Pereto - Rocca di Botte

giovedì 29 settembre 2016

XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

i sandali consunti … lo sguardo sempre oltre

Il metodo di Qoèlet: dalle creature al Creatore.

Le letture di oggi ci invitano a cercare il fine che sintetizzi e dia senso alle molte cose che facciamo nello scorrere degli anni.

Lo sbozzatore coordinava il suo lavoro con quello delle altre maestranze del cantiere; aveva in mente una visione di sintesi dell’andirivieni del cantiere, tanto da dire: io sto costruendo una cattedrale.

Il fine ( la costruzione della cattedrale ) diventa nella mente dell’apprendista scalpellino il movente del suo agire. Anche se materialmente il suo ruolo era di preparare le pietre, egli si sentiva collaboratore dell’unica opera in costruzione: la cattedrale che già immaginava finita.

Il Qoèlet ci aiuta a non parcellizzare le vicende della vita: la sua esperienza è come un colpo d’ala che ci porta ad avere uno sguardo panoramico << perché tra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia>> ( Messale romano ).

Vanità, parola che richiama il concetto del vuoto, del non senso.

Il Qoèlet sembra dire: se racchiudiamo la nostra esistenza entro una visione intramondana rischiamo di leggere la fatica negli avvenimenti della vita e l’intera esistenza perde di senso, diventa vuota.


Proviamo, invece, a dare una prospettiva al presente orientandolo, come fa il Qoèlet, verso l’eternità e tutto cambia: sia la visione della vita, sia il senso delle cose che ci danno gioia e sia quelle che ci affliggono.

Proprio perché fa delle vicende della vita una lettura realistica e senza sconti, il Qoèlet conclude dicendo che senza l’eternità, cioè senza Dio, tutto è vanità.


Queste le parole con le quali termina le sue riflessioni sulle vicende umane: Conclusione del discorso, dopo aver ascoltato tutto: temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché qui sta tutto l’uomo.


Infatti Dio citerà in giudizio ogni azione, anche tutto ciò che è occulto, bene o male. (12,13-14)


CODICILLO
Non nominare il nome di Dio invano


Vanità delle vanità, dice Qoèlet, vanità delle vanità: tutto è vanità.


Il secondo comandamento può essere letto insieme a ciò che dice il Qoèlet.


“Dio invano” è come ridurlo alla stregua delle cose di questo mondo.


Dio si è fatto uno di noi per comunicarci i segni della sua presenza così da alzare lo sguardo al cielo come ha fatto il Qoèlet.


Nominare Dio “per vanità” è come ridurlo a frivolo ornamento della nostra persona. Un monile.


A noi il compito di accogliere questa sua disponibilità nei modi da lui decisi.


Non ce ne possiamo servire a nostra fatuità.


Dalla seconda lettura. 
 
In Gesù risorto vive sia la nostra definitiva resurrezione sia i parziali cambiamenti di vita che a mano a mano ci cristificano: ci fanno diventare cristiani.


Nella seconda parte l’Apostolo ci elenca le inclinazioni che ci fanno sbandare dalla retta via e che impediscono o rallentano il cammino di immedesimazione in Cristo, il quale <<è tutto in tutti>> coloro che seguono questi suggerimenti.


Questa immedesimazione in Cristo è talmente identificativa da mettere in ombra le differenze di natura.


Per questo la lettura a conclusione dice:
<< Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o in circoncisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto in tutti>>.


L’elenco suggerito da Paolo delle cose che contrastano col cammino di vita cristiana sono:impurità,immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria.

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