Pereto - Rocca di Botte

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venerdì 11 novembre 2016

AVVISO S. Messa 13 Novembre

Domenica 13 Novembre 2016 la S. Messa delle 16.30 in santuario non sarà celebrata.

Siete tutti invitati alla celebrazione della chiusura dell'anno della misericordia presso la Cattedrale di Avezzano ore 17.30 presieduta da S. E. Mons. Pietro Santoro Vescovo dei Marsi

Chiusura Anno Misericordia

giovedì 10 novembre 2016

XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

La legge dell’uomo non può essere presa come chiave di lettura del mondo divino.

1. Per analogia.

Avvicinandosi alla conclusione, l’anno liturgico propone alla nostra riflessione, per analogia, l’approfondimento della fede sulle cose ultime, i novissimi: morte, giudizio, paradiso, inferno.

Cominciamo col dire che tutto ciò che sta oltre la morte è oggetto di fede.
L’umanità, infatti, si divide tra chi crede che con l’ultimo respiro perdiamo la coscienza di essere stati e quindi cadiamo nel nulla e chi crede che con la morte continuiamo a vivere anche se in modo totalmente diverso dal presente.
In questo caso la morte segna il passaggio ad un altro modo di vivere.

I Sadducei appartengono al primo gruppo. A giustificazione del loro pensiero applicano all’ipotetico altro mondo le leggi di questo mondo, della loro cultura, della loro tradizione.
E poiché la legge del levirato applicata all’altra vita turberebbe l’ordine pubblico, diremmo noi oggi; creerebbe, cioè, disordine sociale, i Sadducei concludono: non c’è risurrezione.

Le leggi umane non vanno prese come chiave di lettura dell’al di là né da chi non crede né da chi crede.
Le leggi umane sono relative, durano e si reggono sulla volontà degli uomini, sono contingenti. Come possono regolamentare l’assoluto e infinito mondo di Dio?

Qualora lo facessimo saremmo in grande errore, dice Gesù.

2. Il coniugio appartiene a questo mondo, dice Gesù.
Esso è stato pensato dal Creatore per la conservazione della specie.
Chi entra nell’altro mondo vive nell’eternità di Dio: è la morte a farci nascere al Cielo.
Dice sempre Gesù: non tutti comprendono la scelta di alcuni che in questo mondo non si sposano come segno profetico dell’altra vita.

3. Non possono più morire.

a) La vita che non muore è una vita che non conosce il divenire. Ne può avere una pallida idea chi fa l’esperienza della contemplazione.
La nostra vita che è soggetta al divenire, conosce il dramma della morte. Ad un dato momento il divenire esaurisce la propria evoluzione e il soggetto cade nella morte.
La vita in questo mondo nel suo evolversi tende a finire.

La fede ci dice che coglierci e accettarci caduchi è il primo passo per rinascere a vita nuova. È la condizione che ci permette di implorare la mano dell’Eterno.

b) Dio non è dei morti, ma dei viventi.

Come suscita ilarità chi si definisse proprietario di un pianeta o di una cometa, così – dice Gesù – non ha alcun senso per l’uomo credere a un Dio che regna sui morituri e sui morti.
PRIMA LETTURA

Il brano è noto alla nostra Comunità.
Lo proclamiamo il dieci luglio, ricorrenza del martirio dei figli di santa Felicita, e il ventitre novembre, giorno del martirio della madre.

Sempre sul tema dei novissimi, mettiamo in risalto la fede che professa il quarto dei fratelli Maccabei:
<< È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati>>.

Il pio Israelita prega con queste parole: chiunque in te spera non resti deluso.

Facciamo il confronto con le parole di Achille:
<< Non abbellirmi, illustre Odisseo, la morte!
Vorrei da bracciante servire un altro uomo,
un uomo senza podere che non ha molta roba;
piuttosto che dominare tra tutti i morti defunti>>. Odissea XI, 488-491.

La religiosità si costruisce sui contenuti della fede.
Uno dei fratelli Maccabei professa la fede nella vita eterna e da questa fede fa derivare le sue scelte di vita.
Da ciò impariamo che la fede non è un desiderio, né si concretizza nella sola preghiera: essa, quando è vera fede, segna il tracciato dei nostri comportamenti e dell’intera esistenza.

XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Il Figlio di Dio scende …   Zaccheo sale … !

A. << Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua >>.

1. Gesù e Zaccheo percorrono strade diverse: Gesù la strada della incarnazione; Zaccheo quella gerarchica. ( Ci viene presentato come capo dei pubblicani e ricco ).

Gesù percorre la strada della ricerca; Zaccheo quella della curiosità.
La scalata al potere aveva procurato a Zaccheo lauti guadagni.
All’apice della carriera poteva benissimo dire: voglio e posso! Anche fare tendenza imitando lo scoiattolo!

Zaccheo desiderava vedere per dare soddisfazione ad una sua curiosità.
Gesù voleva incontrarlo per offrirgli la salvezza.

Per vedere si può essere anche distanti; per incontrarsi bisogna che le strade s’incrocino.
Perciò Gesù sembra dirgli: Zaccheo io sono sceso per incontrarti e tu sei salito per vedermi?
Scendi subito, perché io non sto lassù; oggi, infatti, ho pensato di fermarmi a casa tua.
Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia.

2. La casa, luogo di conversione alla comunione

Zaccheo offre ospitalità a chi lo ha cercato.
La presenza di Gesù è per Zaccheo un invito a fare discernimento sull’attenzione ai poveri,sulla frode e sulla restituzione del maltolto.

Zaccheo esercita un mestiere che gli permette di maneggiare denaro contante. Ora fa discernimento e si accorge che la tentazione di “infarinarsi” le mani tra i meandri della legalità ha prevalso sui principi della moralità diffusamente accettata.
Ora la presenza di Gesù risveglia in lui il senso della onorabilità e così prende la seguente decisione: l’onestà non può essere barattata col denaro!
Il segno di questa evoluzione interiore è dato dalla restituzione.
In questo momento dalla sua casa esce il denaro estorto ed entra la salvezza.

B/  Perché tutto puoi.

1. Nel Credo affermiamo che Dio è onnipotente, cioè che può tutto.
Il libro della Sapienza mette questa prerogativa di Dio alla base della sua compassione e della sua misericordia.
Dio è onnipotente, può tutto, perfino essere misericordioso e compassionevole.
Se il Sapiente fa derivare la misericordia dalla divina onnipotenza, viene da pensare che non la riscontrava nelle relazioni umane né la vedeva possibile.
Mentre tutto è possibile a Dio, anche essere compassionevole. Ma a noi comuni mortali …
Gesù ci incalza: siate misericordiosi come il Padre vostro ( Luca 6,36 ).
Questa esortazione trova fondamento nei germi seminati in noi dallo Spirito che ci rende, in potenza, misericordiosi come il Padre.
Gesù afferma che se noi diventiamo misericordiosi rappresentiamo il Padre in questo mondo; esprimiamo il suo volto lungo i sentieri della storia.
Non è scritto: voi siete dei?
Allo stesso modo i giudici che amministrano la giustizia con rettitudine esercitano una prerogativa di Dio ( cfr. Salmo 81/82 ).

2.   Dio è misericordioso sia perché può tutto, ma anche perché tutto è opera sua.
Prosegue il Sapiente nella seconda parte della lettura di oggi: Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita.
Il Signore ravvisa in noi, sue creature, i segni incorruttibili della sua impronta ancorché velata o graffiata dal male.
Per questo si commuove quando sbagliamo e ci cerca per ricondurci sul retto cammino.

HALLOWE’EN
L’etimologia dice: Hallow ( = santo ) e even contrazione di evening ( = sera ) = Sera di Ognissanti, cioè il 31 ottobre, atteso il calendario liturgico.
Le credenze popolari ritenevano che in questa sera le anime dei trapassati sarebbero tornate per dare fastidio o per incutere paura ( = scherzetto ) che non avrebbero fatto in cambio di un dolcetto.
Diffondere una tale ricorrenza sa di schizofrenia: per un verso si reclama e acclama la società laica e secolarizzata che si affanna persino a trovare “reperti” archeologici  per negare la stessa resurrezione di Gesù; per altro verso ci si ostina ad introdurre credenze che per di più non hanno nulla a che fare con la nostra tradizione cristiana. Il Cristianesimo non insegna che i morti tornano in terra per spaventare i vivi.
Non è una innocua festa per bambini, ma con essa si vuole veicolare un messaggio che affievolisca la fede dei cristiani nella vita eterna.

TUTTI I SANTI ( All  Hallows )

La festa di Ognissanti e la Commemorazione dei defunti ci ricordano la Comunione del popolo dei credenti, cioè  in questi giorni la Chiesa festeggia se stessa ( da non confondere con l’Istituzione  chiesa né, tantomeno, con il tempio ).
Alla fine del Credo affermiamo: credo la comunione dei santi che è formata sia dal popolo dei credenti in cammino su questa terra, sia da coloro che hanno varcato la soglia dell’al di là.
Credo vuol dire: professiamo che esiste una comunione tra tutti i credenti.
Questa Chiesa, cioè questa Comunità i cui membri vivono in comunione di  fede, sfugge ad ogni statistica, perché soltanto Dio guarda il cuore dell’uomo.

Il popolo cristiano ha sempre pregato Dio perché riservasse un giudizio indulgente verso i compagni di fede che giungono al suo cospetto. Sii misericordioso verso questo defunto, ci fa dire la liturgia del funerale.
Basti pensare al banchetto eucaristico che si celebrava sulle tombe dei martiri nelle catacombe per capire quanto la preghiera per i defunti sia antica.

XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Giustizia ed Equità.

1. Due parole da coniugare

La persona adorna della virtù della giustizia si preoccupa di mettere l’interlocutore a suo agio in modo tale da instaurare una relazione di reciproca accoglienza.
Se ti accorgi di essere stato imbrogliato nel lavoro commissionato o nello scambio commerciale, la relazione che ne deriva è di reciproco disagio e quindi non è una relazione giusta.

L’equità aiuta la persona a cogliere ogni aspetto onde soddisfare “in toto” le esigenze dell’interlocutore.
Un dottore diceva: l’elettrocardiogramma lo fa la macchia, ma il modo di interloquire con il paziente dipende da me.
Il pio Israelita si sentiva sorretto dal Signore sul letto del doloro e nella sua malattia.  Il Signore lo faceva sentire a proprio agio ( giusto ) nella malattia. Dio giustifica quando ci rivolgiamo a lui con fede.

2. Lo sguardo di Paolo volto al tramonto

a) Paolo ha la sensazione che i suoi giorni stanno volgendo al termine.
Dinanzi alla soglia della morte confida al suo amico Timoteo il sunto della sua vita fatto alla luce della fede che intende professare fino all’ultimo respiro.

Ora scioglie le vele a quella barca che lo deve  traghettare sulla sponda dell’eternità.
È la stessa barca che durante la vita lo ha sballottato per i mari in tempesta: quasi a dire che entra nell’altro mondo con tutta la sua storia di fede.

b) Il Signore, giusto giudice.
Il suo giudizio verterà sulla fede che, entrando in dialogo con le nostre vicende umane, ci ha guidati lungo il cammino della vita.
Abramo credé  al Signore che glielo accreditò come giustizia ( Genesi 15,6 ).
 Una fede che si fa storia acquistando i lineamenti somatici del credente.
I suggerimenti del Signore, infatti, si realizzano nel vissuto del credente.

3. Ancora sulla preghiera.

a) Per la seconda volta consecutiva la liturgia domenicale ci propone il tema della preghiera.
Di per sé la preghiera attraversa sempre le nubi; quando ciò non accade è perché i suoi contenuti non corrispondono al reale vissuto dell’orante.
Pregare non è dire le preghiere, si diceva domenica scorsa!
Oggi aggiungiamo che la preghiera è tale quando spinge l’orante a stabilire relazioni di giustizia o a ridare dignità al povero.

<< Dio giustifica>>, espressione ascoltata tantissime volte durante questo Anno Santo della Misericordia che sta volgendo al termine.
La giustificazione viaggia sul binario delle opere di misericordia.
Chi le compie con fede, cioè con la coscienza di essere strumento nelle mani di Dio, sarà messo a suo agio al cospetto di Dio dal Figlio dell’uomo.
Queste opere, a loro volta, rendono la preghiera capace di attraversare le nubi perché nutrita dalle azioni che rendono giustizia al povero.

b) << Due uomini salirono al tempio a pregare>>

Questo inizio della parabola fa venire in mente espressioni simili dette da Gesù:
Due uomini saranno nel campo
Due donne macineranno alla mola
Due si troveranno in un sol letto
Di costoro si dice: uno verrà preso e l’altro lasciato.
Dei due della parabola: l’uno tornò a casa sua giustificato a differenza dell’altro.

Non ostante le esposizioni e le sovrapposizioni mediatiche, andiamo sempre più privatizzando il nostro mondo interiore  da sottrarlo allo sguardo di Dio e perfino a noi stessi.
Conta il comportamento esteriore!

All’inizio di ogni celebrazione non diciamo che abbiamo peccato in pensieri?
In una azione delittuosa cos’è la ricerca del movente se non il tentativo di entrare nel mondo interiore di colui che ha commesso il fatto allo scopo di valutarne la gravità?
Nella sottovalutazione del mondo interiore si annidano i germi dei vari esaurimenti!
Gesù chiama ipocrita colui che si preoccupa di lavare l’esterno, mentre l’interno è pieno di ogni azione malvagia.
Il pubblicano della parabola durante la preghiera aprì la porta del suo cuore allo sguardo di Dio a differenza del fariseo che pregava invitando  Dio a prendere in considerazione le sue azioni.

4. << Nel nome della misericordia >>

Questo è il tema della Giornata Missionaria Mondiale che si celebra oggi.
Nell’Anno Santo della Misericordia  non poteva essere scelta altra proposta per la riflessione, invitandoci a coniugare la missione con la misericordia.

Nel nome della misericordia è lo stesso che dire: andate, annunciate  “nel nome di Dio” buono e misericordioso le sue grandi opere che sono meravigliose perché intrise di misericordia.

La Giornata Missionaria ci sollecita a raccontare la misericordia di Dio attraverso i nostri gesti di misericordia.
Fare esperienza di misericordia equivale a cogliere lo sguardo benevolo del prossimo ancorché venato dalle umane fragilità.
La Giornata Missionaria sia vista come una ulteriore possibilità offerta dall’Anno Santo per diventare testimoni della misericordia divina resa nota da Gesù.

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

L’uomo che prega è sempre esistito e continuerà ad esserci nella storia di questo mondo.
La preghiera non scomparirà perché ci saranno sempre persone umili che apriranno mente e cuore alla trascendenza.
Nella nostra Comunità ogni giorno c’è << l’ora della preghiera >> ritmata dal suono della campana ogni quarto d’ora.
Questo quadruplice annuncio ha lo scopo di dare la possibilità di partecipare spiritualmente a tutti coloro che per qualunque motivo non abbiano avuto la possibilità di varcare la soglia della chiesa.
La campana  ha la funzione di mettere in sintonia di fede gli abitanti del villaggio quasi fosse un monastero.

Insegnaci a pregare

A pregare si impara come si apprende a dialogare.
Infatti non sempre c’è dialogo quando parliamo con una persona.
Molte sono le figure letterarie che qualificano una relazione verbale non ricadente nel concetto di dialogo.
La polemica, l’ironia, l’insulto, il pettegolezzo … per citarne alcune.
La parola è per l’incontro e per il confronto, giammai per lo scontro.
Il dialogo presuppone che si abbia un animo tranquillo e pacato; aperto all’apprendimento e a offrire una risonanza.
Questa predisposizione d’animo deriva dall’umiltà che mi fa collocare l’interlocutore minimo alla pari, se non superiore a me.
Ciò favorisce l’ascolto.

Il dialogo con Dio, con i santi e con i trapassati in genere si chiama preghiera.
Qui la predisposizione all’ascolto del messaggio annunciato dalla proclamazione della parola di Dio deve essere scontata, attesa la statura trascendente dell’interlocutore.

Possiamo prendere dalla Lectio Divina come articolare il dialogo-preghiera.

1. Innanzitutto metterci in religioso ascolto mentre si proclama la parola di Dio.
Il ruolo di lettore non si improvvisa!
Ascoltare per comprendere, per capire la bellezza e l’utilità del messaggio.

2. Dall’ascolto passiamo alla meditazione.  La meditazione ci aiuta a fare discernimento sulla situazione spirituale personale che viene sollecitata o lievitata dal messaggio veicolato dalla proclamazione della Parola ascoltata.

3. a) rispondere all’ascolto con parole di ringraziamento. Il ringraziamento comunitario è dato dalle acclamazioni a conclusione di ciascuna lettura: Rendiamo grazie a Dio e Lode a te, o Cristo.
Nulla vieta , anzi è doveroso che ciascuno faccia nel proprio intimo un ringraziamento personalizzato mettendo in risalto anche le motivazioni di tale ringranziamento.

b)  formulare parole di implorazione.
Si chiede forza allo Spirito santo per adeguare mente e cuore, pensieri e affetti agli ideali proposti dalla Parola e per avere la volontà che li faccia tradurre in stili di vita.


4. Da ultimo la contemplazione.  È come una strada da tracciare che passo dopo passo mi fa esplorare la bellezza dell’evoluzione del messaggio che giorno dopo giorno vado personalizzando.
Cammina alla mia presenza, si legge nella Bibbia.

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Si andava ai sacerdoti del tempio perché, constata la guarigione, i lebbrosi fossero riammessi in società.
Quando intraprendono il viaggio non sono ancora guariti.
Si incamminano sulla parola: andate a presentarvi ai sacerdoti.
La fede accordata a Gesù, maestro, promuove la loro purificazione.

Si tratta di una guarigione avvenuta a distanza dalla persona dalla quale avevano implorato misericordia. È per questo che fanno difficoltà a identificare l’autore della loro guarigione.
Del resto anche ai nostri giorni facciamo difficoltà a cogliere la presenza del sacro nella vita di tutti i giorni. Eppure noi crediamo in un Dio incarnato, un Dio nella storia, meglio, un Dio che fa storia con noi.
Chi vi riesce eleva preghiere di ringraziamento, mentre chi respira la mentalità diffusa dai mezzi della comunicazione sociale, cerca spiegazioni nel mondo dell’uomo tra i suoi ritrovati.

Il medesimo episodio, nato dagli stessi presupposti viene compreso dal punto di vista dell’osservatore che lo esamina.

Alla scuola media ci hanno insegnato a fare le proiezioni ortogonali per abituarci a vedere un oggetto o un avvenimento da più punti di vista che messi insieme concorrono a dare una visione completa della cosa.
Possiamo supporre che il Samaritano che tornò a dire grazie aveva letto la propria guarigione anche dal punto di vista della fede.

<< E gli altri nove dove sono? >>
Sulla strada che va al tempio.
Il Samaritano, però, aveva compreso che la strada per Gerusalemme non ancora era stata tracciata da Gesù, per questo torna indietro per seguire le sue orme.
Ma Gesù non aveva esortato anche Pietro a stare dietro a lui?
E gli altri nove dove sono?
Stanno affannando per vie impervie o disorientati nei crepacci tra una carovaniera e l’altra.
Gesù non li abbandona ma li incontra nuovamente ed offre loro una nuova possibilità.

BOX
Il gesto di Naaman va “storicizzato”, cioè va letto entro la cultura del tempo.
Allora non si aveva il concetto che ci fosse un solo Dio per tutti i luoghi e per tutti i popoli.
La divinità era legata al territorio abitato dal popolo che la venerava.
Per questo Naaman porta nel suo paese << tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore>>.
Di segno opposto, ma sempre da leggere entro la stessa cultura, è il gesto di scuotere la polvere dai propri sandali e dalle vesti.
Gesù dirà alla Samaritana: Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre … perché i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità. ( cfr. Giov. 4, 21 e 23)

Un pensierino dalla seconda lettura

 La buona notizia diffusa da Paolo ha come contenuto la persona di Gesù risorto dai morti.
Timoteo è esortato a tenere a mente questa notizia e a farsene a sua volta araldo.
Con la notizia della sua carcerazione, Paolo sembra dire all’amico Timoteo di mettere in conto le difficoltà cui va incontro chi vuole seguire Cristo con estrema coerenza pur frequentando le varie agorà di questo mondo. Ma lo esorta anche ad evitare quell’istintivo gesto di prendere le distanze dall’amico caduto in disgrazia o accusato di qualcosa.