Pereto - Rocca di Botte

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lunedì 29 febbraio 2016

Catechesi della Misericordia: preparazione alla Pasqua.


Pellegrinaggio S. Gabriele dell'Addolorata - Forania Carsoli


domenica 21 febbraio 2016

SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA






La preghiera illumina il volto

1.      Pregare non è dire le preghiere

Gesù con la sua trasfigurazione ci insegna che altro è pregare e altro è dire le preghiere. Egli prega immergendosi nel mistero divino portandovi dentro le vicende della sua vita.
È facile pensare che abbia trasformato in preghiera sia lo smarrimento dei discepoli ai quali aveva confidato la sua dipartita in Gerusalemme, sia la lettura che egli ne faceva alla luce della tradizione religiosa fondata sugli insegnamenti di Mosè e di Elia.

2.      Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno.

Viene da pensare che la Domenica se non entriamo nel clima di preghiera,  dormire forse no ( ci siamo appena alzati ), ma sicuramente siamo assaliti da noia.
Ugualmente accade a chi non trova spazio in partita, oppure in piazza non riesce ad entrare in dialogo.
È accaduto a Pietro, Giovanni e Giacomo sia in questa circostanza sul monte, sia nell’orto degli ulivi.
Oggi il vangelo ci dice che << Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno>>; mentre nell’orto degli ulivi << dormivano per la tristezza>>.
Nell’un caso e nell’altro i discepoli hanno assicurato la sola presenza fisica , ma il loro cuore era altrove.
Se oggi in chiesa proveremo a immergerci nei contenuti della preghiera, il tempo ci sembrerà breve e la luce degli occhi renderà superfluo ogni cosmetico.

3.      Abramo, padre di tutti i credenti.

a)      Così lo definisce la Sacra Scrittura.   Nella lettura di oggi ci viene presentato immerso nella
natura della quale si sente parte, ma nel contempo ne è attento osservatore. Ciò gli permette di cogliere la propria unicità rispetto a tutto quanto lo circonda.    Non si sente avvolto dal mondo e dai suoi elementi: Abramo li guarda, li osserva, li interroga a cominciare dalle stelle fino alla sabbia che calpesta. Tutto lo aiuta a darsi risposte e a camminare con fede sui tratturi della vita.
Non è un idealista né un romantico “ante litteram”: i suoi greggi ed armenti gli impediscono di sognare!
Ad Abramo urgono risposte concrete che trova con l’aiuto della sua fede incipiente.

b)      In un primo momento cerca scorciatoie appellandosi al “così fan tutti” suggerito dalla cultura del tempo. Ma il figlio avuto da Agar mette in crisi il suo “matrimonio”.
Per salvarlo fu costretto a prendere una drastica decisione nei confronti della schiava e di suo figlio Ismaele.
Costoro però non furono abbandonati dall’Angelo del Signore!
Il gesto dell’allontanamento doveva contribuire a purificare la cultura del tempo con la fede e, sempre mediante la fede, a introdurre Abramo nei “tempi” di Dio.
Infatti se Abramo e Sara avessero avuto un discendente in “età fertile”, difficilmente Isacco  sarebbe stato  accolto come “figlio della promessa”.

c)      La lettura di fede della storia personale e di quella comunitaria avviane sempre “a posteriori”: si configura come una rilettura del passato alla luce di una fede non più condizionata dall’affanno e dall’incertezza del futuro. È una lettura pacata che permette di vedere come Dio ha tracciato la via ai lenti passi dell’uomo che arranca per sentieri impervi.

Siamo alla conclusione del primo trimestre dell’Anno della Misericordia.
Avvertiamo qualche germe primaverile oppure il seme è ben pressato sotterra?

GLOSSARIO DEL GIUBILEO

4 BIS:      MISERICORDIA  ( Segue )

È stato detto che la misericordia è il più grande attributo di Dio. Proprio per questo il Signore si è com-mosso: ha lasciato la sua condizione divina per indossare i nostri panni.
Il Cristianesimo è la religione della Incarnazione.
Del resto anche noi diciamo: “mettiti nei miei panni” quando desideriamo che un amico ci comprenda in pienezza.
Il cuore di Dio si commuove dinanzi all’uomo impigliato nella rete delle proprie fragilità. Si muove a compassione. Per questo si è mosso da cielo: per patire con noi. Ha preso su di sé le nostre debolezze. Non si sente estraneo dinanzi alla nostra sofferenza, perciò si è mosso; è sceso da cavallo e ha condiviso la cavalcatura col malcapitato.

Si sente corresponsabile: Gesù risponde di noi presso il Padre, fino a donare la sua vita. Muore al posto del peccatore. 

PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA





Convertitevi e credete al vangelo!

1.      È questione di fede
La Comunità si è ritrovata pressoché al completo alla celebrazione di inizio della Quaresima. Ciò lascia ben sperare circa l’impegno di progredire sulle vie proposte dal vangelo.
Ci è stato detto che la conversione dipende dalla fede: più crediamo in Dio e sua alla Parola, più speditamente camminiamo sulla via della penitenza evangelica.
La misericordia divina sia balsamo e ristoro lungo le tappe quaresimali. Buona Quaresima!

2.      Dal pensiero all’azione.
Prima di iniziare la predicazione, Gesù si ritira per riflettere su come presentarsi al popolo per farsi conoscere nella sua identità di Messia.( Sappiamo che gli è costato sacrificio; per cui a noi se non costa nulla dirci cristiani forse stiamo sulla strada sbagliata!)
Il discernimento che Gesù fa nel deserto ci viene raccontato come una lotta tra il suo essere uomo e il suo essere Dio. Con quali criteri programmare la predicazione con quelli che sono suggeriti da Dio o con quelli vengono  dall’uomo?
Sembra che l’Incarnazione non abbia ancora ripristinato la relazione di comunione tra l’uomo e Dio. È necessario che Gesù si sottoponga alla prova dell’Eden.
Tutti sperimentiamo la conflittualità interiore che san Paolo ci racconta con queste parole: Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto. ( Rom. 7,15 ).
Allo stesso Paolo però vien detto: ti basta la mia grazia ( 2 Cor. 12,9 ).
Gesù supera questa conflittualità a tal punto da sentirsi libero di disporre della sua vita: nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo ( Giov. 10,18 ).
Per raggiungere la piena libertà di fronte al male, Gesù ha seguito il seguente criterio:
a)      Si è nutrito della parola di Dio senza dimenticare di sfamare le folle;
b)      Si è messo in preghiera e in adorazione del Padre al punto da trasfigurarsi nel volto  senza mettere a disagio chi l’avvicinava;
c)      Non ha reso vano il nome di Dio pur dando dignità all’uomo.
Ha capovolto, cioè, i criteri che ispirano il nostro agire che sono:
-          La ricerca del “soldo” e di tutto ciò che simboleggia;
-          Dal possesso del denaro a sentirsi “potenti” il passo è breve ( Voglio e posso! );
-          Come terzo gradino:la ricerca del successo con gli “intrecci”  celati che annoda.
Ci rendiamo conto che molti sono gli ambiti sui quali fare discernimento in questo tempo quaresimale.

3.      Dalla prima lettura.
a)      Domenica scorsa ci siamo soffermati sulla fede in Dio creatore. Sul fondamento di questa fede la sacra scrittura ci tramanda l’offerta delle primizie a Dio come segno di ringraziamento per aver dato all’uomo l’utilizzo di questo mondo per ricavarne i beni necessari alla vita.
Oggi la liturgia ci propone la preghiera che il pio israelita pronuncia mentre presenta le primizie all’altare.
La preghiera consiste nel raccontare i cosiddetti <<magnalia Dei>> (= le grandi cose fatte dal Signore in favore del popolo ).
Anche la Madonna, nel Magnificat, racconta ciò che il Signore ha operato in lei e nella vita del suo popolo.

b)     La preghiera riferita dalla prima lettura di oggi racconta la liberazione dall’Egitto grazie ad un intervento di Dio.
Il pio israelita vede la Palestina come “terra promessa” e, quindi, come dono di Dio. Questo è un nuovo motivo, che si aggiunge a quello della fede in Dio creatore, per offrirgli le primizie.
La preghiera inizia riconoscendo la condizione dei Padri che erano Aramei erranti ( oggi diremmo: migranti, apolidi, senza fissa dimora, clandestini … ), che comprarono un fazzoletto di terra in Palestina da destinare alla sepoltura. Qui, figgiti dall’Egitto, gli Ebrei portarono le ossa di Giuseppe.
La sacra Scrittura ci racconta, poi,  come si espansero e si insediarono mediante la conquista.

c)      La lettura stimola la riflessione sul discernimento dei segni della presenza di Dio nella nostra storia, perché ancora oggi il credente cede alla tentazione di far passare come volere di Dio proprie aspirazioni, oppure occupa spazi e ruoli in suo nome.

E che dire dei tanti fenomeni e miracoli che la cronaca registra?

Resta, tuttavia, un dato certo: Dio si rende presente nella nostra storia: non è un Dio lontano! A noi il compito non facile di metterci sulla sua lunghezza d’onda.
Come fare?
Ci possono aiutare le parole dell’apostolo Giovanni:Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro ( 1 lettera di Giovanni 3,3 ). Una coscienza pura è, dunque, lo strumento base che ci mette nella condizione di metterci alla presenza di Dio innanzitutto là dove egli ci ha detto di stare: comunione fraterna, ascolto religioso della Parola, Sacramenti.
Se non riusciamo a trovarlo qui, fermiamoci e riflettiamo; cercarlo altrove potrebbe significare che andiamo alla ricerca del sensazionale: da qui, cadere nella superstizione, il passo è breve.
Del resto, nelle tentazioni del deserto Gesù non rifiuta proprio il sensazionale?    

Gesù pianse su Gerusalemme per non aver saputo riconoscere il tempo in cui era stata visitata.
Saper riconoscere i segni della presenza di Dio nella nostra storia non solo è importante, ma doveroso.
Il Risorto dice: ecco, sto alla porta e busso.

Segni non eclatanti, ma silenziosi e discreti che dobbiamo saper discernere nella fede ed accoglierli entro un clima di misericordia e di carità operosa. 

Mercoledì delle ceneri




Inizia oggi il periodo di quaresima: quaranta giorni in cui siamo invitati a ripensare la nostra vita di fede, a verificare la nostra adesione a Cristo, per andare all'essenziale. E lo facciamo con l'austero segno dell'imposizione delle ceneri.



Quaranta giorni all'anno, non molti, ad essere sinceri. Ma sufficienti, se vissuti con verità. Quaranta giorni per prepararci ancora una volta allo stupore della Pasqua, quaranta giorni per ritrovare il bandolo della matassa di una vita troppo spesso travolta dalle cose da fare, delle preoccupazioni infinite che la crisi economica sembra amplificare all'infinito... Quaranta giorni per fare argine, per costruire o ricostruire una diga contro la dittatura delle cose da fare, dell'efficienza a tutti i costi, della produttività. Quaranta giorni da vivere con gioia interiore, andando all'essenziale, per vivificarsi, non per mortificarsi, per ridare ossigeno alla fiamma della fede che sembra continuamente spegnersi. E oggi, nella chiesa latina, iniziamo questo cammino ridando proporzione alle cose che facciamo. Davanti a quel segno così antipatico, l'imposizione delle ceneri, ci ricordiamo che fra cento anni di noi non ci sarà più nulla. Vale la pena, allora, affannarsi così tanto intorno a cose che non servono? Il tempo di crisi, se non altro, ha il vantaggio di ricordare a tutti chi e che cosa vale veramente nella nostra vita. Ripartiamo dall'essenziale.