Pereto - Rocca di Botte

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mercoledì 11 maggio 2016

SETTIMA DOMENICA DI PASQUA Ascensione del Signore

È il giorno del mandato.

1. La celebrazione di oggi, l’Ascensione, coincide con la Pasqua di risurrezione, non fosse altro per le stesse parole dette quella mattina a Maria da  Gesù risorto  : non mi trattenere perché non sono ancora salito al Padre ( Gv 20,17 ).
Siamo noi che celebriamo l’unico avvenimento come  il dritto e il rovescio di una medaglia.
A Pasqua, infatti, abbiamo messo in risalto la vittoria di Cristo sulla morte. In Lui morte e vita si sono affrontate come in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto, ora vive e trionfa.

Oggi mettiamo in risalto che con la morte, come Gesù, entriamo nella gloria di Dio.
Gesù diede prova della sua risurrezione apparendo nell’arco di quaranta giorni. È il motivo per cui Luca chiude questo periodo con la scena dell’Ascensione.
Ormai gli apostoli sono certi che il loro Maestro vive e, quindi, possono “camminare” con la loro fede.

2. Dalla tristezza alla gioia.

La persona paziente e mite sa attendere; non si lascia prendere da emozioni impulsive.
Durante l’ultima cena Gesù aveva messo al corrente i commensali circa la sua dipartita e aveva notato che la notizia aveva turbato il loro cuore.

Chiese fiducia ( cioè tempo ) affermando con certezza: la vostra tristezza si cambierà in gioia.

Oggi ci viene narrato della loro presenza all’Addio.
Come Gesù che a tavola aveva colto dagli sguardi smarriti, il turbamento del cuore dei discepoli, così Luca, sul monte del distacco, li coglie in contemplazione, e subito dopo ci mette al corrente che “tornarono a Gerusalemme con grande gioia”.

L’uomo capisce un po’ alla volta: c’è una gradualità nell’ intus-legere , nello sviscerare e di conseguenza nel com-prendere e far propri gli avvenimenti.
Per questo è necessario che dinanzi alle vicende della vita, soprattutto il credente, deve nutrire fiducia di trovare lo spiraglio che permetta una lettura positiva di ciò che nell’immediato può turbare.

50^ GIORNATA DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

Non cade l’8 maggio, ma nel giorno della festa dell’Ascensione che, come tutti sanno, dipende dalla data della Pasqua.
Il giorno dell’Ascensione Gesù dà mandato ai suoi discepoli di annunciare a tutti i popoli la buona novella: Dio crede nella nostra conversione e a chi imbocca la strada del cambiamento accorderà il perdono dei peccati.
Queste le parole del vangelo di oggi: nel nome di Cristo saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme.
Si può dire che la giornata odierna pone l’accento su questi aspetti:
Riflettere sui contenuti della comunicazione. Risulta che i canali della informazione divulghino la conversione e il perdono dei peccati?
Riflettere sulla “veste letteraria” della comunicazione: apologetica, polemica, pettegolezzo, panegirico, ironia …
Gesù parla di annuncio avvalorato dalla testimonianza personale.
Riflettere sull’utilizzo degli strumenti della comunicazione sociale.
Riflettere sul tema proposto e obbligato quest’anno:   Comunicazione e Misericordia, un incontro fecondo”
Ogni annuncio; ogni manifestazione di pensiero; qualsiasi comunicazione devono essere impastati e lievitati con la misericordia.
Una buona notizia comunicata in modo imperativo …
Una verità argomentata con alterigia …
Ognuno comprende l’effetto che sortiscono!

FESTA DELLA MAMMA

La festa della MAMMA si celebra pressoché in tutto il mondo anche se non ovunque nello stesso giorno. Per noi in Italia cade la seconda domenica di maggio.
Riportiamo una poesia di Giuseppe Ungaretti da tutti appresa nelle aule scolastiche:

La madre
E il cuore quando d’un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d’ombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.
In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all’eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.



Alzerai tremante le vecchie braccia,
come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.
E solo quando m’avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.
Ricorderai d’avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.


giovedì 5 maggio 2016

Lettura pubblica "Amoris Laetitia"



mercoledì 4 maggio 2016

SESTA DOMENICA DI PASQUA

Un’antica leggenda racconta che san Giovanni evangelista, vecchio e ormai sul suo letto di morte, continuava a mormorare: “Figli miei, amatevi gli uni gli altri, amatevi gli uni gli altri...”. Questo testamento di Gesù, che egli ci ha trasmesso, era per lui molto importante. E, certamente, questo amore non era facile nemmeno in quei tempi. Non è mai così necessario parlare d’amore come là dove non ce n’è. È la stessa cosa che succede per la pace: non si è mai parlato tanto di pace come oggi, e intanto si continua a fare la guerra in moltissimi luoghi. Ma, proprio su questo punto, il Vangelo di Giovanni pone un’importante distinzione: c’è una pace di Gesù e un’altra pace, data dal mondo. San Giovanni attira la nostra attenzione sul fatto che noi non dobbiamo lasciarci accecare dalle parole, dobbiamo tenere conto soprattutto dello spirito nel quale esse sono dette. Dio ci ha mandato lo Spirito Santo per insegnarci la sua volontà. Il suo Spirito ci insegna anche a penetrare il senso delle parole. Possiamo allora rivolgerci a lui quando siamo disorientati, quando ci sentiamo deboli, quando non sappiamo più cosa fare. È un aiuto al quale possiamo ricorrere quando ci aspettano decisioni difficili da prendere. Egli ci aiuta!



PAPA FRANCESCO
REGINA COELI
Piazza San Pietro
Domenica, 1° maggio 2016



Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Il Vangelo di oggi ci riporta al Cenacolo. Durante l’Ultima Cena, prima di affrontare la passione e la morte sulla croce, Gesù promette agli Apostoli il dono dello Spirito Santo, che avrà il compito di insegnare e di ricordare le sue parole alla comunità dei discepoli. Lo dice Gesù stesso: «Il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,26). Insegnare e ricordare. E questo è quello che fa lo Spirito Santo nei nostri cuori.
Nel momento in cui sta per fare ritorno al Padre, Gesù preannuncia la venuta dello Spirito che anzitutto insegnerà ai discepoli a comprendere sempre più pienamente il Vangelo, ad accoglierlo nella loro esistenza e a renderlo vivo e operante con la testimonianza. Mentre sta per affidare agli Apostoli – che vuol dire appunto “inviati” – la missione di portare l’annuncio del Vangelo in tutto il mondo, Gesù promette che non rimarranno soli: sarà con loro lo Spirito Santo, il Paraclito, che si porrà accanto ad essi, anzi, sarà in essi, per difenderli e sostenerli. Gesù ritorna al Padre ma continua ad accompagnare e ammaestrare i suoi discepoli mediante il dono dello Spirito Santo.
Il secondo aspetto della missione dello Spirito Santo consiste nell’aiutare gli Apostoli a ricordare le parole di Gesù. Lo Spirito ha il compito di risvegliare la memoria, ricordare le parole di Gesù. Il divino Maestro ha già comunicato tutto quello che intendeva affidare agli Apostoli: con Lui, Verbo incarnato, la rivelazione è completa. Lo Spirito farà ricordare gli insegnamenti di Gesù nelle diverse circostanze concrete della vita, per poterli mettere in pratica. È proprio ciò che avviene ancora oggi nella Chiesa, guidata dalla luce e dalla forza dello Spirito Santo, perché possa portare a tutti il dono della salvezza, cioè l’amore e la misericordia di Dio. Per esempio, quando voi leggete tutti i giorni – come vi ho consigliato – un brano, un passo del Vangelo, chiedere allo Spirito Santo: “Che io capisca e che io ricordi queste parole di Gesù”. E poi leggere il passo, tutti i giorni… Ma prima quella preghiera allo Spirito, che è nel nostro cuore: “Che io ricordi e che io capisca”.
Noi non siamo soli: Gesù è vicino a noi, in mezzo a noi, dentro di noi! La sua nuova presenza nella storia avviene mediante il dono dello Spirito Santo, per mezzo del quale è possibile instaurare un rapporto vivo con Lui, il Crocifisso Risorto. Lo Spirito, effuso in noi con i sacramenti del Battesimo e della Cresima, agisce nella nostra vita. Lui ci guida nel modo di pensare, di agire, di distinguere che cosa è bene e che cosa è male; ci aiuta a praticare la carità di Gesù, il suo donarsi agli altri, specialmente ai più bisognosi.
Non siamo soli! E il segno della presenza dello Spirito Santo è anche la pace che Gesù dona ai suoi discepoli: «Vi do la mia pace» (v. 27). Essa è diversa da quella che gli uomini si augurano o tentano di realizzare. La pace di Gesù sgorga dalla vittoria sul peccato, sull’egoismo che ci impedisce di amarci come fratelli. E’ dono di Dio e segno della sua presenza. Ogni discepolo, chiamato oggi a seguire Gesù portando la croce, riceve in sé la pace del Crocifisso Risorto nella certezza della sua vittoria e nell’attesa della sua venuta definitiva.
La Vergine Maria ci aiuti ad accogliere con docilità lo Spirito Santo come Maestro interiore e come Memoria viva di Cristo nel cammino quotidiano.

Dopo il Regina Coeli:
Cari fratelli e sorelle,
il mio cordiale pensiero va ai nostri fratelli delle Chiese d’Oriente che celebrano quest’oggi la Pasqua. Il Signore risorto rechi a tutti i doni della sua luce e della sua pace. Christos anesti!
Ricevo con profondo dolore le drammatiche notizie provenienti dalla Siria, riguardanti la spirale di violenza che continua ad aggravare la già disperata situazione umanitaria del Paese, in particolare nella città di Aleppo, e a mietere vittime innocenti, perfino fra i bambini, i malati e coloro che con grande sacrificio sono impegnati a prestare aiuto al prossimo. Esorto tutte le parti coinvolte nel conflitto a rispettare la cessazione delle ostilità e a rafforzare il dialogo in corso, unica strada che conduce alla pace.
Si apre domani a Roma la Conferenza Internazionale sul tema “Lo sviluppo sostenibile e le forme più vulnerabili di lavoro”. Auspico che l’evento possa sensibilizzare le autorità, le istituzioni politiche ed economiche e la società civile, affinché si promuova un modello di sviluppo che tenga conto della dignità umana, nel pieno rispetto delle normative sul lavoro e sull’ambiente.
Saluto voi, pellegrini provenienti dall’Italia e da altri Paesi. In particolare, saluto i fedeli di Madrid, Barcellona e Varsavia, come pure la Comunità Abramo, impegnata in progetti di evangelizzazione in Europa, i pellegrini di Olgiate Comasco, Bagnolo Mella e i cresimandi di Castelli Calepio.
Saluto l’Associazione “Meter”, che da tanti anni lotta contro ogni forma di abuso sui minori. Questa è una tragedia! Non dobbiamo tollerare gli abusi sui minori! Dobbiamo difendere i minori e dobbiamo punire severamente gli abusatori. Grazie per il vostro impegno e continuate con coraggio in questo lavoro!
A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!


QUINTA DOMENICA DI PASQUA

Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri.

1. << Come io ho amato voi >>

Gesù ha illustrato il suo insegnamento con la esemplarità del suo modo di vivere. Non poteva proporci una meta così alta senza tracciarne la via. Poscia ha invitato i suoi discepoli ha seguirlo.
Ma a ben riflettere, quella tracciata da Gesù è una strada senza meta perché essa coincide con lo stesso cammino. Infatti Gesù, lungo la via che porta a Gerusalemme si attarda or con questa or con quella persona per rispondere alle loro necessità.
La strada coincide con l’attenzione al prossimo, o, meglio, col farsi prossimo!

2. << Così amatevi anche voi gli uni gli altri >>.

Con lo sguardo sempre fisso a Gesù, icona dell’amore divino dal volto umano, il discepolo ogni mattina dice: oggi ci voglio ri-provare.
Talvolta parlare di donazione di sé, di amore disinteressato, di agape fraterna, può servire da incoraggiamento, ma non  possiamo essere soddisfatti perché  ne abbiamo parlato, fosse anche davanti ad una platea incantata.
Oggi la testimonianza sulla misericordia deve precedere il dipanare argomenti.
“ L’esempio trascina” diceva un antico adagio.
Questo vale soprattutto in tempi, come il nostro, nei quali la parola non trova più ascoltatori. Eppure tutti parliamo e ci illudiamo di essere ascoltati oppure letti!

L’ esempio ha una eloquenza flebile e silenziosa, sottile e penetrante, capace di imboccare le vie del cuore senza fare violenza.
Non gesti “simbolici”, ma stili di vita capaci di delineare il volto di Cristo e renderlo a noi contemporaneo.
L’attualità di Gesù dipende molto dai cristiani: il nostro comportamento come può facilitare , così può ostacolare il rimando al Cristo e per lui a Dio.
La preghiera di san Francesco è sempre attuale: Signore fammi strumento di tua pace …

3. A cosa porta lo stile di vita ispirato al comportamento di Gesù?

Si può trovare la risposta nella visione che Giovanni pregusta nella speranza.
Immettendo nei nostri comportamenti la linfa dell’amore di Cristo, il cielo e la terra, come pure la Città degli uomini, riprenderanno il “volto” paradisiaco. Torneranno a meravigliare come il giorno della creazione.

Laicità non vuol dire che dobbiamo pensare un mondo senza Dio o, al più, rinchiuderlo nel proprio intimo.
Continua l’apostolo nella seconda lettura: Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio.

La tradizione ha voluto che questa visione rimanesse in cielo, mentre l’apostolo Giovanni ci riferisce di aver visto la Gerusalemme nuova “scendere” dal cielo.

Riepilogo

L’incarnazione continua anche dopo la risurrezione.
Nelle domeniche scorse ci è stato riferito:
La Maddalena lo “riconosce” quando si sente chiamare per nome;
I discepoli lo “vedranno” nella Galilea delle genti ( il Papa traduce: nelle periferie esistenziali);
Il Risorto s’incarna nella “filantropia” di Pietro;
Sulle rive del lago nessuno gli chiese “Chi sei”, ma condivisero con lui i frutti del lavoro perché sapevano bene che era il Signore quel “vu cumprà” che macinava chilometri sul bagnasciuga.


QUARTA DOMENICA DI PASQUA

Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.

1. Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni.

La quarta domenica di Pasqua ci propone sempre un brano del vangelo che parla di Gesù, buon pastore.   Per questo motivo la giornata è dedicata alla preghiera per le vocazioni, secondo l’invito di Gesù: pregate il padrone della messe perché mandi operai alla sua messe.
Ascoltiamo Gesù e, all’unisono,  eleviamo preghiere per le vocazioni.

Oltre a pregare, oggi dobbiamo anche riflettere sulla vocazione che ci accomuna tutti e dire grazie per essere stati donati a noi stessi.
Vivere da dono equivale a prodigarci per il bene del prossimo. Il dono, infatti, è tale quando è offerto.  Il dono non appartiene a se stesso ma ad altri.
Diceva il papa Paolo VI: Ogni vita è vocazione.
Siamo stati chiamati alla vita per donarci.   Ognuno, poi, concretizza questa comune chiamata ( = vocazione ) secondo la propria indole e la propria sensibilità.

Possiamo ora facilmente comprendere che la misericordia è il primo modulo che incarna la vocazione vista come dono di sé.
Non farlo è come rinnegare la nostra stessa natura; è come se dicessimo: io sono astemio all’acqua!

2. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno.

a) Gesù propone un fine positivo a chiunque lo segue: vita eterna.
Chi lo segue non ha davanti a sé come meta, “il nulla eterno”, ma l’ingresso in una esistenza che non conosce stagioni.
Dice san Paolo: saremo trasformati.
Non sappiamo i connotati della vita eterna, ma ne abbiamo certezza di fede in Cristo risorto che stiamo celebrando in questo tempo di Pasqua come primo di coloro che risorgono.

“Io do loro la vita”: la vita eterna è un dono.
Sapere questo ci aiuta a comprendere le predisposizioni interiori di chi offre e di chi riceve il dono.
Chi non è stato alcune volte donatore e altre volte donatario?
Basti richiamare alla mente lo stato d’animo che avevamo nell’un caso e nell’altro.
Questo può facilitarci nel tessere la nostra relazione di fede alla sequela di Gesù, buon pastore.

b) Chi di fatto segue Gesù? A chi è donata la vita eterna?

La seconda lettura, dopo averci detto che coloro che seguono Gesù formano una moltitudine  che nessuno può cantare, risponde anche alla seconda domanda: la vita eterna è donata a “coloro che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello”.
Il Giubileo non trascorra invano, ma valorizziamolo immergendoci nel lavacro della misericordia divina e indossiamo l’abito della bontà, dell’umiltà, della mansuetudine, della pazienza, della sopportazione e del perdono scambievole. Tutte qualità che si ritrovano nella simbologia della veste bianca battesimale.

3. I primi segnali di un bivio o di uno scisma?

Dopo la risurrezione  i discepoli di Gesù continuano a frequentare sia il tempio e sia le sinagoghe.
Parlavano di Gesù e di come Dio lo aveva sottratto alla morte.
Per loro l’evento Gesù doveva essere inserito nella tradizione religiosa di tutto il popolo. Non vedevano la vicenda del loro Maestro e la loro stessa esperienza avulse dalla tradizione dei Padri.

A mano a mano, però, anche a motivo dei dissapori e delle incomprensioni che sorgevano con gli ascoltatori, essi presero coscienza di essere portatori di un annuncio che non trovava spazi nella religione istituita, anzi, lo vedevano sempre più come un annuncio di rottura col passato.
Questa rottura non tarda ad arrivare.
Nella sinagoga di Antiochia in Pisidia se ne ha una prima avvisaglia: era necessario – dice Paolo – che fosse proclamata prima a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete (…) noi ci rivolgiamo ai pagani.
È bene notare che Paolo scopre la sua vocazione di apostolo delle genti grazie a questa incomprensione.
Egli durante i suoi viaggi continuerà a frequentare la sinagoga là dove c’è, ma nello stesso tempo fonda comunità con una identità propria basata sull’annuncio di Gesù crocefisso e risorto.


TERZA DOMENICA DI PASQUA

Si riparte dal mondo del lavoro.

A. Siamo tra i pescatori sul mare di Tiberiade

1. Sul lago di Tiberiade, mentre riassettavano le reti, Gesù li aveva chiamati per un corso triennale di introduzione alla fede. Non impartiva  lezioni in cattedra: qualche volta sulla barca, altre volte in casa o lungo la strada; nelle belle giornate in aperta campagna o seduto su un sasso in montagna. ma aveva condiviso tempo e circostanze.
In una parola: Gesù non fu un teorico dottrinale cattedratico, ma insegnava partendo dalle vicende della vita aiutando i discepoli a cogliere in esse la presenza di Dio.

Ai discepoli del Battista aveva detto:<< Venite e vedete>> (Giov. 1,39).

Dal racconto che gli evangelisti fanno di questa scuola si può dire che il triennio non è bastato ai discepoli.
Essi hanno bisogno di un corso supplementare che il Risorto si rende disponibile a farlo.
In queste prime tre domeniche di Pasqua la liturgia ci ha raccontato  questo “corso di sostegno”.
Oggi termina il racconto delle apparizioni.
Domenica prossima ci presenterà Gesù buon pastore.

2. Erano pescatori e se ne tornano a pescare.

E qui, mentre esercitano la loro professione, essi fanno esperienza della presenza del Risorto.
Nella vita feriale, nello mondo del lavoro, il Risorto trova il modo di far sentire la sua presenza durante la condivisione del cibo.
Viene in mente l’esclamazione di Giobbe: mai ho mangiato da solo il mio tozzo di pane!
Il Risorto invita questi pescatori a mettere insieme a quello che ha preparato sul fuoco di brace i frutti del loro lavoro, pescato oro ora.
Alla luce di ciò forse dobbiamo ripensare il concetto di laicità e di autonomia delle cose terrene dal sacro.
Il credente non indossa i panni della fede in alcuni ambienti e in altri li dismette!

3. Lungo le rive del lago li aveva chiamati e qui, a conclusione del corso di formazione itinerante, il Risorto dà appuntamento per promuoverli.  Non nel tempio, ma in ambiente di lavoro.
Questa la motivazione dell’abilitazione:E nessuno dei discepoli osava domandargli <<Chi sei?>>, perché sapevano bene che era il Signore.
Se riusciamo a condividere il pane con l’affamato, a dare un alloggio a chi non ha un tetto …senza domandargli <<Chi sei, donde vieni?>> perché sappiamo bene che è il Signore, allora saremo promossi anche noi.        Prossimità di stile cristiano!

B. << Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini >>

1. Questa affermazione va intesa come rivendicazione del primato della coscienza e del suo libero esercizio.
La storia ha sempre registrato persone e movimenti che si sono arrogato il diritto di parlare a nome di Dio.
Questo accade quando la persona non vuole rispondere del proprio operato ( dice di essere ispirata dall’Alto ) ed in più, per farsi strada, fa leva sul sentimento religioso altrui.
Colui che rivendica il primato della libertà di coscienza si assume la responsabilità delle proprie azioni, lasciando ai posteri e alla storia il giudizio se ha agito dietro ispirazione divina.

2. Presa alla lettera, questa espressione ha generato fatti, e continua ancora a produrne, che sanno di sopraffazione e di conquista.
Basti ricordare alcuni dei famosi motti che la storia ci ha tramandato:

<<Deus nobiscum>> era il motto degli eserciti del primo millennio
<< Dio lo vuole!>>, fu il grido di battaglia usato da Pietro l’eremita;

<< Kamikaze >> = vento divino;
<< Gott mit uns >> portava scritto sulla fibbia del cinturone l’esercito tedesco;

<< In God we trust>>  è il motto degli Stati Uniti d’America che sostituì  “E pluribus unum”. Fin qui nulla da osservare! Scritto, però, sulle banconote è alquanto deviante!

Sono tutti motti che fanno riferimento a Dio per allargare il proprio dominio o con le armi o col denaro.

Dio, incarnandosi, ha messo al centro l’uomo. Assumiamoci le responsabilità del nostro agire personale e sociale dando valore ai contenuti della nostra fede praticandoli in prima persona.
Il cristiano non impone, ma propone soprattutto il suo stile di vita.

C. Dopo pranzo il Risorto dà la pagella a Pietro

L’esame verte sull’amore divino incarnato da Gesù ( il verbo che lo esprime è “agapào”).
Viene chiesto a Pietro non di argomentare su questo tipo di amore, ma se sa viverlo pure lui così come ha fatto il suo Maestro: se riesce ad essere un unicum con lui mediante questo tipo di amore.
Pietro approfitta che Gesù ha voltato lo sguardo verso il mare e d’un fiato risponde: ma certo, tu lo sai che ti sono amico.( filo se!).
E il Risorto: ma io non ti ho chiesto questo. Ti ho detto: agapas me?
Pietro comincia a sentirsi stretto, ma col suo intuito coglie un secondo frammento di “distrazione” di Gesù per dargli, elaborata, la stessa risposta:filo se
Il Risorto si volta, ma Pietro non regge il suo sguardo, abbassa gli occhi e si rattrista.
Gesù gli si avvicina e gli sussurra: fileis me? 
E Pietro: filo se!
Che dire?
Il Risorto torna nuovamente a “incarnarsi” nella situazione di Pietro e lo promuove. Ma nel contempo gli dice: seguimi.

In questo racconto c’è la storia di ogni cristiano. Gesù con la sua resurrezione non si è allontanato da noi, ma continua a camminare a nostro fianco per accompagnarci sulla via tracciata da lui.


SECONDA DOMENICA DI PASQUA, in Albis FESTA DELLA DIVINA MISERICORDIA

Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime

“Io sono come san Tommaso!”, si sente dire spesso!
Ebbene, l’apostolo Tommaso si è dimostrato assiduo all’appuntamento domenicale della Comunità anche se a lui il Risorto non era apparso.
Finché è arrivato anche per lui il momento di “percepire” la presenza del Risorto e di professare per primo, tra gli apostoli, la sua fede: Signore mio e Dio mio.
Stiamo attenti!
Quando estrapoliamo spezzoni di frasi o di comportamenti di una persona rischiamo di offrirne un’immagine distorta oppure lo facciamo perché dobbiamo giustificare il nostro modo di vivere.
Con la sua perseveranza Tommaso è riuscito a nutrire di fede i suoi riti religiosi.

P A S Q U A

Ogni domenica è chiamata Pasqua della settimana.
La liturgia, però, dà grande risalto alla prima di queste Pasque settimanali proponendoci di viverla nell’arco di otto giorno.  Oggi, seconda domenica di Pasqua, termina questo ottavario.
È evidente che la fede dei credenti, recepita dalla liturgia, vede la Pasqua come  “la festa”  della comunità cristiana.
Per otto giorni, durante gli incontri di preghiera, abbiamo ripetuto:Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo.
Un unicum in otto giorni!
Peccato che sono pochi i cristiani che vivono questo clima liturgico. Per la maggior parte la Pasqua è già passata! 
 Perché un così grande rilievo è dato alla Pasqua?
La risposta ce la dà san Paolo: se Cristo non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede ( cfr 1 Cor. 15,17 ).
La risurrezione è come la “prova provata” che Gesù di Nazareth non ha mentito quando si è presentato come l’inviato di Dio, il Messia.
Con la risurrezione siamo certi che Dio si è fatto uomo in Gesù: si è incarnato per tracciare in questo mondo segnato dal male, l’unica strada che porta alla vita eterna ed è quella dell’incarnazione o della misericordia.
Il credente deve  percorrere la via dell’incarnazione  avendo la Pasqua come meta.
Se viviamo lo spirito del Natale, cioè dell’incarnazione, potremo sperare di giungere alla  Pasqua. Ecco perché a conclusione delle feste natalizie la liturgia ci fa annunciare la data della Pasqua.
Tra il Natale e la Pasqua c’è la strada dell’incarnazione: quella che ci fa scendere da cavallo e ci fa prendere cura del prossimo stanco e sfiduciato, accasciato lungo i margini della vita sociale. In una parola: i panni dell’incarnazione non sono quelli della festa, ma quelli che ci permettono di “sporcarci le mani” e di impolverarci. Li possiamo chiamare : i panni della misericordia!
Non dobbiamo mai dimenticare che il tempo della fede è scandito dai palpiti dell’incarnazione.
Il Natale diventa criterio di valutazione dei nostri giorni.
La fede in Gesù che è “passato” (= pasqua) da questo mondo al Padre attraverso la strada dell’incarnazione, ci oriente a tracciare il cammino della misericordia e ci incoraggia a percorrerlo.

Proposta
Prendiamo dal libro dell’Esodo 3,7 i verbi che ci mettono in cammino sulle strade della misericordia:
1. Ho osservato la miseria del mio popolo ( avere lo sguardo panoramico per vedere la realtà che ci circonda)
2. Ho udito il suo grido ( metterci in ascolto per com-prendere le difficoltà del prossimo )
3. Conosco le sue sofferenze ( per intervenire con gesti mirati )
4. Sono sceso : ( abbandono il mio ambiente per condividere l’ambiente del prossimo)
a) per liberarlo (questo chiedeva il popolo: uscire da una condizione di schiavitù e questo il Signore Dio compie);
b) per condurlo verso un paese bello e spazioso ( il misericordioso si fa compagno di viaggio; affianca i discepoli di Emmaus per farli uscire dal dubbio e dallo scoraggiamento e portarli alla fede).

La devozione alla “Divina Misericordia”  non può fermarsi alla preghiera e alla contemplazione dell’immagine  di Gesù misericordioso, né a raccontare le apparizioni avute da santa Faustina.
Tutto ciò è buono se ci aiuta a vedere i fratelli che arrancano sul cammino della vita e ci porta ad affiancarli.
<< Camminare insieme >> deve essere il motto di tutti i credenti in Cristo, Volto della Misericordia del Padre.