Pereto - Rocca di Botte

giovedì 29 settembre 2016

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

l’innato istinto di agire in modo furbastro.

Le furberie rientrano nella mentalità diffusa che si può sintetizzare col motto “s’appura, non s’appura” oppure “ci ho provato”.


Gli atteggiamenti furbastri sono suggeriti dalla necessità di nascondere un retropensiero per ottenere un vantaggio illecito a discapito altrui e nel contempo conservare “la faccia pulita”.

Sia la prima lettura tratta dal libro del profeta Amos ( VIII sec a.C. ), sia il vangelo ( 2000 anni fa ) ci riferiscono gesti e comportamenti che sono ancora di attualità.


Infatti ancora oggi accadono ruberie e sotterfugi in ambienti lavorativi per trarne illeciti profitti.

Amos ci dipinge un quadro delle attività commerciali i cui autori vedono la chiusura festiva ( il novilunio e il sabato ) come un mancato guadagno e usano scaltrezza nel confezionare e appioppare i prodotti.


Il Signore non dimenticherà mai tutte queste opere se non attraverso il pentimento che presuppone il risarcimento del danno oltre alla volontà di cambiare comportamento.

Se non mettiamo in discussione la mentalità furbastra e la cultura del s’appura e non s’appura, difficilmente possiamo distinguere dalle altre orme quelle di Gesù.


Aiutiamoci nelle nostre reciproche relazioni perché da soli possiamo illuderci finché non s’appura.

La scaltrezza dell’amministratore disonesto.


Chi non ha nulla da nascondere non ricorre a stratagemmi né si lambicca il cervello per trovare cosmetici che mantengano pulito il viso o colliri che diano lucentezza agli occhi.

Gesù dice che i figli di questo mondo, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.

Si può leggere questa affermazione come un invito a scoprire l’identità propria dei figli della luce.


Il modo di gestire le cose di questo mondo e quello di procurarle per il proprio sostentamento non deve essere fondato sulla scaltrezza.


I figli della luce non devono mettersi sullo stesso piano dei figli di questo mondo i quali si confrontano sul presupposto di fare l’affare l’uno a discapito dell’altro.


Due esempi: l’uno riprovato dalla cultura generale e l’altro preso a criterio della crescita economica.


Chi contratta col “napoletano” ( si fa per dire!) che va in giro a proporre prodotti ma in realtà fa i “pacchi”, vuole fare l’affare come lo vuole fare il “napoletano”.



Pure chi investe in Borsa vuole fare l’affare comprando e vendendo a un acquirente senza volto. All’anonimo che ci rimette ( che è sempre una persona fisica con un nome e un cognome ) corrisponde un altro anonimo ( anche lui persona fisica ) che ha guadagnato.


Gesù nella parabola loda chi è stato scaltro, ma contemporaneamente lo invita a utilizzare la scaltrezza non “a fin di bene” ma “per fare il bene” altrimenti corre il rischi di diventare <<disonesto>>.


Come i figli della luce devono utilizzare i beni di questo mondo, cioè <<la ricchezza disonesta>>?


La risposta si trova nella celebrazione eucaristica che di domenica in domenica ci ricorda che i beni materiali e spirituali vanno condivisi; che il bene comune viene prima del bene del singolo; che il singolo, non in altri terreni, ma nel campo del bene comune deve raccogliere anche il proprio bene.

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