Pereto - Rocca di Botte

giovedì 29 settembre 2016

XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Dall’Accoglienza … all’Ospitalità

Abramo, uomo accogliente

L’accoglienza è una qualità della persona e garantisce la sua apertura d’animo sia verso la gente che incontra sia verso chi l’avvicina.


Dall’accoglienza, poi, si aprono le porte di casa.


La formula del rito del matrimonio dice: Io accolgo te.


La persona prima si accoglie nel proprio animo, poi la si accasa.


L’accoglienza genera relazioni interpersonali e storia comune.


Se la persona che bussa alla porta non è spiritualmente accolta, si appresta per lei qualche convenevole di rito, con la speranza che presto riprenda la sua strada.

I gesti dell’ospitalità della prima lettura fanno capire che Abramo è un uomo culturalmente accogliente.


La sua mentalità è estranea ad ogni pregiudizio: egli accoglie sempre in buona fede.

Abramo mette in movimento se stesso e le persone di casa: tutti svolgono mansioni finalizzate a soddisfare le necessità dei tre viandanti.


Il racconto precisa che tutto ciò avviene “nell’ora più calda del giorno”.


Si alza e va loro incontro.


La sua siesta passa in secondo ordine rispetto alla stanchezza dei sopraggiunti.


Offre l’acqua per i piedi e l’ombra della quercia per farli rinfrescare e riposare in attesa della mensa.

( Anche solo un bicchiere d’acqua fresca dato ad un “fratello” non perderà la sua ricompensa.).


La ricompensa data ad Abramo è la “promessa” di un figlio.


Gli dicono: Abramo, continua a sperare.


Cristo in voi, speranza della gloria.

Cristo diventa speranza di gloria quando lo accogliamo.


Verifichiamo di aver accolto il Cristo quando, animati dalla speranza, ci mettiamo in gioco sulla strada segnata da lui.


Se uno non lo accoglie avrà di sicuro altre speranze perché è impossibile vivere senza, ma non sarà la “speranza della gloria”.


La cultura diffusa dei nostri giorni non evidenzia la speranza nell’al di là. Alimenta svariate speranze che non hanno la forza di spingersi oltre il tempo e lo spazio.


Sembra che l’uomo contemporaneo sia assuefatto al non essere stato col sopraggiungere dell’ultimo respiro.

Se manca il totale coinvolgimento, il Cristo non è speranza della gloria, ma al più uno dei profeti se non semplice oggetto di argomentazioni teologiche e di eruditi ragionamenti.

Altro segno che ci dice di aver accolto il Cristo è la predisposizione alla universalità.


Il Cristo non vuole essere “ingessato”, altrimenti l’uomo assalito dai briganti continuerà a rimanere ai margini della strada.


In una società che fa della laicità il top della propria cultura, il cittadino che desidera giungere ad essere “perfetto in Cristo” si propone nell’agorà con la propria identità consapevole che la laicità è un contenitore che vada riempito con la trama delle relazioni delle famiglie spirituali che animano la società e che hanno, proprio in forza della laicità, pari cittadinanza.


Il cristiano con la propria identità sarà come il “lievito” e si scioglierà come il sale tra i rivi della relazioni sociali.


MARTA E MARIA

Due comportamenti che rendono completa l’ospitalità.


L’equilibrio tra essi è dato dalla tipologia dell’ospite.


Se l’ospite è fresco, sano e rubicondo va da sé che si privilegia la conversazione che serve a mettere in comune le proprie storie e a rinsaldare vincoli.


L’offerta di qualcosa dimostra che la visita è gradita, tanto da prolungarla con una consumazione come segno di reciproca comunione.


Ma quando si presentano come ospiti i tre viandanti della prima lettura, è giocoforza dare la precedenza agli aspetti fisici dell’accoglienza.


Tutto sta a restare calmi e gioiosi di offrire la propria disponibilità.


Ciò che non riesce a Marta.

Il ruolo di Marta e il ruolo di Maria devono fare sintesi in ciascun credente che vuole vivere la universale fraternità.


Se Gesù risponde a Marta che la sorella aveva scelto la parte migliore, vuol dire che Maria aveva la capacità di avere una visione di sintesi circa il suo porgersi e il suo operare.


Possedeva una saggezza equilibrata, matura.


Mentre Marta si disperdeva tra i molti servizi non riuscendo a coordinarli in un unico disegno.


Per questo si innervosiva.

Era una “adolescente”!


MANDELA DAY

Mandela nasce in Sudafrica il 18 luglio 1918.


Muore a Johannesburg il 5 dicembre 2013.

“Ho nutrito l’ideale di una società libera e democratica, in cui tutte le persone vivono insieme in armonia … è un ideale per il quale sono pronto a morire”

Parole pronunciate da Nelson Mandela in tribunale durante uno dei tanti processi subiti.

Le Nazioni Unite gli hanno dedicato “una giornata” ( quella della sua nascita ), per mantenere viva la memoria, ma soprattutto per diffondere il messaggio dell’uguaglianza delle persone e del rispetto tra le etnie e i popoli.


Un messaggio sempre di attualità soprattutto per i cristiani, perché “ Dio non fa preferenza di persone ”.

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