezza.


Nella parabola di oggi, letta alla luce di questa esortazione ascoltata domenica scorsa, si ravvisa un peccato di omissione.
La ricchezza è detta <<iniqua>> o <<disonesta>> non perché procurata in modo criminoso ( cosa ugualmente peccaminosa ), ma gli aggettivi vogliono dire che la ricchezza appartiene ai beni di questo mondo il cui valore in sé non oltrepassa le nubi.
Perché ciò accada è necessario che l’uomo la condivida.
Grazie all’uomo i beni di questo mondo entrano nel circuito della gratuità e quindi dell’eucaristia: unico sacrificio gradito al Signore.
Il dono si offre, si consegna, si apre e si condivide la gioia della sorpresa.
Lazzaro non si aspettava questo trattamento.
Nella sua semplicità bramava sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa, considerandolo donato.
Nulla di tutto ciò, perché prima di lui c’erano i cani che leccavano anche le sue piaghe ignari del refrigerio che arrecavano.
La saliva in passato veniva usata come farmaco di pronto intervento!

Perché quand’essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne.
La morte è comune eredità di tutti gli uomini.
Mi chiedo: perché mai dovrebbe esserci un’eccezione per me , rispetto alla sorte comune dei mortali?

Muore Lazzaro, muore il ricco.
Il povero viene portato dagli angeli accanto ad Abramo.
Il ricco fu sepolto.
È a tutti nota la parabola di oggi, detta del ricco epulone.
Ciò che si nota con immediatezza è lo sguardo del ricco che si posa sui cani che leccano le piaghe del povero e con i quali condivide il boccone.
Il povero è uno dei tanti che si accovacciano nell’atrio della sua casa.


Avevo fame e mi hai dato da mangiare …

L’umanità alla fine dei tempi sarà divisa sulla base di questo criterio.
La parabola di oggi lo conferma.
Lazzaro accanto ad Abramo.
Il ricco nell’inferno tra i tormenti.
La storia è maestra di vita ( un pensiero dalla prima lettura )

Una società ripiegata su se stessa, tutta intenta a produrre per consumare è una società che ha rinunciato a guardare avanti o forse non ne ha la voglia.
È quanto descrive Amos nella prima lettura.
Egli vede l’alta borghesia ( cioè i capi del popolo ) impegnata a conservare se stessa come l’interminabile ballo di un famoso film, senza rendersi conto che tutto si sarebbe trasformato in un mucchio di cenere.
Amos prevede l’esilio.
Egli comprende bene che una società basata sul prelievo fiscale e sul consumo di esso è destinata a scomparire.
Infatti l’esilio non rimane una minaccia né una semplice ipotesi, ma diventa una dura realtà.

Coloro che per il loro ruolo avrebbero dovuto pensare e progettare il futuro del popolo << andranno in esilio in testa ai deportati >>.


Codicillo estemporaneo
Diceva il nonno al nipote: dammi ascolto perché io già ci sono passato!
Oggi, purtroppo, il ruolo del “Senior” è considerato superfluo se non di intralcio. Segno ne è il voler snaturare il ruolo del Senato.
Il risparmio lo si poteva ottenere riservando, per esempio, la candidatura ai pensionati con 40 anni di contributi effettivi e con offerta di rimborso spese. Senza privarsi della saggezza dell’anziano; anzi valorizzandolo.



Seconda lettura.

Paolo definisce Timoteo “uomo di Dio”.
È tale chi fa della ricerca del volto di Dio la ragione della sua vita, la sua principale professione.
Ancora oggi si parla di professione religiosa fatta da coloro che desiderano cercare Dio praticando il servizio alla sua immagine che è l’uomo vivente.

Paolo dice a Timoteo che per mettersi alla ricerca di Dio deve equipaggiarsi di strumenti idonei: coltivare la virtù della giustizia e della pietas; approfondire le motivazioni della propria fede; non fermarsi a gesti di carità o di elemosina, ma avere la cultura della apertura d’animo incondizionata che porta a farsi prossimo.
Gli argini del sentiero dei ricercatori del volto di Dio sono fissati dalla pazienza e dalla mitezza perché << nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederlo>>.

La mitezza e la pazienza sono le gambe della fede la quale illumina l’esplorazione dell’uomo di Dio finché giunge a scollinare da questo mondo.
Allora lo vedremo così come egli è ( 1 Giov. 3,2 ).
Da ciò si comprende come la fede sia un modo di interpretare il cammino della vita.

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