Pereto - Rocca di Botte

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lunedì 23 febbraio 2015

I Domenica di Quaresima (anno B)

Non rendiamo più triste il nostro già triste cristianesimo, rendiamolo più agile, più vero, più temprato, più cattolico. Questo, certo, vorrà dire abbandonare l'uomo vecchio, ma per qualcosa di ben più prezioso di una medaglia d'oro. 

Gesù inizia la sua vita pubblica nel deserto. C'è molta Bibbia, dietro questa scelta: i quarant'anni nel deserto di Israele, il deserto luogo di incontro dei Profeti, da Isaia a Osea, il Battista... Gesù va nel deserto dopo il battesimo, sospinto dallo Spirito. Solo i credenti, i battezzati, coloro che cercano ancora e meglio Dio, sanno sentire lo Spirito e spingersi nel deserto. Lo Spirito ci spinge nel deserto, quando la nostra vita di credenti scricchiola, vacilla, si stanca, o, peggio, si siede. Il credente va nel deserto, perché nel deserto si riscopre fuggiasco, pellegrino, viandante. Il deserto è nel nostro cuore, perché nel deserto possiamo avvertire la sottile e silenziosa presenza di Dio. Marco ha una curiosa annotazione: stava con le fiere e gli angeli lo servivano. Nel deserto, quando gettiamo le maschere, quando ci mettiamo in gioco, quando siamo tentati dall'avversario, siamo assaliti dalle fiere. L'orgoglio, l'invidia, la rabbia, la blasfemia, la violenza abitano in noi, sono accovacciati in un angolo della nostra interiorità. È ingenuo pensare di non esserne sedotti, è cristiano scegliere di lasciarli fuori dalla porta. Il discepolo sa di non essere migliore dei non credenti, vuole solo essere più vigile.

lachiesa.it


SANTA MESSA, BENEDIZIONE E IMPOSIZIONE DELLE CENERI

Come popolo di Dio incominciamo il cammino della Quaresima, tempo in cui cerchiamo di unirci più strettamente al Signore, per condividere il mistero della sua passione e della sua risurrezione.
La liturgia di oggi ci propone anzitutto il passo del profeta Gioele, inviato da Dio a chiamare il popolo alla penitenza e alla conversione, a causa di una calamità (un’invasione di cavallette) che devasta la Giudea. Solo il Signore può salvare dal flagello e bisogna quindi supplicarlo con preghiere e digiuni, confessando il proprio peccato.
Il profeta insiste sulla conversione interiore: «Ritornate a me con tutto il cuore» (2,12).
Ritornare al Signore “con tutto il cuore” significa intraprendere il cammino di una conversione non superficiale e transitoria, bensì un itinerario spirituale che riguarda il luogo più intimo della nostra persona. Il cuore, infatti, è la sede dei nostri sentimenti, il centro in cui maturano le nostre scelte, i nostri atteggiamenti. Quel “ritornate a me con tutto il cuore” non coinvolge solamente i singoli, ma si estende all’intera comunità, è una convocazione rivolta a tutti: «Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo» (v. 16).
Il profeta si sofferma in particolare sulla preghiera dei sacerdoti, facendo osservare che va accompagnata dalle lacrime. Ci farà bene, a tutti, ma specialmente a noi sacerdoti, all’inizio di questa Quaresima, chiedere il dono delle lacrime, così da rendere la nostra preghiera e il nostro cammino di conversione sempre più autentici e senza ipocrisia. Ci farà bene farci la domanda: “Io piango? Il Papa piange? I cardinali piangono? I vescovi piangono? I consacrati piangono? I sacerdoti piangono? Il pianto è nelle nostre preghiere?”. E proprio questo è il messaggio del Vangelo odierno. Nel brano di Matteo, Gesù rilegge le tre opere di pietà previste nella legge mosaica: l’elemosina, la preghiera e il digiuno. E distingue, il fatto esterno dal fatto interno, da quel piangere dal cuore. Nel corso del tempo, queste prescrizioni erano state intaccate dalla ruggine del formalismo esteriore, o addirittura si erano mutate in un segno di superiorità sociale. Gesù mette in evidenza una tentazione comune in queste tre opere, che si può riassumere proprio nell’ipocrisia (la nomina per ben tre volte): «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro…Quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti…Quando pregate, non siate simili agli ipocriti, che…amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. … E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti» (Mt 6,1.2.5.16). Sapete, fratelli, che gli ipocriti non sanno piangere, hanno dimenticato come si piange, non chiedono il dono delle lacrime.
Quando si compie qualcosa di buono, quasi istintivamente nasce in noi il desiderio di essere stimati e ammirati per questa buona azione, per ricavarne una soddisfazione. Gesù ci invita a compiere queste opere senza alcuna ostentazione, e a confidare unicamente nella ricompensa del Padre «che vede nel segreto» (Mt 6,4.6.18).
Cari fratelli e sorelle, il Signore non si stanca mai di avere misericordia di noi, e vuole offrirci ancora una volta il suo perdono - tutti ne abbiamo bisogno - , invitandoci a tornare a Lui con un cuore nuovo, purificato dal male, purificato dalle lacrime, per prendere parte alla sua gioia. Come accogliere questo invito? Ce lo suggerisce san Paolo: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor5,20). Questo sforzo di conversione non è soltanto un’opera umana, è lasciarsi riconciliare. La riconciliazione tra noi e Dio è possibile grazie alla misericordia del Padre che, per amore verso di noi, non ha esitato a sacrificare il suo Figlio unigenito. Infatti il Cristo, che era giusto e senza peccato, per noi fu fatto peccato (v. 21) quando sulla croce fu caricato dei nostri peccati, e così ci ha riscattati e giustificati davanti a Dio. «In Lui» noi possiamo diventare giusti, in Lui possiamo cambiare, se accogliamo la grazia di Dio e non lasciamo passare invano questo «momento favorevole» (6,2). Per favore, fermiamoci, fermiamoci un po’ e lasciamoci riconciliare con Dio.
Con questa consapevolezza, iniziamo fiduciosi e gioiosi l’itinerario quaresimale. Maria Madre Immacolata, senza peccato, sostenga il nostro combattimento spirituale contro il peccato, ci accompagni in questo momento favorevole, perché possiamo giungere a cantare insieme l’esultanza della vittoria nel giorno della Pasqua. E come segno della volontà di lasciarci riconciliare con Dio, oltre alle lacrime che saranno “nel segreto”, in pubblico compiremo il gesto dell’imposizione delle ceneri sul capo. Il celebrante pronuncia queste parole: «Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai» (cfr Gen 3,19), oppure ripete l’esortazione di Gesù: «Convertitevi e credete al Vangelo» (cfr Mc 1,15). Entrambe le formule costituiscono un richiamo alla verità dell’esistenza umana: siamo creature limitate, peccatori sempre bisognosi di penitenza e di conversione. Quanto è importante ascoltare ed accogliere tale richiamo in questo nostro tempo! L’invito alla conversione è allora una spinta a tornare, come fece il figlio della parabola, tra le braccia di Dio, Padre tenero e misericordioso, a piangere in quell’abbraccio, a fidarsi di Lui e ad affidarsi a Lui.

vatican.va


lunedì 2 febbraio 2015

IV Domenica del Tempo Ordinario (anno B)

 “Andarono a Cafarnao e, entrato proprio di sabato nella sinagoga”
Gesù, insieme ai suoi primi apostoli vive una vita comune: è sabato e come tutti i giudei, va alla sinagoga: ascolta la lettura della Bibbia, sente la spiegazione del testo fatta dallo scriba e prega con gli altri. E’ un insegnamento per le famiglie cristiane: è domenica, si va insieme alla chiesa, si ascoltano le letture, si ascolta l’omelia, si prega. Se tutte le famiglie cristiane si comportassero così sarebbe una vera rivoluzione epocale!

“insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi.”
I presenti nella sinagoga possono anche fare un commento e Gesù parla e racconta, spiega in maniera talmente nuova ed originale che tutti sono entusiasti e si stupiscono del suo insegnamento. Averne di gente così durante le nostre omelie! Non sappiamo cosa abbia detto e forse nessuno se ne ricorda, ma tutti si ricordano del fatto che Gesù parla con autorevolezza, non come gli scribi.
Colpisce perché parla di cose che sta vivendo, perché fa diventare vita ciò che legge.
Come la gente di Cafarnao, anche noi ci incantiamo ogni volta che incontriamo qualcuno con parole che trasmettono la sapienza del vivere, una sapienza sulla vita e sulla morte, sull’amore, sulla paura e sulla gioia. Averne di riflessioni così vive! Averne di discussioni così autorevoli nell’ambito familiare, invece di farsi prendere dal messaggio della TV che domina tutto il resto.
La gente nota questo particolare dell’autorità della parola di Gesù. E’ un’autorità che viene non solo dal suo parlare, ma anche dal suo essere; è l’autorità che in famiglia spetta ai genitori: forse si sta parlando di argomenti che i figli padroneggiano meglio dei genitori, ma il loro ruolo specifico fa sì che il pensiero di un padre o di una madre debba avere sempre un peso diverso dagli altri membri, . perché hanno l’autorità non solo di parlare ma di far sì che ciò di cui si parla possa accadere.
E’ l’autorità che nasce non dal dire il Vangelo, ma dal fare il Vangelo, non dal predicare ma dal diventare Vangelo, tutt’uno con ciò che annunci: una buona notizia che libera la vita.
Occorre mandare in rovina il regno ingannatore degli uomini genuflessi davanti agli idoli: potere, denaro, successo, egoismi. È a questi desideri sbagliati che Gesù dice due sole parole: taci, esci da lui. Dobbiamo valutare la serietà del nostro cristianesimo, opporsi al male dell’uomo, portare liberazione da ciò che ci opprime dentro, da ciò che ci soffoca.

“un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo”
Nella sinagoga, cioè nella chiesa, c’era uno spirito immondo!? Incredibile! Nel luogo sacro a Dio è presente uno spirito che è la negazione stessa di Dio. Perché gli scribi non se ne erano accorti?
Come è simile a tante nostre chiese! Sono chiuse alle cose nuove; tutto è scontato, tutto va bene, purché non si creino problemi, cioè, cose nuove. La prima conversione da praticare è all’interno della comunità, non fuori. Iniziare da dentro, dal nostro ambiente, da noi. Non basta il luogo santo, occorre la novità, l’arrivo di Gesù.
E’ la nostra vita. Si sente spesso come tutti abbiano delle aspettative nei nostri confronti. Come rispondere a tutti: famiglia, lavoro, vita sociale, amici… A volte non sappiamo più chi siamo. Spesso terminiamo il lavoro, ma non stacchiamo la spina.
Gesù comanda al demonio di uscire dall’uomo: “Lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui”. Talvolta anche noi sentiamo il bisogno di gridare, di buttare fuori la nostra rabbia, la paura che ci perseguita, il dolore che ci paralizza, quel demone che ci vuole schiavi: preferiamo rinchiuderci nelle nostre paure che lasciare che Gesù “rovini” la nostra vita.
Non basta la famiglia per trovare la serenità. Quante famiglie vivono in uno stato di continua tensione, di contrasto quotidiano! Allora occorre trovare la novità! Ed è a portata di mano, è Gesù!
Gesù è pronto al confronto e può aiutare meglio chi si manifesta che chi fa finta di niente. Facciamo una vero confronto fra le cose che propone il mondo (sballo, divertimento, denaro, sesso, carriera) e quelle che insegna Gesù. Anche noi, alla fine, ripeteremo le parole della gente della Palestina: “Chi è mai costui? Ci sta dando un insegnamento nuovo che rivoluziona la nostra vita e ce la fa godere.”

“Che c’entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci!”
L’affermazione dell’indemoniato è terribile. È demoniaca una fede che tiene il Signore lontano dalla quotidianità, che lo relega nel sacro senza calare nella dura quotidianità. È demoniaca una fede che resta alle parole che professa la fede in un Dio che non c’entra con la nostra vita.
L’indemoniato è anonimo -può essere chiunque di noi ed è la figura di colui che rifiuta la Parola. L’uomo posseduto dallo spirito impuro grida, un po’ come fanno i bambini, quando non hanno ancora le parole per esprimersi. Gesù libera l’uomo dal demonio, mentre tutti ne hanno paura, e compie questo nel giorno di sabato, cosa non consentita secondo la legge.
Il rischio presente nella nostra Chiesa è di credere, pasciuti e annoiati, di possedere una fede chiusa nel recinto del sacro, una fede fatta di formalismi e di tradizioni, che però non riesce ad incidere, a cambiare la mentalità e il destino del mondo. Una fede che non cambia la vita, l’economia, la politica, la giustizia, è una fede fintamente cristiana. La sfida è tornare ad essere veri discepoli.

“Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità”.
Così dice la gente, ammirata di Gesù. Ha ragione! Gesù ha rivoluzionato la storia sbalordendo tutti.
Così il Cristianesimo può divenire un insegnamento nuovo. L’esempio ci viene da Cristo: l’amore, lo spirito di sacrificio, la disponibilità al servizio, la povertà, la purezza d’animo, la tolleranza sono virtù possibili.
Al centro è il tema della parola con particolare accento sulla sua efficacia e sulla sua autorevolezza.
Nel nostro mondo che vive della comunicazione personale e di massa, siamo abituati a relazionarci tra di noi utilizzando differenti linguaggi. Ma i messaggi di cui spesso siamo inconsapevoli destinatari, pensiamo solo alle pubblicità, hanno finalità non sempre ben evidenti e chiare per tutti. Così i buoni profeti parlano e agiscono in coerenza e i cattivi invece sono attenti solo alle cose del mondo (potere, soldi, etc.). E’ questa la differenza tra chi parla per cultura, come gli scribi, e Gesù, che è autorevole perché dimostra con i fatti che la parola può liberare l’uomo, e acquista autorevolezza perché coerente nel vivere la volontà di Dio. Anche noi possiamo essere, seppure in modo molto limitato, parola vivente con la nostra testimonianza.
L’indemoniato reagisce alle proposte di Gesù e si spaventa, ma chi non reagisce è peggiore, perché o non ha capito o fa solo finta di ascoltare, per non permettere alla parola di Gesù di scalfirlo, e continua a vivere una religiosità tranquilla.
misterogrande.org