Pereto - Rocca di Botte

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giovedì 29 settembre 2016

XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Lazzaro era lì, ma il ricco non lo vedeva.

1. Procuratevi amici con la iniqua ricchezza.


Nella parabola di oggi, letta alla luce di questa esortazione ascoltata domenica scorsa, si ravvisa un peccato di omissione.
La ricchezza è detta <<iniqua>> o <<disonesta>> non perché procurata in modo criminoso ( cosa ugualmente peccaminosa ), ma gli aggettivi vogliono dire che la ricchezza appartiene ai beni di questo mondo il cui valore in sé non oltrepassa le nubi.
Perché ciò accada è necessario che l’uomo la condivida.
Grazie all’uomo i beni di questo mondo entrano nel circuito della gratuità e quindi dell’eucaristia: unico sacrificio gradito al Signore.
Il dono si offre, si consegna, si apre e si condivide la gioia della sorpresa.
Lazzaro non si aspettava questo trattamento.
Nella sua semplicità bramava sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa, considerandolo donato.
Nulla di tutto ciò, perché prima di lui c’erano i cani che leccavano anche le sue piaghe ignari del refrigerio che arrecavano.
La saliva in passato veniva usata come farmaco di pronto intervento!

Perché quand’essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne.
La morte è comune eredità di tutti gli uomini.
Mi chiedo: perché mai dovrebbe esserci un’eccezione per me , rispetto alla sorte comune dei mortali?

Muore Lazzaro, muore il ricco.
Il povero viene portato dagli angeli accanto ad Abramo.
Il ricco fu sepolto.
È a tutti nota la parabola di oggi, detta del ricco epulone.
Ciò che si nota con immediatezza è lo sguardo del ricco che si posa sui cani che leccano le piaghe del povero e con i quali condivide il boccone.
Il povero è uno dei tanti che si accovacciano nell’atrio della sua casa.


Avevo fame e mi hai dato da mangiare …

L’umanità alla fine dei tempi sarà divisa sulla base di questo criterio.
La parabola di oggi lo conferma.
Lazzaro accanto ad Abramo.
Il ricco nell’inferno tra i tormenti.
La storia è maestra di vita ( un pensiero dalla prima lettura )

Una società ripiegata su se stessa, tutta intenta a produrre per consumare è una società che ha rinunciato a guardare avanti o forse non ne ha la voglia.
È quanto descrive Amos nella prima lettura.
Egli vede l’alta borghesia ( cioè i capi del popolo ) impegnata a conservare se stessa come l’interminabile ballo di un famoso film, senza rendersi conto che tutto si sarebbe trasformato in un mucchio di cenere.
Amos prevede l’esilio.
Egli comprende bene che una società basata sul prelievo fiscale e sul consumo di esso è destinata a scomparire.
Infatti l’esilio non rimane una minaccia né una semplice ipotesi, ma diventa una dura realtà.

Coloro che per il loro ruolo avrebbero dovuto pensare e progettare il futuro del popolo << andranno in esilio in testa ai deportati >>.


Codicillo estemporaneo
Diceva il nonno al nipote: dammi ascolto perché io già ci sono passato!
Oggi, purtroppo, il ruolo del “Senior” è considerato superfluo se non di intralcio. Segno ne è il voler snaturare il ruolo del Senato.
Il risparmio lo si poteva ottenere riservando, per esempio, la candidatura ai pensionati con 40 anni di contributi effettivi e con offerta di rimborso spese. Senza privarsi della saggezza dell’anziano; anzi valorizzandolo.



Seconda lettura.

Paolo definisce Timoteo “uomo di Dio”.
È tale chi fa della ricerca del volto di Dio la ragione della sua vita, la sua principale professione.
Ancora oggi si parla di professione religiosa fatta da coloro che desiderano cercare Dio praticando il servizio alla sua immagine che è l’uomo vivente.

Paolo dice a Timoteo che per mettersi alla ricerca di Dio deve equipaggiarsi di strumenti idonei: coltivare la virtù della giustizia e della pietas; approfondire le motivazioni della propria fede; non fermarsi a gesti di carità o di elemosina, ma avere la cultura della apertura d’animo incondizionata che porta a farsi prossimo.
Gli argini del sentiero dei ricercatori del volto di Dio sono fissati dalla pazienza e dalla mitezza perché << nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederlo>>.

La mitezza e la pazienza sono le gambe della fede la quale illumina l’esplorazione dell’uomo di Dio finché giunge a scollinare da questo mondo.
Allora lo vedremo così come egli è ( 1 Giov. 3,2 ).
Da ciò si comprende come la fede sia un modo di interpretare il cammino della vita.

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

l’innato istinto di agire in modo furbastro.

Le furberie rientrano nella mentalità diffusa che si può sintetizzare col motto “s’appura, non s’appura” oppure “ci ho provato”.


Gli atteggiamenti furbastri sono suggeriti dalla necessità di nascondere un retropensiero per ottenere un vantaggio illecito a discapito altrui e nel contempo conservare “la faccia pulita”.

Sia la prima lettura tratta dal libro del profeta Amos ( VIII sec a.C. ), sia il vangelo ( 2000 anni fa ) ci riferiscono gesti e comportamenti che sono ancora di attualità.


Infatti ancora oggi accadono ruberie e sotterfugi in ambienti lavorativi per trarne illeciti profitti.

Amos ci dipinge un quadro delle attività commerciali i cui autori vedono la chiusura festiva ( il novilunio e il sabato ) come un mancato guadagno e usano scaltrezza nel confezionare e appioppare i prodotti.


Il Signore non dimenticherà mai tutte queste opere se non attraverso il pentimento che presuppone il risarcimento del danno oltre alla volontà di cambiare comportamento.

Se non mettiamo in discussione la mentalità furbastra e la cultura del s’appura e non s’appura, difficilmente possiamo distinguere dalle altre orme quelle di Gesù.


Aiutiamoci nelle nostre reciproche relazioni perché da soli possiamo illuderci finché non s’appura.

La scaltrezza dell’amministratore disonesto.


Chi non ha nulla da nascondere non ricorre a stratagemmi né si lambicca il cervello per trovare cosmetici che mantengano pulito il viso o colliri che diano lucentezza agli occhi.

Gesù dice che i figli di questo mondo, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.

Si può leggere questa affermazione come un invito a scoprire l’identità propria dei figli della luce.


Il modo di gestire le cose di questo mondo e quello di procurarle per il proprio sostentamento non deve essere fondato sulla scaltrezza.


I figli della luce non devono mettersi sullo stesso piano dei figli di questo mondo i quali si confrontano sul presupposto di fare l’affare l’uno a discapito dell’altro.


Due esempi: l’uno riprovato dalla cultura generale e l’altro preso a criterio della crescita economica.


Chi contratta col “napoletano” ( si fa per dire!) che va in giro a proporre prodotti ma in realtà fa i “pacchi”, vuole fare l’affare come lo vuole fare il “napoletano”.



Pure chi investe in Borsa vuole fare l’affare comprando e vendendo a un acquirente senza volto. All’anonimo che ci rimette ( che è sempre una persona fisica con un nome e un cognome ) corrisponde un altro anonimo ( anche lui persona fisica ) che ha guadagnato.


Gesù nella parabola loda chi è stato scaltro, ma contemporaneamente lo invita a utilizzare la scaltrezza non “a fin di bene” ma “per fare il bene” altrimenti corre il rischi di diventare <<disonesto>>.


Come i figli della luce devono utilizzare i beni di questo mondo, cioè <<la ricchezza disonesta>>?


La risposta si trova nella celebrazione eucaristica che di domenica in domenica ci ricorda che i beni materiali e spirituali vanno condivisi; che il bene comune viene prima del bene del singolo; che il singolo, non in altri terreni, ma nel campo del bene comune deve raccogliere anche il proprio bene.

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Il Vitello d’oro!


Può essere visto come un fallito tentativo di coniugare il culto a Dio e al denaro.
Mosè va in escandescenza.


Gesù ci ricorda: Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire a Dio e a mammona. Lc 16,13 Mt 6,24


Una lezione sulla conoscenza …
Noi entriamo in relazione con le nostre categorie mentali in base alle quali inquadriamo l’interlocutore e ciò che dice.


Gli Scribi e i Farisei avvicinano il prossimo con le categorie del bene e del male e di conseguenza accolgono oppure mettono le distanze. ( Ciò che accade ancora oggi: vai con i migliori di te … Io con quello non mi ci sporco …).

Gesù avvicina il prossimo con le categorie peccato-perdono, peccatore-misericordia.


Con questa predisposizione interiore Gesù accoglie con sguardo misericordioso, invita alla conversione, instaura rapporti di comunione.


Giammai confonde il peccato con il peccatore; giammai giustifica il peccato, ma sempre il peccatore mediante un gesto di misericordia e di perdono.


Il perdono, la misericordia cadrebbero nel vuoto senza la volontà di cambiare.


Si cambia partendo da un <<Sì, lo voglio>> e prosegue con gesti attuativi di segno contrario a quelli posti in essere prima del <<Sì, lo voglio>>.


Qualche segno.


La prima cosa da fare è frequentare nuovi ambienti, avvicinare persone che favoriscono la volontà di cambiamento.


Da soli non si cambia!
… e sull’indulgenza


L’indulgenza giubilare è proprio questo nuovo e caldo ambiente che accoglie la persona che desidera dare una svolta alla sua vita, ma è segnata da ferite che rallentano il cammino sulla nuova strada.


L’indulgenza è quell’aura che emana da una Comunità calda e motivata nella fede da entusiasmare la persona che ancora conserva i postumi di una vita distratta.


Un bicchiere d’acqua fredda versata in un caldaio d’acqua bollente va subito in ebollizione.


Una comunità fervorosa contagia la persona tiepida come, al contrario, un corpo corruttibile appesantisce l’anima ( Sapienza 9,15 ).



Una Comunità parrocchiale accogliente è già di per sé un’indulgenza perché è in grado di prendersi cura di ogni convalescente nel corpo ( affamato, assetato, indigente, senza tetto, malato nel corpo, impigliato in ogni rete ecc …) e piagato nello spirito ( disorientati mentali, ignari del sapere, riottosi ai richiami, anime in pena, incapaci di chiedere scusa e di accogliere il perdono … ).


L’Anno Santo risvegli in ciascun battezzato l’impegno a creare una Comunità ove ogni seguace del Cristo possa trovare l’indulgenza personalizzata.

XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Fai discernimento prima di intraprendere una strada.




8 SETTEMBRE

Natività della B. V. Maria.


È la prima memoria di questo mese di settembre che la liturgia dedica alla Madonna.

Noi la vogliamo vivere come prima tappa in preparazione alla festa che celebreremo il 24 in onore della Madonna della Mercede.
È l’Anno della Misericordia.


Valorizziamo questi momenti per implorare la purificazione della mente e del cuore mediante il sacramento della riconciliazione.





8 SETTEMBRE

GIORNATA MONDIALE DELL’ALFABETIZZAZIONE


È ancora molto elevato il numero delle persone nel mondo che non sanno “leggere, scrivere e far dì conto”.

Il prezzo da pagare per far fronte alla formazione di un numero così elevato di gente è altissimo.

Sappiamo, però, che la persona è al centro, cioè principio – fondamento – fine delle Istituzioni, le quali non possono non avere come impegno prioritario quello di offrire ai cittadini un minimo di formazione. Con ciò le Istituzioni esercitano il ruolo che è loro proprio, mettendo in pratica il principio della sussidiarietà: dove non arrivano le famiglie intervengono le istituzioni.

La persona colta è mite e pacifica; non si agita dinanzi alle difficoltà; i suoi interventi sono sempre costruttivi e porti con garbo.


La polemica non le appartiene.

La persona che non coltiva se stessa e non si lascia aiutare, per comunicare si serve della polemica; alza la voce; ignora volutamente le qualità dell’interlocutore.


RICERCA O ACCOGLIENZA DEL VOLERE DI DIO?


Il brano tratto dal libro della Sapienza ci suggerisce di coltivare una predisposizione d’animo sensibile a riconoscere e ad accogliere i segni mediante i quali Dio ci fa conoscere la sua volontà.


Cogliamo il pensiero di una persona mettendoci in atteggiamento di ascolto.


Cogliamo il pensiero di Dio riconoscendo i segni con i quali Egli, l’Invisibile, si comunica.


Non soltanto segni naturali, ma anche persone che con il loro comportamento rimandano ad altro, oltre la loro presenza fisica.


“Ascolta Israel!”


Questo invito cadenza l’intera Sacra Scrittura come un ritornello.


La volontà di Dio entra nei nostri pensieri mediante l’ascolto e il discernimento dei segni.


La volontà di Dio, una volta conosciuta, la si vive in prima persona.

Giammai va imposta ad altri.


“Dio lo vuole!”
e simili espressioni hanno combinato guai nella storia dei popoli e nelle relazioni interpersonali.


Con esse si è imposto ad altri, con la forza fisica o con la sopraffazione morale, il proprio ruolo o il proprio pensiero.


Sono espressioni che tendono a convincere il prossimo facendo leva sul suo sentimento religioso.

È volontà di Dio?


Allora la devo vivere in prima persona; mi ci devo giocare l’unica esistenza che ho e lasciare ad altri che la riconoscano attraverso la mia coerenza di vita.


“Chi può conoscere il volere di Dio?”


“Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?”.

Questa è la volontà di Dio – dice Gesù – la vostra santificazione!


Siate santi, perché io il Signore Dio vostro, sono santo


Dio vuole che tutti gli uomini siano santi.


Volontà di Dio è che tutti gli uomini si lascino attrarre dalla sua santità.


Questo itinerario di vita mistica è strettamente personale: ciascuno percorre una propria strada che lo porta ad accogliere il fascino e la bellezza dell’Eterno.

Ognuno deve attendere alla propria formazione e fare discernimento in se stesso.

Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.


Gli altri possono prendere per fascino e quindi per imitazione, non per imposizione.


Individualismo?


No! Certamente!


Quando percorriamo le strade di Dio, queste non soltanto confluiscono in Lui, ma si conformano come affluenti dell’unica strada tracciata da Gesù.


Con altre parole l’apostolo Paolo ci ricorda che Dio dona a ciascuno i propri carismi, ma non per metterci in conflitto tra noi, ma per creare una comunità che esprima la sua polivalente ricchezza.

XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Oggi s. Agostino. Ieri santa Monica, sua madre.


Sul foglietto di domenica scorsa ci veniva rivolto l’invito a meditare su qualche pagina delle Confessioni.


La morte di Monica: vedendoci sconvolti per il dolore: <<Seppellirete qui, soggiunse, vostra madre>>. Io rimasi muto, frenando le lacrime; mio fratello invece pronunziò qualche parola, esprimendo l’augurio che la morte non la cogliesse in terra straniera, ma in patria, che sarebbe stata migliore fortuna. All’udirlo, col volto divenuto ansioso gli lanciò un’occhiata severa per quei suoi pensieri, poi, fissando lo sguardo su di me, esclamò: "Vedi cosa dice", e subito dopo, rivolgendosi a entrambi: "Seppellite questo corpo dove che sia, senza darvene pena. Di una sola cosa vi prego: ricordatevi di me, dovunque siate, innanzi all’altare del Signore". Espressa così come poteva a parole la sua volontà, tacque.( Confessioni cap. 9, 11. 27 )


Il rimpianto di Agostino


Tardi ti ho amato, bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato. Tu eri dentro di me, e io fuori. E là ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te
quelle creature che non esisterebbero se non esistessero in te. Mi hai chiamato, e il tuo grido ha squarciato la mia sordità. Hai mandato un baleno, e il tuo splendore ha dissipato la mia cecità. Hai effuso il tuo profumo; l'ho aspirato e ora anelo a te. Ti ho gustato, e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato, e ora ardo dal desiderio della tua pace.( cap. 10, 27.38).

né privilegiato né arrivista, il cristiano cammina con gli ultimi della società


Prima Lettura

Umiltà e mitezza


Sono queste le parole da tenere a mente dopo aver ascoltato la proclamazione della prima lettura.


Queste parole formano il binario sul quale scorre e si evolve la ragionevolezza umana e si costruiscono relazioni di comunione.

Al contrario, la superbia obnubila la chiarezza dei ragionamenti e l’arroganza rende sgarbati i modi e ferisce i sentimenti.

Durante questa settimana meditiamo su queste due parole ( umiltà – mitezza ) per verificare il nostro cammino di vita cristiana.


Richiamiamo anche l’esortazione che ci rivolge Gesù:


Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime ( Matteo 11, 29 ).

Si può dire che la mitezza e l’umiltà sono segni che indicano al credente il progresso nella vita cristiana.


Qualifichiamoci a livello personale per caratterizzare le famiglie, le associazioni e i gruppi che nascono come emanazione della comunità parrocchiale.


Umiltà e mitezza nell’argomentare, nel proporre iniziative e nel risolvere eventuali difficoltà. Allora si può cominciare a dire che ci incontriamo come cristiani.


Proviamo a porre sulle ali della mitezza e dell’umiltà ogni nostro discorso, ogni nostro sguardo, ogni nostro atteggiamento.


Se proviamo difficoltà vuol dire che ci siamo definiti cristiani troppo in fretta.


Seconda lettura


La strada umana.

Nella prima parte la lettura richiama l’Alleanza del Sinai che l’autore della lettera definisce esteriore e legale, senza richiedere l’adesione della mente e del cuore.


Era sufficiente che il popolo ponesse in atto comportamenti richiesti dalla legge.


I comportamenti richiesti per l’indulgenza giubilare sono: pellegrinaggio, ingresso nella basilica o santuario passando per la porta santa, preghiera per il Papa confessione sacramentale.


Questi gesti sono finalizzati a farci gustare il fascino degli ideali evangelici; a farci prendere le distanze da ogni forma di male; a farci coltivare la sensibilità di coscienza per evitare di convivere col peccato.


Se ciò non dovesse accadere avremmo compiuto gesti esteriori, di facciata, secondo le norme ma non secondo le finalità per cui le stesse norme sono state date.


Già i profeti avevano avvertito l’esigenze della interiorizzazione delle norme:

Il rammarico di Isaia: “Dice il Signore: « … questo popolo si avvicina a me solo a parole e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e il culto che mi rendono è un imparaticcio di usi umani >>” ( 29,13 );

La speranza di Geremia: «porrò la mia legge nel loro animo e la scriverò sul loro cuore" 31, 33).


b) la strada rivelata.

Gesù in più occasioni ci invita a far diventare nostro patrimonio culturale lo spirito delle norme e dei suggerimenti evangelici.


E si propone egli stesso come via da percorrere e come modello da imitare.


Domenica scorsa la stessa lettera agli Ebrei ci invitava a tenere lo sguardo fisso su Gesù.


Gesù parla di ipocrisia quando agli atteggiamenti esteriori non corrisponde pari convincimento interiore.


VANGELO.

La scelta dei primi posti.


Per evitare la rincorsa tipica dell’età adolescenziale o l’imbarazzo della persona matura e riflessiva, oggi i posti sono predefiniti dagli sposi.


Ma Gesù, vedendo la scena, non emette un giudizio sul galateo o sulla cultura paesana, perché con le sue parole va oltre il fenomeno osservato. Gesù sempre prende spunto dai nostri comportamenti per dirci che il regno di Dio si raggiunge per altre strade.


Il rispetto della giustizia.


Nel regno dei cieli sarà il Signore ad assegnare i posti ed ognuno si sentirà collocato al posto giusto.


Se crediamo in questo, dobbiamo testimoniare questa fede cercando di rispettare posti e ruoli non nostri né occuparli seguendo vie contorte.


Ciò avviene se ci dotiamo di due qualità: umiltà – semplicità


Sull’umiltà già ci ha fatto riflettere la prima lettura.


La semplicità favorisce dialoghi e relazioni.


La persona semplice non coltiva sospetti, ma parla con schiettezza e sincerità.


Un giorno due discepoli espressero a Gesù il desiderio di occupare i primi posti accanto a lui.


Non pensavano che il posto del loro maestro fosse con gli ultimi!


Non proporti, ma lascia che altri posi lo sguardo su di te, come il Signore Dio guardò “l’umiltà della sua serva”.

XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

è espressa dal verbo “radunare”.



La cosmo-visione di Dio …

Sia coloro che in questi giorni frequentano le spiagge, sia coloro che scalano montagne godono la visione di vasti orizzonti.


Quel quadro geografico che nelle letture di oggi è animato da flussi migratori in movimento da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno (vangelo): alcuni procedono con passo agile e fresco simili a rigagnoli zampillanti ( 1^ lettura); altri, le mani inerti e le ginocchia fiacche, hanno bisogno di essere incoraggiati a camminare dritti con i piedi (2^ lettura).


Tutti, però, col volto vòlto verso l’altura di Sion.


È una metafora che sintetizza la visione geopolitica che Dio ha dell’umanità!

Dopo aver ascoltato le letture abbiamo ringraziato Dio ed espresso lodi al Signore.


Se questa è la nostra fede dobbiamo cominciare a pensare progetti convergenti come concretizzazione del pensiero divino.


Gerusalemme non è una città di alcuni che ne rivendicano la supremazia se non l’esclusività.


Gerusalemme è faro di pace che orienta i passi dei “figli di Dio” ( Matteo 5,9 ).

Questa visione di cultura geopolitica, se attuata, trasforma i popoli in viandanti gioiosi di suggellare la fraternità nel tempio di Sion.

… … è affidata alle politiche degli uomini!

Non dimenticare la correzione del Signore.


Ogni domenica veniamo ad ascoltare la Parola di Dio che si concretizza sempre in un invito alla conversione, cioè a correggere aspetti del nostro modo di pensare e fare spazio al suo messaggio di salvezza.


Ogni adeguamento alla Parola non è mai fonte di gioia, perché dobbiamo rinunciare a spezzoni che concorrono a formare la nostra identità. È perdere, non qualcosa, ma parte del nostro “essere” senza rimpiazzarlo sul momento. Non è come togliere un pezzo e rimpiazzarlo con un altro nuovo e più efficiente.


Qui si tratta di fare spazio ad una speranza che nasce dalla fiducia accordata a chi ci indica una strada.


Ecco perché la lettura si conclude con l’esortazione a camminare dritti con i nostri piedi.


“Camminare” dice: ci voglio credere perciò comincio a tracciare la strada.

Il vangelo non ci incoraggia, ma con molta verità ci dice che se il cammino è ampio e piano, forse abbiamo adattato il messaggio a noi e non noi al messaggio. Il cammino che traduce il messaggio prevede “angustie” e varchi impervi.


Sempre il vangelo ci invita a non accontentarci di sentirci a nostro agio entro l’Istituzione religiosa o di coltivare familiarità con le persone di Chiesa dimenticando la meta da raggiungere con la conversione.

“ Signore, sono pochi quelli che si salvano?”

Statistiche e sondaggi non appartengono all’uomo di fede impegnato com’è a convertire se stesso.


Sono la tentazione di coloro che desiderano controllare le persone e/o manipolarle. Ma è la tentazione primordiale dell’uomo che vuole espropriare Dio della signoria sull’albero della conoscenza del bene e del male.


Tentazione radice di ogni altra.


Gesù conclude: nella valle di Josafat vi sorprenderete nel vedere capovolti i vostri criteri di giudizio.

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

I mezzi al fine non sono indifferenti.


Lo zelo e l’angoscia

Gesù riesce a coniugare in se stesso questi due stati d’animo apparentemente in contrasto.


Lo zelo per la volontà del Padre lo spingerebbe ad ispirarsi al profeta Elia ( cfr. la purificazione del tempio in Giov. 2,13 ss. ) ; l’angoscia al profeta Geremia.


Egli vede in Isaia la sintesi di questi due profeti e segue la strada del Servo di Jahvé: una strada che genera “angoscia e tristezza” nutrite e sorrette dallo zelo.

La conclusione è: Padre glorifica tuo Figlio.


In questo modo lo zelo ammantato dall’angoscia non sfocia nel protagonismo e l’angoscia sostenuta dallo zelo non gli blocca il passo sulla via del calvario.


Codicillo estivo

Lo zelo è proprio della persona volitiva, decisa nel conseguire un obiettivo perché certa delle ragioni e della bontà della causa.

L’angoscia prende quando la persona vede che l’obiettivo non si avvicina sia per cause impedienti esterne, sia perché si vede impari alla meta. Facilmente cade nell’angoscia chi ha il temperamento passivo.


Zelo in dialetto potrebbe essere tradotto con l’espressione “scalla stomaco”.
Angoscia: la parola potrebbe essere tradotta con “angipità” (angina pectoris?).

Lo zelo da solo può portare alla fretta del “subito”, invece del “fermarsi un momento” magari in preghiera con l’animo angosciato (cfr. Salmo 102).

Lo sguardo fisso su Gesù

L’autore della lettera agli Ebrei dopo aver letto la vita dei Patriarchi e degli Antenati di Israele sotto il riflettore della fede, oggi ci invita a tenere <<fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento>>.


Secondo l’autore di questo brano, non siamo noi a dare “credito” a Gesù, ma è Lui che si lascia credere diventando così il presupposto della nostra fede, colui che la genera, la nutre e la porta a compimento.


Viene in mente l’immagine della vite e dei tralci: questi nascono dalla vite, si alimentano della sua linfa e crescono restando uniti ad essa. Essere e sentirci cristiani, camminare alla presenza di Dio, sentirci adombrati dall’azione dello Spirito. Poi, come il tralcio porta i suoi frutti così il cristiano compie azioni che derivano dalla sua fede.


Può sembrare che ci sia un prima ( essere cristiani ) e un dopo (agire da cristiani).


È vero che l’essere viene prima dell’agire: agisce chi esiste e non si dà azione che non sia prodotta da chi già esiste.


In realtà, però, sia l’essere che l’azione si completano e vanno di pari passo perché non esiste l’essere senza l’azione. Chi esiste, per il semplice fatto che esiste dà segni di vita, altrimenti è morto.


Dice l’apostolo Giacomo a proposito di Abramo: << la fede cooperava con le opere di lui, e che per le opere quella fede divenne perfetta>> (2,22)



ASSUNZIONE DELLA B. V. MARIA