Pereto - Rocca di Botte

giovedì 29 settembre 2016

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

I mezzi al fine non sono indifferenti.


Lo zelo e l’angoscia

Gesù riesce a coniugare in se stesso questi due stati d’animo apparentemente in contrasto.


Lo zelo per la volontà del Padre lo spingerebbe ad ispirarsi al profeta Elia ( cfr. la purificazione del tempio in Giov. 2,13 ss. ) ; l’angoscia al profeta Geremia.


Egli vede in Isaia la sintesi di questi due profeti e segue la strada del Servo di Jahvé: una strada che genera “angoscia e tristezza” nutrite e sorrette dallo zelo.

La conclusione è: Padre glorifica tuo Figlio.


In questo modo lo zelo ammantato dall’angoscia non sfocia nel protagonismo e l’angoscia sostenuta dallo zelo non gli blocca il passo sulla via del calvario.


Codicillo estivo

Lo zelo è proprio della persona volitiva, decisa nel conseguire un obiettivo perché certa delle ragioni e della bontà della causa.

L’angoscia prende quando la persona vede che l’obiettivo non si avvicina sia per cause impedienti esterne, sia perché si vede impari alla meta. Facilmente cade nell’angoscia chi ha il temperamento passivo.


Zelo in dialetto potrebbe essere tradotto con l’espressione “scalla stomaco”.
Angoscia: la parola potrebbe essere tradotta con “angipità” (angina pectoris?).

Lo zelo da solo può portare alla fretta del “subito”, invece del “fermarsi un momento” magari in preghiera con l’animo angosciato (cfr. Salmo 102).

Lo sguardo fisso su Gesù

L’autore della lettera agli Ebrei dopo aver letto la vita dei Patriarchi e degli Antenati di Israele sotto il riflettore della fede, oggi ci invita a tenere <<fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento>>.


Secondo l’autore di questo brano, non siamo noi a dare “credito” a Gesù, ma è Lui che si lascia credere diventando così il presupposto della nostra fede, colui che la genera, la nutre e la porta a compimento.


Viene in mente l’immagine della vite e dei tralci: questi nascono dalla vite, si alimentano della sua linfa e crescono restando uniti ad essa. Essere e sentirci cristiani, camminare alla presenza di Dio, sentirci adombrati dall’azione dello Spirito. Poi, come il tralcio porta i suoi frutti così il cristiano compie azioni che derivano dalla sua fede.


Può sembrare che ci sia un prima ( essere cristiani ) e un dopo (agire da cristiani).


È vero che l’essere viene prima dell’agire: agisce chi esiste e non si dà azione che non sia prodotta da chi già esiste.


In realtà, però, sia l’essere che l’azione si completano e vanno di pari passo perché non esiste l’essere senza l’azione. Chi esiste, per il semplice fatto che esiste dà segni di vita, altrimenti è morto.


Dice l’apostolo Giacomo a proposito di Abramo: << la fede cooperava con le opere di lui, e che per le opere quella fede divenne perfetta>> (2,22)



ASSUNZIONE DELLA B. V. MARIA
 

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