Pereto - Rocca di Botte

giovedì 29 settembre 2016

XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

il dialogo con Dio prima espressione della fede



Il “Padre nostro” che sappiamo a memoria ci è stato tramandato dall’evangelista Matteo (6,9-13).


Nella prima parte contiene tre richieste e quattro nella seconda.

La versione che ci ha tramandato Luca (11,2-4) e che si legge oggi in chiesa, contiene due richieste nella prima parte e tre nella seconda.


MATTEO

Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome;
venga il tuo regno;
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.


LUCA

Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdonaci i nostri peccati,
perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore,
e non ci indurre in tentazione”.


Gesù ci invita a rivolgerci a Jahvé con la familiarità che abbiamo tra le mura domestiche, ma anche con la certezza e con la fiducia di essere accontentati.


La parola Padre o Papà evoca una relazione di sicurezza, ma genera anche una relazione di fraternità.


Nella visione di Gesù l’umanità è considerata come la “famiglia di Dio” e gli umani fratelli tra loro.


Da questa visione scaturiscono conseguenze pratiche che qualificano la relazione della singola persona con Dio e i nostri reciproci rapporti.

“Padre nostro” dice che Dio è Persona, non un’idea o un nostro pensiero, che desidera essere accolta con i connotati della paternità: deriviamo la nostra esistenza da lui.

Uno solo è il Padre, quello celeste, e voi siete tutti fratelli (cfr. Matteo 23,8 ).

Durante questo Anno Santo della Misericordia ci si attende che in ogni casa rinverdiscano quelle virtù che derivano dalle relazioni filiali e fraterne: accoglienza, solidarietà, dialogo pacato e costruttivo …

La liturgia della Parola di questa domenica ci invita a mantenere costante il nostro dialogo con Dio.

Il dialogo si concretizza in un colloquio che si fonda sul reciproco ascolto.

Dio ci parla attraverso le letture proclamate e noi rispondiamo in base a ciò che abbiamo ascoltato.

La preghiera della prima lettura ha come oggetto la vita che conducono gli abitanti di Sodoma e di Gomorra.


Le notizie che giungono al Cielo non sono buone, ma prima di prendere una qualsiasi decisione, Dio desidera rendersi conto di persona: decide di fare un sopralluogo.


<< Voglio scendere a vedere>>.


Ciò accade perché Dio – dice il profeta Isaia ( cfr. 11,3 ) – non giudica secondo le apparenze e non prende decisioni per sentito dire.
È una città intera da giudicare, non può fermarsi alle notizie sollevate dal chiacchiericcio. Prima di giudicare e di agire, Dio vuole vedere di persona e per questo scende.


La Preghiera di Abramo


Abramo entra in dialogo con Dio nel ruolo di mediatore.


La sua difesa a beneficio della città si fonda sulla cultura della giustificazione vicaria: a motivo del giusto anche l’empio ottiene misericordia.


Mentre dialogava col Signore, Abramo pensava a qualche nucleo familiare o a singole persone che ai suoi occhi apparivano giuste.


Ma a mano a mano che proponeva un numero inferiore adeguava i criteri di valutazione a quelli del Signore.


In questo modo Abramo si convertiva a Dio accogliendo i criteri di bene e di male del Signore.


Abramo comprende che né lui né le maggioranze possono decidere sul bene e sul male che Jahvé fin dalle origini ha riservato a sé.

0 commenti:

Posta un commento