Pereto - Rocca di Botte

mercoledì 4 maggio 2016

QUARTA DOMENICA DI PASQUA

Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.

1. Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni.

La quarta domenica di Pasqua ci propone sempre un brano del vangelo che parla di Gesù, buon pastore.   Per questo motivo la giornata è dedicata alla preghiera per le vocazioni, secondo l’invito di Gesù: pregate il padrone della messe perché mandi operai alla sua messe.
Ascoltiamo Gesù e, all’unisono,  eleviamo preghiere per le vocazioni.

Oltre a pregare, oggi dobbiamo anche riflettere sulla vocazione che ci accomuna tutti e dire grazie per essere stati donati a noi stessi.
Vivere da dono equivale a prodigarci per il bene del prossimo. Il dono, infatti, è tale quando è offerto.  Il dono non appartiene a se stesso ma ad altri.
Diceva il papa Paolo VI: Ogni vita è vocazione.
Siamo stati chiamati alla vita per donarci.   Ognuno, poi, concretizza questa comune chiamata ( = vocazione ) secondo la propria indole e la propria sensibilità.

Possiamo ora facilmente comprendere che la misericordia è il primo modulo che incarna la vocazione vista come dono di sé.
Non farlo è come rinnegare la nostra stessa natura; è come se dicessimo: io sono astemio all’acqua!

2. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno.

a) Gesù propone un fine positivo a chiunque lo segue: vita eterna.
Chi lo segue non ha davanti a sé come meta, “il nulla eterno”, ma l’ingresso in una esistenza che non conosce stagioni.
Dice san Paolo: saremo trasformati.
Non sappiamo i connotati della vita eterna, ma ne abbiamo certezza di fede in Cristo risorto che stiamo celebrando in questo tempo di Pasqua come primo di coloro che risorgono.

“Io do loro la vita”: la vita eterna è un dono.
Sapere questo ci aiuta a comprendere le predisposizioni interiori di chi offre e di chi riceve il dono.
Chi non è stato alcune volte donatore e altre volte donatario?
Basti richiamare alla mente lo stato d’animo che avevamo nell’un caso e nell’altro.
Questo può facilitarci nel tessere la nostra relazione di fede alla sequela di Gesù, buon pastore.

b) Chi di fatto segue Gesù? A chi è donata la vita eterna?

La seconda lettura, dopo averci detto che coloro che seguono Gesù formano una moltitudine  che nessuno può cantare, risponde anche alla seconda domanda: la vita eterna è donata a “coloro che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello”.
Il Giubileo non trascorra invano, ma valorizziamolo immergendoci nel lavacro della misericordia divina e indossiamo l’abito della bontà, dell’umiltà, della mansuetudine, della pazienza, della sopportazione e del perdono scambievole. Tutte qualità che si ritrovano nella simbologia della veste bianca battesimale.

3. I primi segnali di un bivio o di uno scisma?

Dopo la risurrezione  i discepoli di Gesù continuano a frequentare sia il tempio e sia le sinagoghe.
Parlavano di Gesù e di come Dio lo aveva sottratto alla morte.
Per loro l’evento Gesù doveva essere inserito nella tradizione religiosa di tutto il popolo. Non vedevano la vicenda del loro Maestro e la loro stessa esperienza avulse dalla tradizione dei Padri.

A mano a mano, però, anche a motivo dei dissapori e delle incomprensioni che sorgevano con gli ascoltatori, essi presero coscienza di essere portatori di un annuncio che non trovava spazi nella religione istituita, anzi, lo vedevano sempre più come un annuncio di rottura col passato.
Questa rottura non tarda ad arrivare.
Nella sinagoga di Antiochia in Pisidia se ne ha una prima avvisaglia: era necessario – dice Paolo – che fosse proclamata prima a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete (…) noi ci rivolgiamo ai pagani.
È bene notare che Paolo scopre la sua vocazione di apostolo delle genti grazie a questa incomprensione.
Egli durante i suoi viaggi continuerà a frequentare la sinagoga là dove c’è, ma nello stesso tempo fonda comunità con una identità propria basata sull’annuncio di Gesù crocefisso e risorto.


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