il dialogo con Dio prima espressione della fede
Il “Padre nostro” che sappiamo a memoria ci è stato tramandato dall’evangelista Matteo (6,9-13).
Nella prima parte contiene tre richieste e quattro nella seconda.
La versione che ci ha tramandato Luca (11,2-4) e che si legge oggi in chiesa, contiene due richieste nella prima parte e tre nella seconda.
MATTEO
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome;
venga il tuo regno;
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.
LUCA
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdonaci i nostri peccati,
perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore,
e non ci indurre in tentazione”.
Gesù ci invita a rivolgerci a Jahvé con la familiarità che abbiamo tra le mura domestiche, ma anche con la certezza e con la fiducia di essere accontentati.
La parola Padre o Papà evoca una relazione di sicurezza, ma genera anche una relazione di fraternità.
Nella visione di Gesù l’umanità è considerata come la “famiglia di Dio” e gli umani fratelli tra loro.
Da questa visione scaturiscono conseguenze pratiche che qualificano la relazione della singola persona con Dio e i nostri reciproci rapporti.
“Padre nostro” dice che Dio è Persona, non un’idea o un nostro pensiero, che desidera essere accolta con i connotati della paternità: deriviamo la nostra esistenza da lui.
Uno solo è il Padre, quello celeste, e voi siete tutti fratelli (cfr. Matteo 23,8 ).
Durante questo Anno Santo della Misericordia ci si attende che in ogni casa rinverdiscano quelle virtù che derivano dalle relazioni filiali e fraterne: accoglienza, solidarietà, dialogo pacato e costruttivo …
La liturgia della Parola di questa domenica ci invita a mantenere costante il nostro dialogo con Dio.
Il dialogo si concretizza in un colloquio che si fonda sul reciproco ascolto.
Dio ci parla attraverso le letture proclamate e noi rispondiamo in base a ciò che abbiamo ascoltato.
La preghiera della prima lettura ha come oggetto la vita che conducono gli abitanti di Sodoma e di Gomorra.
Le notizie che giungono al Cielo non sono buone, ma prima di prendere una qualsiasi decisione, Dio desidera rendersi conto di persona: decide di fare un sopralluogo.
<< Voglio scendere a vedere>>.
Ciò accade perché Dio – dice il profeta Isaia ( cfr. 11,3 ) – non giudica secondo le apparenze e non prende decisioni per sentito dire.
È una città intera da giudicare, non può fermarsi alle notizie sollevate dal chiacchiericcio. Prima di giudicare e di agire, Dio vuole vedere di persona e per questo scende.
La Preghiera di Abramo
Abramo entra in dialogo con Dio nel ruolo di mediatore.
La sua difesa a beneficio della città si fonda sulla cultura della giustificazione vicaria: a motivo del giusto anche l’empio ottiene misericordia.
Mentre dialogava col Signore, Abramo pensava a qualche nucleo familiare o a singole persone che ai suoi occhi apparivano giuste.
Ma a mano a mano che proponeva un numero inferiore adeguava i criteri di valutazione a quelli del Signore.
In questo modo Abramo si convertiva a Dio accogliendo i criteri di bene e di male del Signore.
Abramo comprende che né lui né le maggioranze possono decidere sul bene e sul male che Jahvé fin dalle origini ha riservato a sé.
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