Pereto - Rocca di Botte

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mercoledì 14 dicembre 2016

III Domenica di Avvento - "Gaudete"



« I ciechi vedono…, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella »

« Colui che viene dopo di me è più potente di me; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco » (Mt 3, 11). Diremo forse che l’opera di battezzare in Spirito Santo e fuoco è di un’umanità simile alla nostra? Come potrebbe esserlo? Eppure, parlando di un uomo che non si è ancora fatto conoscere, Giovanni dichiara che egli battezza « in Spirito Santo e fuoco ». Non trasmettendo ai battezzati uno spirito non suo, come avrebbe fatto un servo qualsiasi, bensì come uno che è Dio per natura, e dona con sovrana potenza quello che viene da lui e a lui appartiene come suo essere. Per questa grazia, l’impronta divina si imprime in noi.

Infatti, in Cristo Gesù, siamo trasformati, fatti simili all’immagine divina; non perché il nostro corpo sia nuovamente plasmato, ma perché ricevendo lo Spirito Santo possiamo entrare in possesso di Cristo stesso, al punto di poter gridare ormai nella gioia: « La mia anima esulta nel Signore, perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza » (Is 61,10). Infatti, dice l’apostolo Paolo: « Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo » (Ga 3,27).

Siete forse stati battezzati in un uomo? Silenzio, tu che sei soltanto uomo; vuoi forse abbassare fino a terra la nostra speranza? Siamo stati battezzati in un Dio fatto uomo; egli libera dalle loro pene e dalle loro colpe quanti credono in lui. « Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo… Dopo riceverete il dono dello Spirito Santo » (At 2,38). Allontana chi si attacca a lui… Fa sgorgare in noi la sua stessa natura… Lo Spirito appartiene in proprio al Figlio, che è divenuto un uomo simile a noi. Infatti egli è la vita di tutto quanto esiste.

martedì 6 dicembre 2016

Immacolata Concezione della B.V. Maria, solennità

Maria immacolata, piena di grazia particolare per i meriti di tuo figlio

Voi tutti che siete capaci di discernimento, venite e ammiriamo 
la Vergine madre, figlia di Davide... 
Venite e ammiriamo la Vergine purissima, 
meraviglia, unica fra le creature. 

Ha dato la vita senza conoscere uomo, 
con l’anima purissima colma di stupore. 
Ogni giorno il suo spirito si dedicava alla lode, 
poiché si rallegrava della doppia meraviglia: 
verginità conservata, figlio dilettissimo! 

Lei, perfetta colomba (Ct 6,8), ha portato in sé quell’aquila, 
il Vegliardo dei tempi (Dn 7,9), cantando le sue lodi: 
“Figlio mio, tu il più ricco, hai scelto di crescere 
in un nido povero. Arpa melodiosa, 
rimani nel silenzio come un bambino. 
Lasciami, per favore, cantare per te:... 

La tua dimora, figlio mio, è la  più grande di tutte, 
eppure hai voluto me come tua dimora. 
Il cielo è troppo piccolo per contenere la tua gloria, 
eppure io, la più umile degli esseri, ti porto. 
Lascia che  Ezechiele venga  a vederti sulle mie ginocchia, 
ch’egli riconosca in te colui che, sul carro, 
portava i cherubini (Ez 1)...; oggi, io ti porto... 
Con  gran tremore, i cherubini gridano: 
“Benedetto lo splendore dove risiedi!” (Ez 3,12). 
Questo luogo è in me, il mio seno è la tua dimora; 
Tengo il trono della tua maestà nelle mie braccia... 

Vieni a vedermi, Isaia, vedi e rallegriamoci! 
Ecco che ho concepito pur rimanendo vergine (Is 7,14). 
Profeta dello Spirito, ricco delle tue visioni 
Su, vedi l’Emmanuele che a te è rimasto nascosto... 
Su, venite, voi tutti che sapete discernere, voi che, con la vostra voce, rendete testimonianza allo Spirito... 
Svegliatevi, rallegratevi, ecco la messe! 
Guardate: nelle mie braccia, porto la spiga della vita.”

Inno su Maria, n° 7



II Domenica di Avvento


« Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri »

      Ad ogni lettore è evidente che Giovanni non soltanto ha predicato ma ha anche conferito un battesimo di conversione. Tuttavia non ha potuto dare un battesimo che rimettesse i peccati, perché la remissione dei peccati ci è concessa soltanto nel battesimo di Cristo. Per questo l'evangelista ha detto che «predicava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati» (Lc 3,3). Non potendo egli stesso dare il battesimo che avrebbe perdonato i peccati, annunziava colui che sarebbe venuto. Come la parola della sua predicazione era premonitrice della Parola del Padre fatta carne, così il suo battesimo... precedeva il battesimo del Signore, ombra della verità (Col 2,17). 

      Questo medesimo Giovanni interrogato su chi egli fosse, rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto» (Gv 1,23; Is 40,3). Il profeta Isaia l'aveva chiamato «voce» perché precedeva la Parola. Ciò che egli gridava, ci viene insegnato dopo: «Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri». Cosa fa colui che predica la fede retta e le opere buone, se non preparare la via nei cuori degli uditori per il Signore che viene? Allora la grazia onnipotente potrà penetrare nei cuori, la luce della verità potrà illuminarli... 

      San Luca aggiunge: «Ogni burrone sia riempito, ogni monte e ogni colle siano abbassati». Cosa designano i burroni, se non gli umili, cosa designano i monti e i colli se non i superbi? Alla venuta del Redentore, secondo la sua parola: «Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato» (Lc 14,11)... Mediante la fede al mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Gesù Cristo (1 Tm 2,5), coloro che credono in lui hanno ricevuto la pienezza della grazia, mentre coloro che rifiutano di credere sono stati umiliati nella loro superbia. Ogni burrone sarà riempito, perché i cuori umili, accogliendo la parola della santa dottrina, saranno colmi della grazia della virtù, secondo quanto sta scritto: «Fai scaturire le sorgenti nelle valli» (Sal 104,10).

San Gregorio Magno (ca 540-604), papa, dottore della Chiesa 
Omelie sui vangeli, 20

I Domenica di Avvento

"Vegliate e pregate...: così sarete giudicati degni... di comparire davanti al Figlio dell'uomo" (Lc 21,36)

      Il tempo d'Avvento rappresenta le due venute di nostro Signore: prima la dolcissima venuta del "più bello tra i figli degli uomini" (Sal 45,3), del "desiderato di tutte le nazioni" (Ag 2,8 Vulg), del Figlio di Dio che ha manifestato chiaramente al mondo la sua presenza nella carne attesa e ardentemente desiderata da molto tempo da tutti i santi padri: la venuta quando è venuto nel mondo per salvare i peccatori. Questo tempo ricorda anche la venuta che attendiamo con sicura speranza e che molto spesso dobbiamo ricordare fra le lacrime, quella che avverrà quando il Signore verrà nella gloria in modo manifesto...: cioè nel giorno del giudizio quando verrà manifetamente a giudicarci. Pochi hanno conosciuto la prima venuta; nella seconda, si manifesterà ai giusti ed ai peccatori come annuncia il profeta: "Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!" (Is 40,5; Lc 3,6)... 

      Fratelli carissimi, seguiamo dunque l'esempio dei santi padri, ravviviamo il loro desiderio ed infiammiamo d'amore e desiderio di Cristo il nostro spirito. Sapete bene che la celebrazione di questo tempo è stata istituita per rinnovare in noi il desiderio che gli antichi padri avevano della prima venuta del Signore e affinché, attraverso il loro esempio, impariamo anche noi a desiderare il suo ritorno. Pensiamo a tutto il bene compiuto dal Signore  per noi alla sua prima venuta; quanto più ancora ne farà quando tornerà! Questo pensiero ci farà amare di più la venuta passata e desideraree di più il suo ritorno... 

      Se vogliamo conoscere la pce quando verrà, sforziamoci di accogliere con fede e amore la passata venuta. Restiamo fedeli nelle opere che ci ha manifestate e ci ha allora insegnate. Alimentiamo nel cuore l'amore per il Signore, e con l'amore il desiderio affinché, quando verrà, il Desiderato delle nazioni, possiamo posare lo sguardo su di lui con piena fiducia.


Sant'Aelredo di Rievaulx (1110-1167), monaco cistercense inglese 
Discorso per l'Avvento del Signore; PL 195, 363; PL 184, 818

XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

LE RICORRENZE DI QUESTA DOMENICA:

1.Gesù Cristo Re dell’universo, solennità.

Questa solennità è collocata a conclusione dell’Anno Liturgico quasi a voler significare il fine della storia dell’umanità e dell’intera creazione: tutto converge in Cristo.
Dice Gesù: il mio regno non è di questo mondo.
Questa risposta che Gesù dà a Pilato invita a scoprire l’originalità del regno e a studiarlo nella sua unicità così da mettere in evidenza ciò che gli è proprio e che lo distingue dai regni di questo mondo.
Per far ciò dobbiamo ricorrere ad altre parole di Gesù:
I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti.(Matteo 20, 25-28).
Nel vangelo di Luca leggiamo: il regno di Dio è in mezzo a voi (Luca 17,21).
Queste due affermazione, messe a confronto, ci portano a concludere che il regno di Dio non è l’utopia del credente, ma è il suo impegno di vita e coincide con la propria conversione al messaggio così radicale del vangelo che capovolge i criteri di ogni ambizione.
Il cristiano fa denuncie profetiche, dà voce a chi non ha voce, mediante la propria conversione.
Si può dire ancora che il regno di Dio è in questo mondo in modo “criptato” finché il credente non fa propria la logica dell’incarnazione che ha portato il Figlio dell’uomo a mettersi a servizio.

“Utopia” di Thomas More è giunta al suo quinto secolo (1516 – 2016).
Il credente una domanda se la deve pur fare: il messaggio evangelico è soltanto un ideale verso cui tendere;  un faro che ci evita di brancolare tra i meandri della storia?
Abbiamo iniziato il ventunesimo secolo dal primo annuncio del messaggio cristiano. La storia di questi due millenni ci ha trasmesso la fede di singoli credenti che hanno colto l’urgenza del messaggio e lo hanno tradotto in comportamento.
Ma il vangelo ci sollecita a tradurre il messaggio anche nelle istituzioni: i capi delle nazioni esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi.
Avviare una semplice riflessione è poco rispetto all’urgenza del messaggio che deve essere tradotto non soltanto nelle costituzioni delle istituzioni tra credenti ( le aggregazioni ecclesiali religiose o laicali) me nel vissuto dei membri delle stesse associazioni.
Chi si riconosce membro di una comunità di credenti ( leggasi Parrocchia ) non può disattendere l’urgenza di incarnare lo stile del regno di Dio.

2.Conclusione del Giubileo della Misericordia.

a) Questi i momenti vissuti comunitariamente durante l’anno:
-Pellegrinaggio; passaggio attraverso la Porta santa; comunione eucaristica; preghiera secondo le intenzioni del Papa.
Questi “segni” indicano la volontà della personale conversione ad accogliere e a praticare il messaggio evangelico.
Detta conversione viene suggellata con la celebrazione del Sacramento della Confessione. Senza questo sigillo tutto resta nel vago.
Ieri e l’altro ieri abbiamo dedicato la liturgia al sacramento della confessione per offrire la possibilità di concludere i momenti del Giubileo a coloro che non avevano avuto l’occasione di confessarsi.

b) Questi i tradizionali gesti che incarnano la misericordia:
-Opere materiali: dar da mangiare agli affamati; dar da bere agli assetati; vestire gli ignudi; accogliere i forestieri; assistere gli ammalati; visitare i carcerati; seppellire i morti.
-Opere spirituali: Consigliare i dubbiosi; insegnare agli ignoranti; ammonire i peccatori; consolare gli afflitti; perdonare le offese; sopportare pazientemente le persone moleste; pregare Dio per i vivi e per i morti.

XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Al termine dell’anno liturgico le letture ci ricordano l’incontro col Signore che chiude la storia di questo mondo e apre l’era di “un nuovo cielo e una nuova terra” ( Apocalisse 21,1 ).

In questo nostro mondo crescono insieme grano e zizzania: gli umili e i superbi.

Gli umili fanno le proprie cose senza sperare nel contraccambio; ispirano la propria condotta alle parole evangeliche: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare. ( Luca 17,10 ).

Al contrario i superbi compiono azioni in preda al delirio di onnipotenza; cercano di attrarre gli sguardi della gente; la giustizia non rientra tra le loro preoccupazioni.

Dice il profeta Malachia che il giorno del Signore è radioso e splendido.
I superbi e gli operatori di ingiustizie si coglieranno come paglia in un forno rovente, mentre i timorati di Dio si rilasseranno al calore dei raggi del sole.
Il giorno del Signore metterà in luce le contraddizioni della nostra storia: quelle che costruiamo con le nostre scelte quotidiane.
Purtroppo, però, prenderemo coscienza di queste contraddizioni  “a giochi fatti”.

venerdì 11 novembre 2016

AVVISO S. Messa 13 Novembre

Domenica 13 Novembre 2016 la S. Messa delle 16.30 in santuario non sarà celebrata.

Siete tutti invitati alla celebrazione della chiusura dell'anno della misericordia presso la Cattedrale di Avezzano ore 17.30 presieduta da S. E. Mons. Pietro Santoro Vescovo dei Marsi

Chiusura Anno Misericordia

giovedì 10 novembre 2016

XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

La legge dell’uomo non può essere presa come chiave di lettura del mondo divino.

1. Per analogia.

Avvicinandosi alla conclusione, l’anno liturgico propone alla nostra riflessione, per analogia, l’approfondimento della fede sulle cose ultime, i novissimi: morte, giudizio, paradiso, inferno.

Cominciamo col dire che tutto ciò che sta oltre la morte è oggetto di fede.
L’umanità, infatti, si divide tra chi crede che con l’ultimo respiro perdiamo la coscienza di essere stati e quindi cadiamo nel nulla e chi crede che con la morte continuiamo a vivere anche se in modo totalmente diverso dal presente.
In questo caso la morte segna il passaggio ad un altro modo di vivere.

I Sadducei appartengono al primo gruppo. A giustificazione del loro pensiero applicano all’ipotetico altro mondo le leggi di questo mondo, della loro cultura, della loro tradizione.
E poiché la legge del levirato applicata all’altra vita turberebbe l’ordine pubblico, diremmo noi oggi; creerebbe, cioè, disordine sociale, i Sadducei concludono: non c’è risurrezione.

Le leggi umane non vanno prese come chiave di lettura dell’al di là né da chi non crede né da chi crede.
Le leggi umane sono relative, durano e si reggono sulla volontà degli uomini, sono contingenti. Come possono regolamentare l’assoluto e infinito mondo di Dio?

Qualora lo facessimo saremmo in grande errore, dice Gesù.

2. Il coniugio appartiene a questo mondo, dice Gesù.
Esso è stato pensato dal Creatore per la conservazione della specie.
Chi entra nell’altro mondo vive nell’eternità di Dio: è la morte a farci nascere al Cielo.
Dice sempre Gesù: non tutti comprendono la scelta di alcuni che in questo mondo non si sposano come segno profetico dell’altra vita.

3. Non possono più morire.

a) La vita che non muore è una vita che non conosce il divenire. Ne può avere una pallida idea chi fa l’esperienza della contemplazione.
La nostra vita che è soggetta al divenire, conosce il dramma della morte. Ad un dato momento il divenire esaurisce la propria evoluzione e il soggetto cade nella morte.
La vita in questo mondo nel suo evolversi tende a finire.

La fede ci dice che coglierci e accettarci caduchi è il primo passo per rinascere a vita nuova. È la condizione che ci permette di implorare la mano dell’Eterno.

b) Dio non è dei morti, ma dei viventi.

Come suscita ilarità chi si definisse proprietario di un pianeta o di una cometa, così – dice Gesù – non ha alcun senso per l’uomo credere a un Dio che regna sui morituri e sui morti.
PRIMA LETTURA

Il brano è noto alla nostra Comunità.
Lo proclamiamo il dieci luglio, ricorrenza del martirio dei figli di santa Felicita, e il ventitre novembre, giorno del martirio della madre.

Sempre sul tema dei novissimi, mettiamo in risalto la fede che professa il quarto dei fratelli Maccabei:
<< È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati>>.

Il pio Israelita prega con queste parole: chiunque in te spera non resti deluso.

Facciamo il confronto con le parole di Achille:
<< Non abbellirmi, illustre Odisseo, la morte!
Vorrei da bracciante servire un altro uomo,
un uomo senza podere che non ha molta roba;
piuttosto che dominare tra tutti i morti defunti>>. Odissea XI, 488-491.

La religiosità si costruisce sui contenuti della fede.
Uno dei fratelli Maccabei professa la fede nella vita eterna e da questa fede fa derivare le sue scelte di vita.
Da ciò impariamo che la fede non è un desiderio, né si concretizza nella sola preghiera: essa, quando è vera fede, segna il tracciato dei nostri comportamenti e dell’intera esistenza.

XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Il Figlio di Dio scende …   Zaccheo sale … !

A. << Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua >>.

1. Gesù e Zaccheo percorrono strade diverse: Gesù la strada della incarnazione; Zaccheo quella gerarchica. ( Ci viene presentato come capo dei pubblicani e ricco ).

Gesù percorre la strada della ricerca; Zaccheo quella della curiosità.
La scalata al potere aveva procurato a Zaccheo lauti guadagni.
All’apice della carriera poteva benissimo dire: voglio e posso! Anche fare tendenza imitando lo scoiattolo!

Zaccheo desiderava vedere per dare soddisfazione ad una sua curiosità.
Gesù voleva incontrarlo per offrirgli la salvezza.

Per vedere si può essere anche distanti; per incontrarsi bisogna che le strade s’incrocino.
Perciò Gesù sembra dirgli: Zaccheo io sono sceso per incontrarti e tu sei salito per vedermi?
Scendi subito, perché io non sto lassù; oggi, infatti, ho pensato di fermarmi a casa tua.
Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia.

2. La casa, luogo di conversione alla comunione

Zaccheo offre ospitalità a chi lo ha cercato.
La presenza di Gesù è per Zaccheo un invito a fare discernimento sull’attenzione ai poveri,sulla frode e sulla restituzione del maltolto.

Zaccheo esercita un mestiere che gli permette di maneggiare denaro contante. Ora fa discernimento e si accorge che la tentazione di “infarinarsi” le mani tra i meandri della legalità ha prevalso sui principi della moralità diffusamente accettata.
Ora la presenza di Gesù risveglia in lui il senso della onorabilità e così prende la seguente decisione: l’onestà non può essere barattata col denaro!
Il segno di questa evoluzione interiore è dato dalla restituzione.
In questo momento dalla sua casa esce il denaro estorto ed entra la salvezza.

B/  Perché tutto puoi.

1. Nel Credo affermiamo che Dio è onnipotente, cioè che può tutto.
Il libro della Sapienza mette questa prerogativa di Dio alla base della sua compassione e della sua misericordia.
Dio è onnipotente, può tutto, perfino essere misericordioso e compassionevole.
Se il Sapiente fa derivare la misericordia dalla divina onnipotenza, viene da pensare che non la riscontrava nelle relazioni umane né la vedeva possibile.
Mentre tutto è possibile a Dio, anche essere compassionevole. Ma a noi comuni mortali …
Gesù ci incalza: siate misericordiosi come il Padre vostro ( Luca 6,36 ).
Questa esortazione trova fondamento nei germi seminati in noi dallo Spirito che ci rende, in potenza, misericordiosi come il Padre.
Gesù afferma che se noi diventiamo misericordiosi rappresentiamo il Padre in questo mondo; esprimiamo il suo volto lungo i sentieri della storia.
Non è scritto: voi siete dei?
Allo stesso modo i giudici che amministrano la giustizia con rettitudine esercitano una prerogativa di Dio ( cfr. Salmo 81/82 ).

2.   Dio è misericordioso sia perché può tutto, ma anche perché tutto è opera sua.
Prosegue il Sapiente nella seconda parte della lettura di oggi: Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita.
Il Signore ravvisa in noi, sue creature, i segni incorruttibili della sua impronta ancorché velata o graffiata dal male.
Per questo si commuove quando sbagliamo e ci cerca per ricondurci sul retto cammino.

HALLOWE’EN
L’etimologia dice: Hallow ( = santo ) e even contrazione di evening ( = sera ) = Sera di Ognissanti, cioè il 31 ottobre, atteso il calendario liturgico.
Le credenze popolari ritenevano che in questa sera le anime dei trapassati sarebbero tornate per dare fastidio o per incutere paura ( = scherzetto ) che non avrebbero fatto in cambio di un dolcetto.
Diffondere una tale ricorrenza sa di schizofrenia: per un verso si reclama e acclama la società laica e secolarizzata che si affanna persino a trovare “reperti” archeologici  per negare la stessa resurrezione di Gesù; per altro verso ci si ostina ad introdurre credenze che per di più non hanno nulla a che fare con la nostra tradizione cristiana. Il Cristianesimo non insegna che i morti tornano in terra per spaventare i vivi.
Non è una innocua festa per bambini, ma con essa si vuole veicolare un messaggio che affievolisca la fede dei cristiani nella vita eterna.

TUTTI I SANTI ( All  Hallows )

La festa di Ognissanti e la Commemorazione dei defunti ci ricordano la Comunione del popolo dei credenti, cioè  in questi giorni la Chiesa festeggia se stessa ( da non confondere con l’Istituzione  chiesa né, tantomeno, con il tempio ).
Alla fine del Credo affermiamo: credo la comunione dei santi che è formata sia dal popolo dei credenti in cammino su questa terra, sia da coloro che hanno varcato la soglia dell’al di là.
Credo vuol dire: professiamo che esiste una comunione tra tutti i credenti.
Questa Chiesa, cioè questa Comunità i cui membri vivono in comunione di  fede, sfugge ad ogni statistica, perché soltanto Dio guarda il cuore dell’uomo.

Il popolo cristiano ha sempre pregato Dio perché riservasse un giudizio indulgente verso i compagni di fede che giungono al suo cospetto. Sii misericordioso verso questo defunto, ci fa dire la liturgia del funerale.
Basti pensare al banchetto eucaristico che si celebrava sulle tombe dei martiri nelle catacombe per capire quanto la preghiera per i defunti sia antica.

XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Giustizia ed Equità.

1. Due parole da coniugare

La persona adorna della virtù della giustizia si preoccupa di mettere l’interlocutore a suo agio in modo tale da instaurare una relazione di reciproca accoglienza.
Se ti accorgi di essere stato imbrogliato nel lavoro commissionato o nello scambio commerciale, la relazione che ne deriva è di reciproco disagio e quindi non è una relazione giusta.

L’equità aiuta la persona a cogliere ogni aspetto onde soddisfare “in toto” le esigenze dell’interlocutore.
Un dottore diceva: l’elettrocardiogramma lo fa la macchia, ma il modo di interloquire con il paziente dipende da me.
Il pio Israelita si sentiva sorretto dal Signore sul letto del doloro e nella sua malattia.  Il Signore lo faceva sentire a proprio agio ( giusto ) nella malattia. Dio giustifica quando ci rivolgiamo a lui con fede.

2. Lo sguardo di Paolo volto al tramonto

a) Paolo ha la sensazione che i suoi giorni stanno volgendo al termine.
Dinanzi alla soglia della morte confida al suo amico Timoteo il sunto della sua vita fatto alla luce della fede che intende professare fino all’ultimo respiro.

Ora scioglie le vele a quella barca che lo deve  traghettare sulla sponda dell’eternità.
È la stessa barca che durante la vita lo ha sballottato per i mari in tempesta: quasi a dire che entra nell’altro mondo con tutta la sua storia di fede.

b) Il Signore, giusto giudice.
Il suo giudizio verterà sulla fede che, entrando in dialogo con le nostre vicende umane, ci ha guidati lungo il cammino della vita.
Abramo credé  al Signore che glielo accreditò come giustizia ( Genesi 15,6 ).
 Una fede che si fa storia acquistando i lineamenti somatici del credente.
I suggerimenti del Signore, infatti, si realizzano nel vissuto del credente.

3. Ancora sulla preghiera.

a) Per la seconda volta consecutiva la liturgia domenicale ci propone il tema della preghiera.
Di per sé la preghiera attraversa sempre le nubi; quando ciò non accade è perché i suoi contenuti non corrispondono al reale vissuto dell’orante.
Pregare non è dire le preghiere, si diceva domenica scorsa!
Oggi aggiungiamo che la preghiera è tale quando spinge l’orante a stabilire relazioni di giustizia o a ridare dignità al povero.

<< Dio giustifica>>, espressione ascoltata tantissime volte durante questo Anno Santo della Misericordia che sta volgendo al termine.
La giustificazione viaggia sul binario delle opere di misericordia.
Chi le compie con fede, cioè con la coscienza di essere strumento nelle mani di Dio, sarà messo a suo agio al cospetto di Dio dal Figlio dell’uomo.
Queste opere, a loro volta, rendono la preghiera capace di attraversare le nubi perché nutrita dalle azioni che rendono giustizia al povero.

b) << Due uomini salirono al tempio a pregare>>

Questo inizio della parabola fa venire in mente espressioni simili dette da Gesù:
Due uomini saranno nel campo
Due donne macineranno alla mola
Due si troveranno in un sol letto
Di costoro si dice: uno verrà preso e l’altro lasciato.
Dei due della parabola: l’uno tornò a casa sua giustificato a differenza dell’altro.

Non ostante le esposizioni e le sovrapposizioni mediatiche, andiamo sempre più privatizzando il nostro mondo interiore  da sottrarlo allo sguardo di Dio e perfino a noi stessi.
Conta il comportamento esteriore!

All’inizio di ogni celebrazione non diciamo che abbiamo peccato in pensieri?
In una azione delittuosa cos’è la ricerca del movente se non il tentativo di entrare nel mondo interiore di colui che ha commesso il fatto allo scopo di valutarne la gravità?
Nella sottovalutazione del mondo interiore si annidano i germi dei vari esaurimenti!
Gesù chiama ipocrita colui che si preoccupa di lavare l’esterno, mentre l’interno è pieno di ogni azione malvagia.
Il pubblicano della parabola durante la preghiera aprì la porta del suo cuore allo sguardo di Dio a differenza del fariseo che pregava invitando  Dio a prendere in considerazione le sue azioni.

4. << Nel nome della misericordia >>

Questo è il tema della Giornata Missionaria Mondiale che si celebra oggi.
Nell’Anno Santo della Misericordia  non poteva essere scelta altra proposta per la riflessione, invitandoci a coniugare la missione con la misericordia.

Nel nome della misericordia è lo stesso che dire: andate, annunciate  “nel nome di Dio” buono e misericordioso le sue grandi opere che sono meravigliose perché intrise di misericordia.

La Giornata Missionaria ci sollecita a raccontare la misericordia di Dio attraverso i nostri gesti di misericordia.
Fare esperienza di misericordia equivale a cogliere lo sguardo benevolo del prossimo ancorché venato dalle umane fragilità.
La Giornata Missionaria sia vista come una ulteriore possibilità offerta dall’Anno Santo per diventare testimoni della misericordia divina resa nota da Gesù.

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

L’uomo che prega è sempre esistito e continuerà ad esserci nella storia di questo mondo.
La preghiera non scomparirà perché ci saranno sempre persone umili che apriranno mente e cuore alla trascendenza.
Nella nostra Comunità ogni giorno c’è << l’ora della preghiera >> ritmata dal suono della campana ogni quarto d’ora.
Questo quadruplice annuncio ha lo scopo di dare la possibilità di partecipare spiritualmente a tutti coloro che per qualunque motivo non abbiano avuto la possibilità di varcare la soglia della chiesa.
La campana  ha la funzione di mettere in sintonia di fede gli abitanti del villaggio quasi fosse un monastero.

Insegnaci a pregare

A pregare si impara come si apprende a dialogare.
Infatti non sempre c’è dialogo quando parliamo con una persona.
Molte sono le figure letterarie che qualificano una relazione verbale non ricadente nel concetto di dialogo.
La polemica, l’ironia, l’insulto, il pettegolezzo … per citarne alcune.
La parola è per l’incontro e per il confronto, giammai per lo scontro.
Il dialogo presuppone che si abbia un animo tranquillo e pacato; aperto all’apprendimento e a offrire una risonanza.
Questa predisposizione d’animo deriva dall’umiltà che mi fa collocare l’interlocutore minimo alla pari, se non superiore a me.
Ciò favorisce l’ascolto.

Il dialogo con Dio, con i santi e con i trapassati in genere si chiama preghiera.
Qui la predisposizione all’ascolto del messaggio annunciato dalla proclamazione della parola di Dio deve essere scontata, attesa la statura trascendente dell’interlocutore.

Possiamo prendere dalla Lectio Divina come articolare il dialogo-preghiera.

1. Innanzitutto metterci in religioso ascolto mentre si proclama la parola di Dio.
Il ruolo di lettore non si improvvisa!
Ascoltare per comprendere, per capire la bellezza e l’utilità del messaggio.

2. Dall’ascolto passiamo alla meditazione.  La meditazione ci aiuta a fare discernimento sulla situazione spirituale personale che viene sollecitata o lievitata dal messaggio veicolato dalla proclamazione della Parola ascoltata.

3. a) rispondere all’ascolto con parole di ringraziamento. Il ringraziamento comunitario è dato dalle acclamazioni a conclusione di ciascuna lettura: Rendiamo grazie a Dio e Lode a te, o Cristo.
Nulla vieta , anzi è doveroso che ciascuno faccia nel proprio intimo un ringraziamento personalizzato mettendo in risalto anche le motivazioni di tale ringranziamento.

b)  formulare parole di implorazione.
Si chiede forza allo Spirito santo per adeguare mente e cuore, pensieri e affetti agli ideali proposti dalla Parola e per avere la volontà che li faccia tradurre in stili di vita.


4. Da ultimo la contemplazione.  È come una strada da tracciare che passo dopo passo mi fa esplorare la bellezza dell’evoluzione del messaggio che giorno dopo giorno vado personalizzando.
Cammina alla mia presenza, si legge nella Bibbia.

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Si andava ai sacerdoti del tempio perché, constata la guarigione, i lebbrosi fossero riammessi in società.
Quando intraprendono il viaggio non sono ancora guariti.
Si incamminano sulla parola: andate a presentarvi ai sacerdoti.
La fede accordata a Gesù, maestro, promuove la loro purificazione.

Si tratta di una guarigione avvenuta a distanza dalla persona dalla quale avevano implorato misericordia. È per questo che fanno difficoltà a identificare l’autore della loro guarigione.
Del resto anche ai nostri giorni facciamo difficoltà a cogliere la presenza del sacro nella vita di tutti i giorni. Eppure noi crediamo in un Dio incarnato, un Dio nella storia, meglio, un Dio che fa storia con noi.
Chi vi riesce eleva preghiere di ringraziamento, mentre chi respira la mentalità diffusa dai mezzi della comunicazione sociale, cerca spiegazioni nel mondo dell’uomo tra i suoi ritrovati.

Il medesimo episodio, nato dagli stessi presupposti viene compreso dal punto di vista dell’osservatore che lo esamina.

Alla scuola media ci hanno insegnato a fare le proiezioni ortogonali per abituarci a vedere un oggetto o un avvenimento da più punti di vista che messi insieme concorrono a dare una visione completa della cosa.
Possiamo supporre che il Samaritano che tornò a dire grazie aveva letto la propria guarigione anche dal punto di vista della fede.

<< E gli altri nove dove sono? >>
Sulla strada che va al tempio.
Il Samaritano, però, aveva compreso che la strada per Gerusalemme non ancora era stata tracciata da Gesù, per questo torna indietro per seguire le sue orme.
Ma Gesù non aveva esortato anche Pietro a stare dietro a lui?
E gli altri nove dove sono?
Stanno affannando per vie impervie o disorientati nei crepacci tra una carovaniera e l’altra.
Gesù non li abbandona ma li incontra nuovamente ed offre loro una nuova possibilità.

BOX
Il gesto di Naaman va “storicizzato”, cioè va letto entro la cultura del tempo.
Allora non si aveva il concetto che ci fosse un solo Dio per tutti i luoghi e per tutti i popoli.
La divinità era legata al territorio abitato dal popolo che la venerava.
Per questo Naaman porta nel suo paese << tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore>>.
Di segno opposto, ma sempre da leggere entro la stessa cultura, è il gesto di scuotere la polvere dai propri sandali e dalle vesti.
Gesù dirà alla Samaritana: Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre … perché i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità. ( cfr. Giov. 4, 21 e 23)

Un pensierino dalla seconda lettura

 La buona notizia diffusa da Paolo ha come contenuto la persona di Gesù risorto dai morti.
Timoteo è esortato a tenere a mente questa notizia e a farsene a sua volta araldo.
Con la notizia della sua carcerazione, Paolo sembra dire all’amico Timoteo di mettere in conto le difficoltà cui va incontro chi vuole seguire Cristo con estrema coerenza pur frequentando le varie agorà di questo mondo. Ma lo esorta anche ad evitare quell’istintivo gesto di prendere le distanze dall’amico caduto in disgrazia o accusato di qualcosa.

lunedì 17 ottobre 2016

Giubileo della Misericordia della Forania di Carsoli


venerdì 7 ottobre 2016

XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

UN PENSIERO DAL VANGELO 

La fede non va accresciuta, ma qualificata.
Anche quando Gesù chiama gli apostoli << gente di poca fede >> non si riferisce alla quantità ma alla qualità.
L’espressione, entrata a far parte dei detti popolari, viene ugualmente utilizzata per mettere in risalto una fede poco convinta.
Ecco, qui sta il punto: una fede convinta produrrebbe nella nostra vita percorsi totalmente altri da quelli messi in essere dal comune sentire della società in genere.
Gesù, come di consueto, prende l’esempio dalla cultura dell’epoca che non metteva in discussione il ruolo del servo totalmente sottoposto alla volontà del suo padrone.
Dall’esempio del servo, i discepoli comprendono che la strada di qualificazione della fede è quella che ci porta a dire come i santi: Domine fac de me sicut vis.
Do ut des.
Il contraccambio appartiene alle relazioni che stanno a fondamento del tessuto sociale di tutti i popoli.   
 Servi inutili siamo.
Gesù dice a chi lo vuole seguire: se saluti chi ti saluta non fai nulla di straordinario perché questo lo fanno tutti.
La gratuità appartiene a Dio e a quanti depongono nelle sue mani il proprio futuro.
La nostra risposta alla gratuità divina è una sola: il ringraziamento che deriva dalla consapevolezza di non essere nella condizione di ricambiare e dal riconoscimento di aver ricevuto.
Servi inutili siamo.
Con queste parole Gesù ci invita a fondare le nostre relazioni sulla gratuità, senza attendere una ricompensa.
È una strada tutta da inventare e da esplorare  perché l’invito alla gratuità abbia ricadute nella vita quotidiana.
Quando diciamo: non sia per rinfaccio, però … vuol dire che quello che avevamo fatto non era una gratuità.

AUGURI A TUTTI I NONNI

La festa dei nonni è fissata al 2 di ottobre perché sono paragonati agli Angeli custodi dei quali la liturgia fa memoria oggi.
La festa dei nonni vuole essere un riconoscimento all’azione di volontariato che essi svolgono con affettuosa dedizione.
La loro disponibilità è puntuale; la loro discrezione è certa; la loro esperienza li rende saggi e prudenti, miti e pazienti.
Alla presenza dei piccoli i nonni diventano introspettivi e fanno discernimento sul loro passato.
Emblematiche le parole del nonno al nipote: vorrei avere la tua età col mio cervello.
Evidentemente stare col nipote lo porta a rileggere il proprio passato!
La saggezza dei nonni sia messa a base della crescita culturale dei nipoti.



GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA NON VIOLENZA

La giornata andrebbe dedicata non alla “non violenza”, ma alla mitezza.
È meglio, infatti, proporre un ideale positivo quale è la virtù della mitezza e suggerire piste di riflessione e tracciati che portano alla meta, piuttosto che invitare a riflettere su ciò che va evitato.
La rappresentazione di gesti di violenza sia spirituale sia fisica e anche militare, con l’intenzione di suscitare nello spettatore la reazione contraria, non ha funzionato: l’effetto catartico, cioè la purificazione e la presa di distanze dalla violenza da parte dello spettatore non ci sono state, ma si sono verificate assuefazione e imitazione.
Ecco perché è molto più efficace riflettere sulla mitezza e privilegiare le esemplarità che la incarnano mettendo in risalto i momenti di scoraggiamento e le difficoltà che si incontrano lungo il cammino.

giovedì 29 settembre 2016

XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Lazzaro era lì, ma il ricco non lo vedeva.

1. Procuratevi amici con la iniqua ricchezza.


Nella parabola di oggi, letta alla luce di questa esortazione ascoltata domenica scorsa, si ravvisa un peccato di omissione.
La ricchezza è detta <<iniqua>> o <<disonesta>> non perché procurata in modo criminoso ( cosa ugualmente peccaminosa ), ma gli aggettivi vogliono dire che la ricchezza appartiene ai beni di questo mondo il cui valore in sé non oltrepassa le nubi.
Perché ciò accada è necessario che l’uomo la condivida.
Grazie all’uomo i beni di questo mondo entrano nel circuito della gratuità e quindi dell’eucaristia: unico sacrificio gradito al Signore.
Il dono si offre, si consegna, si apre e si condivide la gioia della sorpresa.
Lazzaro non si aspettava questo trattamento.
Nella sua semplicità bramava sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa, considerandolo donato.
Nulla di tutto ciò, perché prima di lui c’erano i cani che leccavano anche le sue piaghe ignari del refrigerio che arrecavano.
La saliva in passato veniva usata come farmaco di pronto intervento!

Perché quand’essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne.
La morte è comune eredità di tutti gli uomini.
Mi chiedo: perché mai dovrebbe esserci un’eccezione per me , rispetto alla sorte comune dei mortali?

Muore Lazzaro, muore il ricco.
Il povero viene portato dagli angeli accanto ad Abramo.
Il ricco fu sepolto.
È a tutti nota la parabola di oggi, detta del ricco epulone.
Ciò che si nota con immediatezza è lo sguardo del ricco che si posa sui cani che leccano le piaghe del povero e con i quali condivide il boccone.
Il povero è uno dei tanti che si accovacciano nell’atrio della sua casa.


Avevo fame e mi hai dato da mangiare …

L’umanità alla fine dei tempi sarà divisa sulla base di questo criterio.
La parabola di oggi lo conferma.
Lazzaro accanto ad Abramo.
Il ricco nell’inferno tra i tormenti.
La storia è maestra di vita ( un pensiero dalla prima lettura )

Una società ripiegata su se stessa, tutta intenta a produrre per consumare è una società che ha rinunciato a guardare avanti o forse non ne ha la voglia.
È quanto descrive Amos nella prima lettura.
Egli vede l’alta borghesia ( cioè i capi del popolo ) impegnata a conservare se stessa come l’interminabile ballo di un famoso film, senza rendersi conto che tutto si sarebbe trasformato in un mucchio di cenere.
Amos prevede l’esilio.
Egli comprende bene che una società basata sul prelievo fiscale e sul consumo di esso è destinata a scomparire.
Infatti l’esilio non rimane una minaccia né una semplice ipotesi, ma diventa una dura realtà.

Coloro che per il loro ruolo avrebbero dovuto pensare e progettare il futuro del popolo << andranno in esilio in testa ai deportati >>.


Codicillo estemporaneo
Diceva il nonno al nipote: dammi ascolto perché io già ci sono passato!
Oggi, purtroppo, il ruolo del “Senior” è considerato superfluo se non di intralcio. Segno ne è il voler snaturare il ruolo del Senato.
Il risparmio lo si poteva ottenere riservando, per esempio, la candidatura ai pensionati con 40 anni di contributi effettivi e con offerta di rimborso spese. Senza privarsi della saggezza dell’anziano; anzi valorizzandolo.



Seconda lettura.

Paolo definisce Timoteo “uomo di Dio”.
È tale chi fa della ricerca del volto di Dio la ragione della sua vita, la sua principale professione.
Ancora oggi si parla di professione religiosa fatta da coloro che desiderano cercare Dio praticando il servizio alla sua immagine che è l’uomo vivente.

Paolo dice a Timoteo che per mettersi alla ricerca di Dio deve equipaggiarsi di strumenti idonei: coltivare la virtù della giustizia e della pietas; approfondire le motivazioni della propria fede; non fermarsi a gesti di carità o di elemosina, ma avere la cultura della apertura d’animo incondizionata che porta a farsi prossimo.
Gli argini del sentiero dei ricercatori del volto di Dio sono fissati dalla pazienza e dalla mitezza perché << nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederlo>>.

La mitezza e la pazienza sono le gambe della fede la quale illumina l’esplorazione dell’uomo di Dio finché giunge a scollinare da questo mondo.
Allora lo vedremo così come egli è ( 1 Giov. 3,2 ).
Da ciò si comprende come la fede sia un modo di interpretare il cammino della vita.

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

l’innato istinto di agire in modo furbastro.

Le furberie rientrano nella mentalità diffusa che si può sintetizzare col motto “s’appura, non s’appura” oppure “ci ho provato”.


Gli atteggiamenti furbastri sono suggeriti dalla necessità di nascondere un retropensiero per ottenere un vantaggio illecito a discapito altrui e nel contempo conservare “la faccia pulita”.

Sia la prima lettura tratta dal libro del profeta Amos ( VIII sec a.C. ), sia il vangelo ( 2000 anni fa ) ci riferiscono gesti e comportamenti che sono ancora di attualità.


Infatti ancora oggi accadono ruberie e sotterfugi in ambienti lavorativi per trarne illeciti profitti.

Amos ci dipinge un quadro delle attività commerciali i cui autori vedono la chiusura festiva ( il novilunio e il sabato ) come un mancato guadagno e usano scaltrezza nel confezionare e appioppare i prodotti.


Il Signore non dimenticherà mai tutte queste opere se non attraverso il pentimento che presuppone il risarcimento del danno oltre alla volontà di cambiare comportamento.

Se non mettiamo in discussione la mentalità furbastra e la cultura del s’appura e non s’appura, difficilmente possiamo distinguere dalle altre orme quelle di Gesù.


Aiutiamoci nelle nostre reciproche relazioni perché da soli possiamo illuderci finché non s’appura.

La scaltrezza dell’amministratore disonesto.


Chi non ha nulla da nascondere non ricorre a stratagemmi né si lambicca il cervello per trovare cosmetici che mantengano pulito il viso o colliri che diano lucentezza agli occhi.

Gesù dice che i figli di questo mondo, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.

Si può leggere questa affermazione come un invito a scoprire l’identità propria dei figli della luce.


Il modo di gestire le cose di questo mondo e quello di procurarle per il proprio sostentamento non deve essere fondato sulla scaltrezza.


I figli della luce non devono mettersi sullo stesso piano dei figli di questo mondo i quali si confrontano sul presupposto di fare l’affare l’uno a discapito dell’altro.


Due esempi: l’uno riprovato dalla cultura generale e l’altro preso a criterio della crescita economica.


Chi contratta col “napoletano” ( si fa per dire!) che va in giro a proporre prodotti ma in realtà fa i “pacchi”, vuole fare l’affare come lo vuole fare il “napoletano”.



Pure chi investe in Borsa vuole fare l’affare comprando e vendendo a un acquirente senza volto. All’anonimo che ci rimette ( che è sempre una persona fisica con un nome e un cognome ) corrisponde un altro anonimo ( anche lui persona fisica ) che ha guadagnato.


Gesù nella parabola loda chi è stato scaltro, ma contemporaneamente lo invita a utilizzare la scaltrezza non “a fin di bene” ma “per fare il bene” altrimenti corre il rischi di diventare <<disonesto>>.


Come i figli della luce devono utilizzare i beni di questo mondo, cioè <<la ricchezza disonesta>>?


La risposta si trova nella celebrazione eucaristica che di domenica in domenica ci ricorda che i beni materiali e spirituali vanno condivisi; che il bene comune viene prima del bene del singolo; che il singolo, non in altri terreni, ma nel campo del bene comune deve raccogliere anche il proprio bene.

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Il Vitello d’oro!


Può essere visto come un fallito tentativo di coniugare il culto a Dio e al denaro.
Mosè va in escandescenza.


Gesù ci ricorda: Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire a Dio e a mammona. Lc 16,13 Mt 6,24


Una lezione sulla conoscenza …
Noi entriamo in relazione con le nostre categorie mentali in base alle quali inquadriamo l’interlocutore e ciò che dice.


Gli Scribi e i Farisei avvicinano il prossimo con le categorie del bene e del male e di conseguenza accolgono oppure mettono le distanze. ( Ciò che accade ancora oggi: vai con i migliori di te … Io con quello non mi ci sporco …).

Gesù avvicina il prossimo con le categorie peccato-perdono, peccatore-misericordia.


Con questa predisposizione interiore Gesù accoglie con sguardo misericordioso, invita alla conversione, instaura rapporti di comunione.


Giammai confonde il peccato con il peccatore; giammai giustifica il peccato, ma sempre il peccatore mediante un gesto di misericordia e di perdono.


Il perdono, la misericordia cadrebbero nel vuoto senza la volontà di cambiare.


Si cambia partendo da un <<Sì, lo voglio>> e prosegue con gesti attuativi di segno contrario a quelli posti in essere prima del <<Sì, lo voglio>>.


Qualche segno.


La prima cosa da fare è frequentare nuovi ambienti, avvicinare persone che favoriscono la volontà di cambiamento.


Da soli non si cambia!
… e sull’indulgenza


L’indulgenza giubilare è proprio questo nuovo e caldo ambiente che accoglie la persona che desidera dare una svolta alla sua vita, ma è segnata da ferite che rallentano il cammino sulla nuova strada.


L’indulgenza è quell’aura che emana da una Comunità calda e motivata nella fede da entusiasmare la persona che ancora conserva i postumi di una vita distratta.


Un bicchiere d’acqua fredda versata in un caldaio d’acqua bollente va subito in ebollizione.


Una comunità fervorosa contagia la persona tiepida come, al contrario, un corpo corruttibile appesantisce l’anima ( Sapienza 9,15 ).



Una Comunità parrocchiale accogliente è già di per sé un’indulgenza perché è in grado di prendersi cura di ogni convalescente nel corpo ( affamato, assetato, indigente, senza tetto, malato nel corpo, impigliato in ogni rete ecc …) e piagato nello spirito ( disorientati mentali, ignari del sapere, riottosi ai richiami, anime in pena, incapaci di chiedere scusa e di accogliere il perdono … ).


L’Anno Santo risvegli in ciascun battezzato l’impegno a creare una Comunità ove ogni seguace del Cristo possa trovare l’indulgenza personalizzata.

XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Fai discernimento prima di intraprendere una strada.




8 SETTEMBRE

Natività della B. V. Maria.


È la prima memoria di questo mese di settembre che la liturgia dedica alla Madonna.

Noi la vogliamo vivere come prima tappa in preparazione alla festa che celebreremo il 24 in onore della Madonna della Mercede.
È l’Anno della Misericordia.


Valorizziamo questi momenti per implorare la purificazione della mente e del cuore mediante il sacramento della riconciliazione.





8 SETTEMBRE

GIORNATA MONDIALE DELL’ALFABETIZZAZIONE


È ancora molto elevato il numero delle persone nel mondo che non sanno “leggere, scrivere e far dì conto”.

Il prezzo da pagare per far fronte alla formazione di un numero così elevato di gente è altissimo.

Sappiamo, però, che la persona è al centro, cioè principio – fondamento – fine delle Istituzioni, le quali non possono non avere come impegno prioritario quello di offrire ai cittadini un minimo di formazione. Con ciò le Istituzioni esercitano il ruolo che è loro proprio, mettendo in pratica il principio della sussidiarietà: dove non arrivano le famiglie intervengono le istituzioni.

La persona colta è mite e pacifica; non si agita dinanzi alle difficoltà; i suoi interventi sono sempre costruttivi e porti con garbo.


La polemica non le appartiene.

La persona che non coltiva se stessa e non si lascia aiutare, per comunicare si serve della polemica; alza la voce; ignora volutamente le qualità dell’interlocutore.


RICERCA O ACCOGLIENZA DEL VOLERE DI DIO?


Il brano tratto dal libro della Sapienza ci suggerisce di coltivare una predisposizione d’animo sensibile a riconoscere e ad accogliere i segni mediante i quali Dio ci fa conoscere la sua volontà.


Cogliamo il pensiero di una persona mettendoci in atteggiamento di ascolto.


Cogliamo il pensiero di Dio riconoscendo i segni con i quali Egli, l’Invisibile, si comunica.


Non soltanto segni naturali, ma anche persone che con il loro comportamento rimandano ad altro, oltre la loro presenza fisica.


“Ascolta Israel!”


Questo invito cadenza l’intera Sacra Scrittura come un ritornello.


La volontà di Dio entra nei nostri pensieri mediante l’ascolto e il discernimento dei segni.


La volontà di Dio, una volta conosciuta, la si vive in prima persona.

Giammai va imposta ad altri.


“Dio lo vuole!”
e simili espressioni hanno combinato guai nella storia dei popoli e nelle relazioni interpersonali.


Con esse si è imposto ad altri, con la forza fisica o con la sopraffazione morale, il proprio ruolo o il proprio pensiero.


Sono espressioni che tendono a convincere il prossimo facendo leva sul suo sentimento religioso.

È volontà di Dio?


Allora la devo vivere in prima persona; mi ci devo giocare l’unica esistenza che ho e lasciare ad altri che la riconoscano attraverso la mia coerenza di vita.


“Chi può conoscere il volere di Dio?”


“Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?”.

Questa è la volontà di Dio – dice Gesù – la vostra santificazione!


Siate santi, perché io il Signore Dio vostro, sono santo


Dio vuole che tutti gli uomini siano santi.


Volontà di Dio è che tutti gli uomini si lascino attrarre dalla sua santità.


Questo itinerario di vita mistica è strettamente personale: ciascuno percorre una propria strada che lo porta ad accogliere il fascino e la bellezza dell’Eterno.

Ognuno deve attendere alla propria formazione e fare discernimento in se stesso.

Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.


Gli altri possono prendere per fascino e quindi per imitazione, non per imposizione.


Individualismo?


No! Certamente!


Quando percorriamo le strade di Dio, queste non soltanto confluiscono in Lui, ma si conformano come affluenti dell’unica strada tracciata da Gesù.


Con altre parole l’apostolo Paolo ci ricorda che Dio dona a ciascuno i propri carismi, ma non per metterci in conflitto tra noi, ma per creare una comunità che esprima la sua polivalente ricchezza.

XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Oggi s. Agostino. Ieri santa Monica, sua madre.


Sul foglietto di domenica scorsa ci veniva rivolto l’invito a meditare su qualche pagina delle Confessioni.


La morte di Monica: vedendoci sconvolti per il dolore: <<Seppellirete qui, soggiunse, vostra madre>>. Io rimasi muto, frenando le lacrime; mio fratello invece pronunziò qualche parola, esprimendo l’augurio che la morte non la cogliesse in terra straniera, ma in patria, che sarebbe stata migliore fortuna. All’udirlo, col volto divenuto ansioso gli lanciò un’occhiata severa per quei suoi pensieri, poi, fissando lo sguardo su di me, esclamò: "Vedi cosa dice", e subito dopo, rivolgendosi a entrambi: "Seppellite questo corpo dove che sia, senza darvene pena. Di una sola cosa vi prego: ricordatevi di me, dovunque siate, innanzi all’altare del Signore". Espressa così come poteva a parole la sua volontà, tacque.( Confessioni cap. 9, 11. 27 )


Il rimpianto di Agostino


Tardi ti ho amato, bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato. Tu eri dentro di me, e io fuori. E là ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te
quelle creature che non esisterebbero se non esistessero in te. Mi hai chiamato, e il tuo grido ha squarciato la mia sordità. Hai mandato un baleno, e il tuo splendore ha dissipato la mia cecità. Hai effuso il tuo profumo; l'ho aspirato e ora anelo a te. Ti ho gustato, e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato, e ora ardo dal desiderio della tua pace.( cap. 10, 27.38).

né privilegiato né arrivista, il cristiano cammina con gli ultimi della società


Prima Lettura

Umiltà e mitezza


Sono queste le parole da tenere a mente dopo aver ascoltato la proclamazione della prima lettura.


Queste parole formano il binario sul quale scorre e si evolve la ragionevolezza umana e si costruiscono relazioni di comunione.

Al contrario, la superbia obnubila la chiarezza dei ragionamenti e l’arroganza rende sgarbati i modi e ferisce i sentimenti.

Durante questa settimana meditiamo su queste due parole ( umiltà – mitezza ) per verificare il nostro cammino di vita cristiana.


Richiamiamo anche l’esortazione che ci rivolge Gesù:


Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime ( Matteo 11, 29 ).

Si può dire che la mitezza e l’umiltà sono segni che indicano al credente il progresso nella vita cristiana.


Qualifichiamoci a livello personale per caratterizzare le famiglie, le associazioni e i gruppi che nascono come emanazione della comunità parrocchiale.


Umiltà e mitezza nell’argomentare, nel proporre iniziative e nel risolvere eventuali difficoltà. Allora si può cominciare a dire che ci incontriamo come cristiani.


Proviamo a porre sulle ali della mitezza e dell’umiltà ogni nostro discorso, ogni nostro sguardo, ogni nostro atteggiamento.


Se proviamo difficoltà vuol dire che ci siamo definiti cristiani troppo in fretta.


Seconda lettura


La strada umana.

Nella prima parte la lettura richiama l’Alleanza del Sinai che l’autore della lettera definisce esteriore e legale, senza richiedere l’adesione della mente e del cuore.


Era sufficiente che il popolo ponesse in atto comportamenti richiesti dalla legge.


I comportamenti richiesti per l’indulgenza giubilare sono: pellegrinaggio, ingresso nella basilica o santuario passando per la porta santa, preghiera per il Papa confessione sacramentale.


Questi gesti sono finalizzati a farci gustare il fascino degli ideali evangelici; a farci prendere le distanze da ogni forma di male; a farci coltivare la sensibilità di coscienza per evitare di convivere col peccato.


Se ciò non dovesse accadere avremmo compiuto gesti esteriori, di facciata, secondo le norme ma non secondo le finalità per cui le stesse norme sono state date.


Già i profeti avevano avvertito l’esigenze della interiorizzazione delle norme:

Il rammarico di Isaia: “Dice il Signore: « … questo popolo si avvicina a me solo a parole e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e il culto che mi rendono è un imparaticcio di usi umani >>” ( 29,13 );

La speranza di Geremia: «porrò la mia legge nel loro animo e la scriverò sul loro cuore" 31, 33).


b) la strada rivelata.

Gesù in più occasioni ci invita a far diventare nostro patrimonio culturale lo spirito delle norme e dei suggerimenti evangelici.


E si propone egli stesso come via da percorrere e come modello da imitare.


Domenica scorsa la stessa lettera agli Ebrei ci invitava a tenere lo sguardo fisso su Gesù.


Gesù parla di ipocrisia quando agli atteggiamenti esteriori non corrisponde pari convincimento interiore.


VANGELO.

La scelta dei primi posti.


Per evitare la rincorsa tipica dell’età adolescenziale o l’imbarazzo della persona matura e riflessiva, oggi i posti sono predefiniti dagli sposi.


Ma Gesù, vedendo la scena, non emette un giudizio sul galateo o sulla cultura paesana, perché con le sue parole va oltre il fenomeno osservato. Gesù sempre prende spunto dai nostri comportamenti per dirci che il regno di Dio si raggiunge per altre strade.


Il rispetto della giustizia.


Nel regno dei cieli sarà il Signore ad assegnare i posti ed ognuno si sentirà collocato al posto giusto.


Se crediamo in questo, dobbiamo testimoniare questa fede cercando di rispettare posti e ruoli non nostri né occuparli seguendo vie contorte.


Ciò avviene se ci dotiamo di due qualità: umiltà – semplicità


Sull’umiltà già ci ha fatto riflettere la prima lettura.


La semplicità favorisce dialoghi e relazioni.


La persona semplice non coltiva sospetti, ma parla con schiettezza e sincerità.


Un giorno due discepoli espressero a Gesù il desiderio di occupare i primi posti accanto a lui.


Non pensavano che il posto del loro maestro fosse con gli ultimi!


Non proporti, ma lascia che altri posi lo sguardo su di te, come il Signore Dio guardò “l’umiltà della sua serva”.

XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

è espressa dal verbo “radunare”.



La cosmo-visione di Dio …

Sia coloro che in questi giorni frequentano le spiagge, sia coloro che scalano montagne godono la visione di vasti orizzonti.


Quel quadro geografico che nelle letture di oggi è animato da flussi migratori in movimento da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno (vangelo): alcuni procedono con passo agile e fresco simili a rigagnoli zampillanti ( 1^ lettura); altri, le mani inerti e le ginocchia fiacche, hanno bisogno di essere incoraggiati a camminare dritti con i piedi (2^ lettura).


Tutti, però, col volto vòlto verso l’altura di Sion.


È una metafora che sintetizza la visione geopolitica che Dio ha dell’umanità!

Dopo aver ascoltato le letture abbiamo ringraziato Dio ed espresso lodi al Signore.


Se questa è la nostra fede dobbiamo cominciare a pensare progetti convergenti come concretizzazione del pensiero divino.


Gerusalemme non è una città di alcuni che ne rivendicano la supremazia se non l’esclusività.


Gerusalemme è faro di pace che orienta i passi dei “figli di Dio” ( Matteo 5,9 ).

Questa visione di cultura geopolitica, se attuata, trasforma i popoli in viandanti gioiosi di suggellare la fraternità nel tempio di Sion.

… … è affidata alle politiche degli uomini!

Non dimenticare la correzione del Signore.


Ogni domenica veniamo ad ascoltare la Parola di Dio che si concretizza sempre in un invito alla conversione, cioè a correggere aspetti del nostro modo di pensare e fare spazio al suo messaggio di salvezza.


Ogni adeguamento alla Parola non è mai fonte di gioia, perché dobbiamo rinunciare a spezzoni che concorrono a formare la nostra identità. È perdere, non qualcosa, ma parte del nostro “essere” senza rimpiazzarlo sul momento. Non è come togliere un pezzo e rimpiazzarlo con un altro nuovo e più efficiente.


Qui si tratta di fare spazio ad una speranza che nasce dalla fiducia accordata a chi ci indica una strada.


Ecco perché la lettura si conclude con l’esortazione a camminare dritti con i nostri piedi.


“Camminare” dice: ci voglio credere perciò comincio a tracciare la strada.

Il vangelo non ci incoraggia, ma con molta verità ci dice che se il cammino è ampio e piano, forse abbiamo adattato il messaggio a noi e non noi al messaggio. Il cammino che traduce il messaggio prevede “angustie” e varchi impervi.


Sempre il vangelo ci invita a non accontentarci di sentirci a nostro agio entro l’Istituzione religiosa o di coltivare familiarità con le persone di Chiesa dimenticando la meta da raggiungere con la conversione.

“ Signore, sono pochi quelli che si salvano?”

Statistiche e sondaggi non appartengono all’uomo di fede impegnato com’è a convertire se stesso.


Sono la tentazione di coloro che desiderano controllare le persone e/o manipolarle. Ma è la tentazione primordiale dell’uomo che vuole espropriare Dio della signoria sull’albero della conoscenza del bene e del male.


Tentazione radice di ogni altra.


Gesù conclude: nella valle di Josafat vi sorprenderete nel vedere capovolti i vostri criteri di giudizio.

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

I mezzi al fine non sono indifferenti.


Lo zelo e l’angoscia

Gesù riesce a coniugare in se stesso questi due stati d’animo apparentemente in contrasto.


Lo zelo per la volontà del Padre lo spingerebbe ad ispirarsi al profeta Elia ( cfr. la purificazione del tempio in Giov. 2,13 ss. ) ; l’angoscia al profeta Geremia.


Egli vede in Isaia la sintesi di questi due profeti e segue la strada del Servo di Jahvé: una strada che genera “angoscia e tristezza” nutrite e sorrette dallo zelo.

La conclusione è: Padre glorifica tuo Figlio.


In questo modo lo zelo ammantato dall’angoscia non sfocia nel protagonismo e l’angoscia sostenuta dallo zelo non gli blocca il passo sulla via del calvario.


Codicillo estivo

Lo zelo è proprio della persona volitiva, decisa nel conseguire un obiettivo perché certa delle ragioni e della bontà della causa.

L’angoscia prende quando la persona vede che l’obiettivo non si avvicina sia per cause impedienti esterne, sia perché si vede impari alla meta. Facilmente cade nell’angoscia chi ha il temperamento passivo.


Zelo in dialetto potrebbe essere tradotto con l’espressione “scalla stomaco”.
Angoscia: la parola potrebbe essere tradotta con “angipità” (angina pectoris?).

Lo zelo da solo può portare alla fretta del “subito”, invece del “fermarsi un momento” magari in preghiera con l’animo angosciato (cfr. Salmo 102).

Lo sguardo fisso su Gesù

L’autore della lettera agli Ebrei dopo aver letto la vita dei Patriarchi e degli Antenati di Israele sotto il riflettore della fede, oggi ci invita a tenere <<fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento>>.


Secondo l’autore di questo brano, non siamo noi a dare “credito” a Gesù, ma è Lui che si lascia credere diventando così il presupposto della nostra fede, colui che la genera, la nutre e la porta a compimento.


Viene in mente l’immagine della vite e dei tralci: questi nascono dalla vite, si alimentano della sua linfa e crescono restando uniti ad essa. Essere e sentirci cristiani, camminare alla presenza di Dio, sentirci adombrati dall’azione dello Spirito. Poi, come il tralcio porta i suoi frutti così il cristiano compie azioni che derivano dalla sua fede.


Può sembrare che ci sia un prima ( essere cristiani ) e un dopo (agire da cristiani).


È vero che l’essere viene prima dell’agire: agisce chi esiste e non si dà azione che non sia prodotta da chi già esiste.


In realtà, però, sia l’essere che l’azione si completano e vanno di pari passo perché non esiste l’essere senza l’azione. Chi esiste, per il semplice fatto che esiste dà segni di vita, altrimenti è morto.


Dice l’apostolo Giacomo a proposito di Abramo: << la fede cooperava con le opere di lui, e che per le opere quella fede divenne perfetta>> (2,22)



ASSUNZIONE DELLA B. V. MARIA