Pereto - Rocca di Botte

...

...

...

...

...

...

...

...

...

...

venerdì 24 giugno 2016

NATIVITA' DI SAN GIOVANNI BATTISTA

mons. Vincenzo Paglia Commento su Luca 1,57-66.80

Introduzione

Per bocca del profeta Dio annunciò: "Per voi... cultori del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia e voi uscirete saltellanti come vitelli di stalla" (Ml 3,20). L'inno di Zaccaria è il mirabile sviluppo di questa profezia. Quando, obbedendo all'ingiunzione dell'angelo, diede a suo figlio il nome di Giovanni (che significa: Dio è misericordioso), avendo fornito la prova di una fede senza indugi e senza riserve, la sua pena finì. E, avendo ritrovato la parola, Zaccaria cantò un inno di riconoscenza contenente tutta la speranza del popolo eletto. La prima parte, in forma di salmo, è una lode a Dio per le opere da lui compiute per la salvezza. La seconda parte è un canto in onore della nascita di Giovanni e una profezia sulla sua futura missione di profeta dell'Altissimo. Giovanni sarà l'annunciatore della misericordia divina, che si manifesta nel perdono concesso da Dio ai peccatori. La prova più meravigliosa di questa pietà divina sarà il Messia che apparirà sulla terra come il sole nascente. Un sole che strapperà alle tenebre i pagani immersi nelle eresie e nella depravazione morale, rivelando loro la vera fede, mentre, al popolo eletto, che conosceva già il vero Dio, concederà la pace. L'inno di Zaccaria sulla misericordia divina può diventare la nostra preghiera quotidiana.

Omelia

Passiamo all'altra riva". Questo comando di Gesù ai discepoli, che apre la narrazione evangelica (Mc 4,35-41) di questa domenica, interroga in maniera particolare la tentazione di fermarsi, di rinchiudersi in se stessi, nel proprio orizzonte abituale. La narrazione evangelica ci fa intuire che la traversata non è affatto facile. Sembra iniziare di sera (lo fa pensare il sonno di Gesù). C'è una analogia ai nostri giorni; la caduta di orizzonti ideali, l'assenza di visioni nuove. È necessario un orizzonte nuovo, più grande. Ma questo è possibile solo se si obbedisce al comando di Gesù. Sulla sua parola i discepoli salgono sulla barca. Ma ecco che, poco dopo, si scatena una tempesta; un fenomeno frequente nel lago di Genezaret. I pescatori, in genere, fanno appena in tempo ad accorgersi della furia del vento che già l'imbarcazione è in balìa delle onde. La scena accennata dall'evangelista è emblematica. La barca è sballottata nella tempesta e Gesù dorme; gli apostoli si preoccupano sempre più e la loro paura cresce, mentre Gesù continua a dormire tranquillo. Un atteggiamento che appare quantomeno sconcertante ai discepoli. Sembra che a Gesù non importi nulla di loro, della loro vita, delle loro famiglie. Lo spavento cresce sempre più sino a che i discepoli svegliano Gesù e lo rimproverano: "Non t'importa nulla che moriamo?". È un grido di disperazione, ma possiamo leggerci anche la fiducia in quel maestro; ha un sapore forse un po' rozzo, ma contiene una speranza. Anche la nostra preghiera talvolta è simile ad un grido di disperazione teso a svegliare il Signore. Quanti di noi sono colti dalla tempesta e non hanno altro a cui aggrapparsi se non il grido di aiuto, mentre sembra che il Signore dorma? Quel grido è vicino a tante situazioni umane, talora a popoli interi provati sino alla morte. Il sonno di Gesù può significare il trovarsi a suo agio tra i discepoli in quella traversata, ma certamente indica la sua piena fiducia nel Padre: sa che non lo abbandonerà. Prendere con noi il Signore vuol dire imbarcare la sua fiducia e il suo potere.

Al nostro grido si sveglia, si alza ritto sulla barca, e minaccia il vento e il mare in tempesta. Subito il vento tace e si fa bonaccia. Dio ha vinto le potenze ostili che non permettevano la traversata (a tale proposito va notato che nell'Antico Testamento. la creazione viene descritta come un combattimento di Dio contro il mare, rappresentato come un mostro). L'episodio si chiude con una notazione singolare. I discepoli furono presi da una grande paura, e si dicevano l'un l'altro: "Chi è dunque costui?". Il testo di Marco parla di paura più che di stupore. Ed è una paura più grande di quella che avevano sentito poco prima per la tempesta: non si identifica con l'angoscia, ma può accompagnarsi ad una completa fiducia nel Signore. Questa seconda paura non solo non è meno forte della precedente, ha dei caratteri incisivi, che giungono fin nel profondo dello spirito. Potremmo dire che qui si tratta del santo timore di stare alla presenza di Dio: il timore di chi si sente piccolo e povero di fronte al salvatore della vita; il timore di chi, debole e peccatore, viene comunque accolto da colui che egli ha offeso e che lo supera nell'amore; il timore di non disperdere l'unico vero tesoro di amore che abbiamo ricevuto; il timore di non saper profittare della vicinanza di Dio nella nostra vita di ogni giorno; il timore di non disperdere il "sogno" di un nuovo mondo che Gesù ha iniziato anche in noi e con noi. È proprio questo timore il segno che ci fa comprendere di stare già sull'altra riva. 


XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Non per sondare la popolarità, ma per accertare la verità.
 
Le Frasi della Liturgia della Parola

a) Che si dice?

San Paolo ai suoi tempi metteva in guardia i cristiani dal “prurito di novità” : dal voler creare notizie ad ogni costo, cioè dal chiacchiericcio creato e rincorso.

(Quando io so un fatto e so che lo conosci pure tu e ti caccio a parlarne, questo si chiama pettegolezzo).

È vero che c’è il detto: nulla nova, bona nova, ma le Comunità e i sodalizi sono sempre andati alla ricerca di soddisfare e di grattare il prurito: qualche graffio resta sempre!

Di che si parla?

Che dice la gente?

Può sembrare che anche Gesù si sia lasciato solleticare dall’opinione pubblica.

In realtà, sia nel brano del vangelo di oggi, sia in altre circostanze egli chiede per sapere se la gente ha colto nel segno oppure si è lasciata suggestionare dai gesti taumaturgici.

La sua inchiesta non ha lo scopo di manipolare l’opinione pubblica, quanto di accertarsi se abbia colto il vero di sé.

Infatti nella seconda parte del vangelo Gesù accetta la gradualità delle opinioni espresse che colgono aspetti veri, ma non l’essenziale di sé.

Gesù nota che è estranea all’opinione pubblica e a quella degli apostoli l’idea di un Messia

Eppure gli scritti dei profeti venivano proclamati settimanalmente nelle sinagoghe.

Oggi come allora sono pochi coloro che nell’ascoltare la parola di Dio decidono di assumerla come criterio ispiratore dell’agire.

La maggioranza accogliamo la Parola che riusciamo a incasellare nel nostro modo di pensare, quando non la interpretiamo a giustificazione dell’esistente.

Il resto può anche cadere nel vuoto.

Ecco perché Gesù dice: se qualcuno …

Per fortuna non tutti i membri della Comunità assumono oppure lasciano cadere il medesimo messaggio, per cui c’è da sperare che la Comunità, nella varietà delle sue espressioni e componenti colga ed esprima la pienezza del messaggio evangelico.

b) Guarderanno a me, colui che hanno trafitto.

Sotto la croce al discepolo che Gesù amava vengono in mente le parole che il profeta Zaccaria aveva pronunciato circa cinquecento anni prima e che la tradizione aveva mantenuto di attualità nello scorrere del tempo, fino a trovare la persona che avrebbe dato un volto e un nome al “trafitto”( Giov. 19,17 ).

Questo trafitto ha dato origine ad una sorgente zampillante per lavare il peccato e l’impurità sì da rendere degni di formare il tempio vivo di Dio tutti coloro che gli avrebbero volto lo sguardo.

Come il trafitto del profeta Zaccaria dopo secoli è stato identificato col Cristo dalla fede del discepolo sul calvario, così alcuni della schiera immensa di coloro che volgono lo sguardo al Crocefisso, esprimono il volto della santità in questo nostro mondo.

c) Discendenza di Abramo per la fede in Cristo


L’apostolo Paolo, pur essendo della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino, una volta giunto alla fede in Cristo, allarga l’orizzonte della fede dei Padri per affermare che si è discendenti di Abramo attraverso la fede in Cristo che ci affratella al punto tale da sublimare le differenze.

La veste della fraternità è quella che ci è stata data al battesimo.

Una veste che ci identifica quando la portiamo senza macchia: quando, cioè, nelle nostre relazioni ci trattiamo da fratelli, figli dello stesso Padre.

Il Greco, il Giudeo, l’uomo, la donna la persona libera e lo schiavo ( quante forme di schiavitù anche oggi purtroppo!) continueranno ad esserci, ma non sono più presi come criteri per costruire la società delle differenze tra loro antagoniste, perché il credente trova la sintesi nella fede in Cristo


XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO


Tutti invitati a compiere un gesto di misericordia.

1. Ho peccato contro il Signore!

Verrebbe da domandarsi: c’è oggi la cultura o, meglio, la fede che fece dire a Davide: ho peccato contro il Signore?

L’aria culturale che respiriamo non dà certamente ossigeno alla vita interiore ove sboccia ogni anelito verso il Trascendente.

Davide era religioso e poeta della preghiera; ne aveva composta una che fa al caso, eccola: Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu sai quando seggo e quando mi alzo.

Penetri da lontano i miei pensieri, mi scruti quando cammino e quando riposo.

Ti sono note tutte le mie vie. ( Salmo 138, 1-3 ).

Nel “Palazzo” , però, respirava la cultura del “voglio e posso” ammantata da una parvenza di legalità, Natan lo aiuta a uscire da questo pantano mettendolo davanti alla sua coscienza, sotto lo sguardo di Dio.

2. Cammina alla mia presenza

È l’invito che il Signore Dio rivolge ad Abramo e ai Patriarchi e a tutti coloro che invocano su di sé lo sguardo benevolo dell’Eterno.

Sotto lo sguardo di Dio intere generazioni hanno costruito la loro storia di fede.

Non v’è chi non veda come ai nostri giorni questa esortazione biblica non sia più di riferimento al pensare e all’agire dell’uomo contemporaneo, ancorché credente.

Così perde di significato anche l’affermazione di Davide: ho peccato contro il Signore!

Si comincia, infatti, ad avvertire un distacco di mentalità da coloro che disattendono sistematicamente l’appuntamento domenicale, anche se si mostrano disponibili ad azioni di volontariato e sensibili a tematiche umanitarie.

3. Sappiamo che tu pensi diversamente, ma oggi le cose vanno così! Si sente ripetere.

Ma non bisogna avere un comune criterio di riferimento da desumere dalla Parola di Dio dietro ascolto, approfondimento e discernimento comunitario?

Il credente non può fermarsi al criterio della reciprocità ( io ci sto, tu ci stai ) che lo stesso buon senso rifiuta di applicarlo in tutti i settori dell’agire umano!


giovedì 23 giugno 2016

DECIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO


DECIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Prima domenica del mese: preghiamo per i benefattori.

Ti preghiamo, Signore, per tutti coloro che hanno seminato germi di vita cristiana nei solchi della vita di questa Comunità. La nostra preghiera si fa impegno perché crescano così da permettere

alla tua “buona notizia” di continuare a nutrire le future generazioni.Preghiamo.

Paolo si racconta.

Divide la sua narrazione in due parti ben distinte.

1. C’è un prima … dell’esperienza sulla via di Damasco.

Allora come anche oggi ( il modo di pensare umano tarda a cambiare ) chi ritiene di stare nella

verità non si accontenta di viverla in prima persona, ma desidera condividerla e desidera che sia

Fin qui “nulla questio”!

Il problema nasce quando, oggi come allora, non ci si ferma al dialogo, anche serrato ( apologetico o polemico che sia) ma si passa alla imposizione della propria verità. Nel cosiddetto mondo occidentale si monopolizzano i mezzi della comunicazione sociale.

Un giorno a Gesù fu chiesto: con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità? ( Mt.

La risposta oggi sarebbe stata: ma tu che diritto hai di farmi questa domanda?

Se questo accade a livello interpersonale, non avviene però quando esportiamo le nostre Istituzioni

con la forza o vogliamo ricondurre entro le Istituzioni chi si è allontanato ( Paolo, in fondo, andava

a Damasco con questo scopo).

Quando accade questo, noi cadiamo nello stesso errore di Paolo: errore che la storia umana non è

ancora riuscita a correggere!

Paolo affermava di essere accanito sostenitore della tradizione dei padri e pretendeva di riportare ,

con l’uso della forza, entro l’alveo di questa tradizione tutti coloro che avevano trasbordato o, come

si dice oggi, cambiato casacca.

Quando col dialogo non si approda a nulla, l’unica strada da imboccare è quella della testimonianza

di vita. Ciò permetterebbe all’umanità di evolversi culturalmente.

2. C’è un dopo … l’esperienza sulla via di Damasco.

Su questa strada Paolo prende coscienza che la fede in Cristo non va imposta, ma annunciata.

L’annuncio non si fonda su argomentazioni teologiche, ma sulla testimonianza di vita di colui che

Queste le parole di Gesù:

- Andate, annunciate il vangelo …

- Sarete miei testimoni …

Paolo, diventato apostolo, si guarderà bene di imporre questo suo nuovo credo; anzi, enumera tutto

ciò che ha subito per esso in 2 Cor.11,24 ss.:

cinque volte da Giudei ho ricevuto i trentanove colpi; tre volte sono stato battuto con le verghe, una

volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balia

Alla luce di queste parole anche l’espressione “raccogliere le sfide del nostro tempo” va abolita o

Non sono le religioni, ma gli uomini che le propagandano le filtrano secondo la propria indole e le

aspirazioni che nutrono così da renderle pretesto di lotta.

3. Paolo si è convertito innanzitutto per aver saputo inserire nella tradizione dei padri Gesù

quale Figlio di Dio e anche per aver compreso che le idee si propongono, e la fede si vive in prima

persona “perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt. 5,16 ).

Da queste parole si comprende che il testimone non ha riscontri diretti sull’efficacia della sua

Se ciò fosse avrebbe già ricevuto la sua ricompensa ( cfr Mt. 6,1-6 ), e starebbe al di fuori della

logica del cristianesimo.


Corpus Domini

NONA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Corpus Domini, solennità


S. Massimino


L’Eucaristia realizzata tra aridi campi.


1. È la domenica della Comunità.

Ci si ritrova, come ogni domenica, per celebrare l’eucaristia.

Dopo l’adorazione e la contemplazione di Dio-Trinità, oggi la liturgia ci propone di inginocchiarci

davanti alla presenza sacramentale di Gesù risorto, significato dall’eucaristia.

Gesù ha scelto la condivisione del pane come segno visibile del suo stile di vita.

Ogni volta che partecipiamo alla celebrazione eucaristica abbiamo il dovere di verificare il nostro

modo di vivere con quello di Gesù per vedere se siamo sulle sue orme.

Si dice che la celebrazione eucaristica è insieme sacrificio e comunione.

Raggiungere il fine di una Comunità in Comunione non soltanto presuppone che ci si creda, ma poi

costa sacrificio perché ognuno deve rinunciare a parte di sé per fare spazio e per accogliere l’altro

nella gioia di camminare insieme.

Si può facilmente comprendere che la celebrazione non è il fine della domenica e neanche della vita

del credente, ma è il simbolo di una vita tutta da vivere sull’esempio lasciatoci da Gesù che si è dato

tutto a tutti proprio come si condivide un pezzo di pane.

Parimenti, anche fare la comunione durante la messa è segno con il quale il cristiano manifesta alla

Comunità almeno l’impegno di essere disponibile a vivere in pace con tutti e quindi a rimuovere

ogni ostacolo che rende muto il saluto.

2. Un pensiero dal vangelo.


Il vangelo di oggi ci racconta il miracolo dell’eucaristia reale.

Sì, perché giungere a condividere ciò che costituiva la propria sopravvivenza nel deserto e in aperta

campagna arata dai raggi del sole, è proprio un miracolo di scambievole aiuto e di reciproca fiducia.

Dopo le parole di Gesù, quello che prima era un coacervo di individui vicini fisicamente, ma chiusi

nelle proprie aspettative, diventa una comunità che mette a disposizione la propria bisaccia nascosta

sotto il mantello e, a somiglianza del ragazzo che era stato invitato a “farsi volontario” con i “cinque

pani e i due pesci”, imbocca la strada del regno dei cieli, cioè la strada eucaristica.

Non aveva detto Gesù: se non diventerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli?

Il vangelo di oggi ci insegna che il rito viene dopo la realtà della quale è simbolo e criterio di

La realtà della vita quotidiana entra nel rito attraverso l’offertorio durante il quale si chiede al

Signore di qualificare come eucaristici i frutti del lavoro già condivisi.


SS. TRINITÀ

OTTAVA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

SS. TRINITÀ


Santa Rita da Cascia

“impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile” Matteo 19,26.

La fede robusta e tenace di santa Rita si è rivelata come punto d’appoggio al braccio possente di Dio perché

compisse ciò che per noi comuni mortali è impossibile.


Rimanendo nella loro identità, le tre Persone divine formano un solo Dio.



1. La fede in Dio Uno-Trino sollecita il credente di ogni tempo a trovare spiegazioni di così

Un solo Dio in tre persone: Padre-Figlio- Spirito.

Queste tre persone sono talmente in comunione tra loro da essere un solo Dio senza, tuttavia,

annullare la propria identità e senza subordinazione gerarchica tra loro.

Questa mancanza di subordinazione o di gerarchia potrebbe essere un “seme” da far germogliare

Il seme - dice il vangelo – mentre marcisce germoglia e cresce senza che il contadino sappia come.

Ad una voce si afferma che la nostra è un’epoca di transizione: tra i solchi aridi di questa nostra

storia seminiamo la rivelazione di un Dio non gerarchico e lasciamo che germogli e cresca senza

Forse per questo è accaduto che l’Europa non si è richiamata alle radici cristiane: avrebbe

“concimato” una cultura in declino, mentre c’è bisogno di un “seme” originale offerto proprio dalla

fede in Dio-Trinità, capace di far inventare dai credenti nuove aggregazioni che tengano conto del

monito di Gesù: Non così dovrà essere tra voi (Matteo 20,26).

Sono parole che invitano ad esplorare modi originali di intessere stabili relazioni tra credenti ispirati

al solo atteggiamento di servizio senza paludamenti.

“Nomadelfia” è una proposta elaborata su quanto ci riferiscono gli Atti degli Apostoli 4,32: La

moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuor solo e un’anima sola e nessuno

diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune.

2. Tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo (Luca 15,31).

Con queste parole il padre misericordioso si rivolge al figlio maggiore che non vuole condividere la

Su questa affermazione si gettano le basi per un progetto di vita comune ove il “mio” e il “tuo”

Ciò accade tra Padre-Figlio- Spirito secondo il racconto del vangelo di oggi.

Dimostriamo di credere e di far nostra questa rivelazione di Dio Trinità, quando cominciamo a

“camminare insieme” in modo stabile e duraturo mettendo in gioco il proprio futuro.

Mi pensamiento eres tu, Senor, è un anelito che non soltanto deve ispirare intime e devote relazioni

con Dio, ma deve essere posto a base delle nostre reciproche relazioni.

Se di fatto accade altro, vuol dire che già in partenza abbiamo scambiato le tappe con la meta finale.

SOLENNITÀ DELLA PENTECOSTE

SOLENNITÀ DELLA PENTECOSTE



1. Lo Spirito Santo.

Con la Pentecoste inizia il tempo dello Spirito che ha il compito di guidare la Comunità dei

discepoli di Gesù, e ciascun membro di essa, alla comprensione della verità tutta intera.

Questo ruolo, decodificato, dice che lo Spirito si rende disponibile ad aiutarci a diventare cristiani.

Sì, perché cristiani si diventa e non una volta per sempre, ma giorno per giorno.

Infatti, le stesse Comunità si formano perché il singolo possa trovare sostegno e offrire aiuto lungo

il cammino che ha come meta di portare tutti “alla piena maturità di Cristo” ( Ef. 4,13 ).

2. Lo Spirito consolatore.

La sua consolazione si concretizza con il dono del consiglio all’afflitto e spendendo parole a suo

favore nei confronti di terzi. Per questo è chiamato Paraclito, cioè Avvocato.

3. Lo Spirito memoria della Comunità

“Vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”, dice Gesù.

Ci aiuta a rileggere la storia sia personale che comunitaria per contemplarla senza l’affanno del

Il cammino che si traccia andando è rigato dal sudore dell’ansia e dell’incertezza che si asciuga

sulla strada della memoria.

Quando l’anziano racconta la vita di trincea, nel suo animo non c’è l’angoscia e la paura che

serpeggiavano nel vallo.