Pereto - Rocca di Botte

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domenica 31 marzo 2013

VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA


OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Basilica Vaticana
Sabato Santo, 30 marzo 2013


Cari fratelli e sorelle!
1. Nel Vangelo di questa Notte luminosa della Vigilia Pasquale incontriamo per prime le donne che si recano al sepolcro di Gesù con gli aromi per ungere il suo corpo (cfr Lc 24,1-3). Vanno per compiere un gesto di compassione, di affetto, di amore, un gesto tradizionale verso una persona cara defunta, come ne facciamo anche noi. Avevano seguito Gesù, l’avevano ascoltato, si erano sentite comprese nella loro dignità e lo avevano accompagnato fino alla fine, sul Calvario, e al momento della deposizione dalla croce. Possiamo immaginare i loro sentimenti mentre vanno alla tomba: una certa tristezza, il dolore perché Gesù le aveva lasciate, era morto, la sua vicenda era terminata. Ora si ritornava alla vita di prima. Però nelle donne continuava l’amore, ed è l’amore verso Gesù che le aveva spinte a recarsi al sepolcro. Ma a questo punto avviene qualcosa di totalmente inaspettato, di nuovo, che sconvolge il loro cuore e i loro programmi e sconvolgerà la loro vita: vedono la pietra rimossa dal sepolcro, si avvicinano, e non trovano il corpo del Signore. E’ un fatto che le lascia perplesse, dubbiose, piene di domande: “Che cosa succede?”, “Che senso ha tutto questo?” (cfr Lc 24,4). Non capita forse anche a noi così quando qualcosa di veramente nuovo accade nel succedersi quotidiano dei fatti? Ci fermiamo, non comprendiamo, non sappiamo come affrontarlo. La novità spesso ci fa paura, anche la novità che Dio ci porta, la novità che Dio ci chiede. Siamo come gli Apostoli del Vangelo: spesso preferiamo tenere le nostre sicurezze, fermarci ad una tomba, al pensiero verso un defunto, che alla fine vive solo nel ricordo della storia come i grandi personaggi del passato. Abbiamo paura delle sorprese di Dio. Cari fratelli e sorelle, nella nostra vita abbiamo paura delle sorprese di Dio! Egli ci sorprende sempre! Il Signore è così.
Fratelli e sorelle, non chiudiamoci alla novità che Dio vuole portare nella nostra vita! Siamo spesso stanchi, delusi, tristi, sentiamo il peso dei nostri peccati, pensiamo di non farcela. Non chiudiamoci in noi stessi, non perdiamo la fiducia, non rassegniamoci mai: non ci sono situazioni che Dio non possa cambiare, non c’è peccato che non possa perdonare se ci apriamo a Lui.
2. Ma torniamo al Vangelo, alle donne e facciamo un passo avanti. Trovano la tomba vuota, il corpo di Gesù non c’è, qualcosa di nuovo è avvenuto, ma tutto questo ancora non dice nulla di chiaro: suscita interrogativi, lascia perplessi, senza offrire una risposta. Ed ecco due uomini in abito sfolgorante, che dicono: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto» (Lc 24, 5-6). Quello che era un semplice gesto, un fatto, compiuto certo per amore - il recarsi al sepolcro – ora si trasforma in avvenimento, in un evento che cambia veramente la vita. Nulla rimane più come prima, non solo nella vita di quelle donne, ma anche nella nostra vita e nella nostra storia dell’umanità. Gesù non è un morto, è risorto, è il Vivente! Non è semplicemente tornato in vita, ma è la vita stessa, perché è il Figlio di Dio, che è il Vivente (cfr Nm 14,21-28; Dt 5,26; Gs 3,10). Gesù non è più nel passato, ma vive nel presente ed è proiettato verso il futuro, Gesù è l’«oggi» eterno di Dio. Così la novità di Dio si presenta davanti agli occhi delle donne, dei discepoli, di tutti noi: la vittoria sul peccato, sul male, sulla morte, su tutto ciò che opprime la vita e le dà un volto meno umano. E questo è un messaggio rivolto a me, a te, cara sorella, a te caro fratello. Quante volte abbiamo bisogno che l’Amore ci dica: perché cercate tra i morti colui che è vivo? I problemi, le preoccupazioni di tutti i giorni tendono a farci chiudere in noi stessi, nella tristezza, nell'amarezza … e lì sta la morte. Non cerchiamo lì Colui che è vivo!
Accetta allora che Gesù Risorto entri nella tua vita, accoglilo come amico, con fiducia: Lui è la vita! Se fino ad ora sei stato lontano da Lui, fa’ un piccolo passo: ti accoglierà a braccia aperte. Se sei indifferente, accetta di rischiare: non sarai deluso. Se ti sembra difficile seguirlo, non avere paura, affidati a Lui, stai sicuro che Lui ti è vicino, è con te e ti darà la pace che cerchi e la forza per vivere come Lui vuole.
3. C’è un ultimo semplice elemento che vorrei sottolineare nel Vangelo di questa luminosa Veglia Pasquale. Le donne si incontrano con la novità di Dio: Gesù è risorto, è il Vivente! Ma di fronte alla tomba vuota e ai due uomini in abito sfolgorante, la loro prima reazione è di timore: «tenevano il volto chinato a terra» - nota san Luca -, non avevano il coraggio neppure di guardare. Ma quando ascoltano l’annuncio della Risurrezione, l’accolgono con fede. E i due uomini in abito sfolgorante introducono un verbo fondamentale: ricordate. «Ricordatevi come vi parlò, quando era ancora in Galilea… Ed esse si ricordarono delle sue parole» (Lc 24,6.8). Questo è l’invito a fare memoria dell’incontro con Gesù, delle sue parole, dei suoi gesti, della sua vita; ed è proprio questo ricordare con amore l’esperienza con il Maestro che conduce le donne a superare ogni timore e a portare l’annuncio della Risurrezione agli Apostoli e a tutti gli altri (cfr Lc 24,9). Fare memoria di quello che Dio ha fatto e fa per me, per noi, fare memoria del cammino percorso; e questo spalanca il cuore alla speranza per il futuro. Impariamo a fare memoria di quello che Dio ha fatto nella nostra vita!
In questa Notte di luce, invocando l’intercessione della Vergine Maria, che custodiva ogni avvenimento nel suo cuore (cfr Lc 2,19.51), chiediamo che il Signore ci renda partecipi della sua Risurrezione: ci apra alla sua novità che trasforma, alle sorprese di Dio, tanto belle; ci renda uomini e donne capaci di fare memoria di ciò che Egli opera nella nostra storia personale e in quella del mondo; ci renda capaci di sentirlo come il Vivente, vivo ed operante in mezzo a noi; ci insegni, cari fratelli e sorelle, ogni giorno a non cercare tra i morti Colui che è vivo. Amen.


sabato 23 marzo 2013

Domenica delle Palme


Domenica 24 Marzo 2013: VI Domenica di Quaresima  
                          Domenica delle Palme


“Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori”. Il canto del servo che oggi ascoltiamo nella prima lettura mette in relazione la forza di “presentare il dorso ai flagellatori”, e cioè di affrontare la violenza ingiusta senza opporvisi, all'ascolto di Dio. è a Dio che bisogna imparare a non opporre resistenza, prima che ai flagellatori. Perché è prima di tutto la proposta che Dio ti fa – quella di vivere un amore radicale, senza cedere mai alla violenza – a trovare dentro di noi una resistenza fortissima. Non è possibile che questa sia la volontà di Dio, non è possibile che Dio voglia che non rispondiamo al male e alla palese menzogna di una situazione ingiusta e inautentica. Le vittime innocenti, chi le vendica, se anche Dio non fa niente? È questa la grande domanda posta dal racconto della passione di Gesù che ascoltiamo oggi, ma è anche la domanda che sale nel cuore quando viviamo personalmente una situazione difficile, in cui sembrano vincere i prepotenti e i bugiardi, i violenti e gli arroganti. Eppure la volontà di Dio è quella che risplende nell'atteggiamento di Gesù, che tanti anni dopo la sua morte paolo descrivere in quel canto che ascoltiamo nella seconda lettura: “umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte”. Per obbedienza Gesù è giunto alla morte. Di nuovo il rapporto tra obbedienza a Dio e morte. Ma perché?
E le domande aumentano man mano che leggiamo il grande racconto della passione. Sin dall’inizio le parole di Gesù ai discepoli sono strane, enigmatiche: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: “E fu annoverato tra gli empi”. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento». Ed essi dissero: «Signore, ecco qui due spade». Ma egli disse: «Basta!». Che cosa vuol dire il Signore? Per lui è arrivato il momento della lotta. Si tratta di una lotta interiore, che avviene prima di tutto dentro di lui. Ma essa riguarderà anche i suoi discepoli, che dovranno fare i conti con un aspro combattimento interiore: davvero scegliere di ascoltare Dio, e di fare la sua volontà, porta sulla strada della croce, della non-violenza che accetta di rimanere disarmati e nudi mentre si fanno i conti con l’ingiustizia, la menzogna, la violenza? Occorre prepararsi, ed attrezzarsi, perché la lotta è dura. Le spade che gli sono presentate sono rifiutate, perchè proprio questo è in gioco: la sapienza divina che rifiuta la violenza anche di fronte alla violenza, e cerca un’altra strada di salvezza.E che Gesù si riferisse non alla spada di ferro, alle armi della fede e della preghiera si vede bene nel racconto dell’Orto degli Ulivi, prima dell’arresto: «Pregate, per non entrare in tentazione». È la preghiera l’arma che tiene lontani dalla tentazione. Di quale tentazione si tratta? Di quella di prendere le spade, appunto, cioè di rispondere alle contraddizioni e alla violenza delle situazioni della vita con altrettanta violenza, finendo solo per moltiplicare così il male. La preghiera è quella che ti mette nel cuore l’energia per contrapporti al male con il bene, e così seguire Gesù.«Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna» dirà Ponzio Pilato ai capi dei sacerdoti. Ecco: quando un uomo fa l’esperienza del male, e si mantiene innocente, senza motivi di condanna: questa è la volontà di Dio. la via di Gesù è la via dell’innocente che rimane tale anche perché decide di non rispondere al male che gli si infligge con il male che egli infligge agli altri.Alla fine si racconta delle donne che preparano aromi e oli profumati. Quella preparazione sarà inutile, perché esse non troveranno più il corpo di Gesù nel sepolcro. Risvegliandolo dalla morte, Dio metterà il suo sigillo sulla vicenda di questo innocente, che non ha nessun motivo per essere condannato, e che sceglie di percorrere fino in fondo la strada della mitezza e della non violenza, accettando persino di essere ucciso, pur di non diventare vendicativo, cattivo, ingiusto. Dio, facendolo risorgere, dirà a tutti: questo è davvero la vita umana come la voglio io, questo è l’Adamo uscito dalle mie mani all’inizio, l’innocente che lotta per rimanere innocente, anche di fronte all’esperienza del male. Ma arrivare a scegliere di vivere così, come Gesù, secondo la volontà di Dio, nell’amore, non è semplice, né spontaneo. È frutto di una lotta, che inizia dallo scegliere di obbedire alla Parola di Dio, di ascoltarla, di metterla in pratica anche nelle situazioni difficili e dolorose.


a cura di Gianni Caliandro www.omelie.org



sabato 16 marzo 2013

V Domenica di Quaresima

Domenica 17 Marzo 2013: V Domenica di Quaresima


In questa nostra riflessione raccogliamo un po' liberamente tre “schegge” tratte dai vari testi biblici della liturgia.


Iniziamo subito con la prima lettura che offre un brano del cosiddetto “Secondo Isaia” (43,16-21) (…) Egli canta il ritorno degli Ebrei dall'esilio di Babilonia come un “secondo esodo”, cioè come la rievocazione del grandioso passaggio del mare: ora è, invece, il deserto a essere valicato (…) La frase che scegliamo è questa: <<Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia>>. (…) La conversione è proprio in questo taglio netto col passato e nell'incamminarsi sulla nuova via. (...)


Dalla seconda lettura, lo scritto di Paolo ai Filippesi (3,8-14), estraiamo questa considerazione: <<Dimentico il passato e proteso verso il futuro, corro verso la meta per arrivar al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù>>. L'immagine è la stessa del testo isaiano: passato e futuro sono posti in antitesi e l'appello è ad intraprendere una corsa per raggiungere il nuovo orizzonte che sta di fronte a noi. (...)
Per il profeta si trattava della terra dei padri da rioccupare abitare. Per Paolo è, invece, la patria definitiva che ha per capitale la Gerusalemme celeste. Il cristiano, infatti , non ha <<quaggiù una città stabile ma cerca quella futura>> (Eb 13,14). Il suo sguardo è proteso verso l'incontro perfetto col Cristo, verso la vita divina: <<la vostra fede e la vostra speranza sono fisse in Dio>>.


Giungiamo, così, al testo evangelico, un racconto celebre incastonato nel Vangelo di Giovanni (8,1-11) ma certamente di origine diversa (…)
E', infatti, la celebrazione della misericordia e del perdono nei confronti di una peccatrice. Noi mettiamo l'accento sulla finale: <<Và, e d'ora in poi non peccare più>>. Anche in questo abbiamo un contrasto tra passato e futuro. La donna ha alle spalle una vicenda di adulterio, il trauma della flagranza, il rischio appena evitato della morte per lapidazione. Gesù le offre una mano per riuscire dal baratro e protendersi verso il futuro della purezza, della vita nuova, dell'amore fedele. E per la donna si apre davanti un nuovo percorso sul quale s'avvia, accompagnata dalla salvezza che il Cristo le ha offerto.
La conversione, il tema tipico quaresimale, è per tutta la Bibbia un mutamento di rotta, uno stacco dal passato tenebroso, una lacerazione con una storia precedente di peccato. (…)
Certo, la paura del nuovo è sempre in agguato, come si dice nella Bottega dell'orefice, il dramma giovanile di K.Woytila, il futuro Giovanni Paolo II: <<Non c'è speranza senza paura e paura senza speranza>>. Ma sulla strada della conversione noi non saremo mai soli: <<Non temere perchè io sono con te per proteggerti!>> (Ger 1, 8)

Riflessioni tratte dal libro "SECONDO LE SCRITTURE" di Gianfranco Ravasi - Piemme

giovedì 14 marzo 2013

SANTA MESSA CON I CARDINALI


SANTA MESSA CON I CARDINALI
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Cappella Sistina
Giovedì, 14 marzo 2013

In queste tre Letture vedo che c’è qualcosa di comune: è il movimento. Nella Prima Lettura il movimento nel cammino; nella Seconda Lettura, il movimento nell’edificazione della Chiesa; nella terza, nel Vangelo, il movimento nella confessione. Camminare, edificare, confessare.
Camminare. «Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore» (Is 2,5). Questa è la prima cosa che Dio ha detto ad Abramo: Cammina nella mia presenza e sii irreprensibile. Camminare: la nostra vita è un cammino e quando ci fermiamo, la cosa non va. Camminare sempre, in presenza del Signore, alla luce del Signore, cercando di vivere con quella irreprensibilità che Dio chiedeva ad Abramo, nella sua promessa.
Edificare. Edificare la Chiesa. Si parla di pietre: le pietre hanno consistenza; ma pietre vive, pietre unte dallo Spirito Santo. Edificare la Chiesa, la Sposa di Cristo, su quella pietra angolare che è lo stesso Signore. Ecco un altro movimento della nostra vita: edificare.
Terzo, confessare. Noi possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore. Quando non si cammina, ci si ferma. Quando non si edifica sulle pietre cosa succede? Succede quello che succede ai bambini sulla spiaggia quando fanno dei palazzi di sabbia, tutto viene giù, è senza consistenza. Quando non si confessa Gesù Cristo, mi sovviene la frase di Léon Bloy: “Chi non prega il Signore, prega il diavolo”. Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio.
Camminare, edificare-costruire, confessare. Ma la cosa non è così facile, perché nel camminare, nel costruire, nel confessare, a volte ci sono scosse, ci sono movimenti che non sono proprio movimenti del cammino: sono movimenti che ci tirano indietro.
Questo Vangelo prosegue con una situazione speciale. Lo stesso Pietro che ha confessato Gesù Cristo, gli dice: Tu sei Cristo, il Figlio del Dio vivo. Io ti seguo, ma non parliamo di Croce. Questo non c’entra. Ti seguo con altre possibilità, senza la Croce. Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo Vescovi, Preti, Cardinali, Papi, ma non discepoli del Signore.
Io vorrei che tutti, dopo questi giorni di grazia, abbiamo il coraggio, proprio il coraggio, di camminare in presenza del Signore, con la Croce del Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla Croce; e di confessare l’unica gloria: Cristo Crocifisso. E così la Chiesa andrà avanti.
Io auguro a tutti noi che lo Spirito Santo, per la preghiera della Madonna, nostra Madre, ci conceda questa grazia: camminare, edificare, confessare Gesù Cristo Crocifisso. Così sia. 

www.vatican.va

mercoledì 13 marzo 2013

HABEMUS PAPAM

HABEMUS PAPAM

 

"Fratelli e sorelle buonasera, voi sapete che il dovere del conclave era di dare un vescovo a Roma e sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo, ma siamo qui". Sono le prime parole pronunciate dal nuovo papa Francesco affacciatosi alla finestra della Santa Sede.


Citta' del Vaticano, (Zenit.org)

Il nuovo Sommo Pontefice, Francesco I, si è affacciato questa sera alle ore 20.22 alla Loggia esterna della Benedizione della Basilica Vaticana per salutare il popolo e impartire la sua prima Benedizione Apostolica "Urbi et Orbi".

Prima della Benedizione il nuovo Vescovo di Roma ha rivolto ai fedeli le seguenti parole.
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Fratelli e sorelle, buonasera!
Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli Cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo … ma siamo qui … Vi ringrazio dell’accoglienza. La comunità diocesana di Roma ha il suo Vescovo: grazie! E prima di tutto, vorrei fare una preghiera per il nostro Vescovo emerito, Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca.
[Il Papa recita insieme ai fedeli presenti in Piazza San Pietro il Padre Nostro, l’Ave Maria e il Gloria al Padre]
E adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza. Vi auguro che questo cammino di Chiesa, che oggi incominciamo e nel quale mi aiuterà il mio Cardinale Vicario, qui presente, sia fruttuoso per l’evangelizzazione di questa città tanto bella!
E adesso vorrei dare la Benedizione, ma prima – prima, vi chiedo un favore: prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo, chiedendo la Benedizione per il suo Vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me.
[…]
Adesso darò la Benedizione a voi e a tutto il mondo, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà.
[Benedizione]
Fratelli e sorelle, vi lascio. Grazie tante dell’accoglienza. Pregate per me e a presto! Ci vediamo presto: domani voglio andare a pregare la Madonna, perché custodisca tutta Roma. Buona notte e buon riposo!

[© Copyright 2013 - Libreria Editrice Vaticana]




venerdì 8 marzo 2013

IV Domenica di Quaresima

Domenica 10 Marzo 2013: IV Domenica di Quaresima


Nella prima lettura il prima è costituito dalla schiavitù in Egitto, segnato dall’umiliazione, dalla sofferenza, dalla mancanza di libertà. A queste ha fatto seguito il duro cammino di purificazione nel deserto, che ha preparato i cuori a un popolo nuovo.
Ad Israele, che porta il fardello di questo passato, Dio dice: “Oggi ho allontanato da voi l’infamia d’Egitto”. Si tratta di una denotazione temporale puntuale, è l’adempimento di una promessa.
L’esperienza dell’inizio di una vita nuova è accompagnata dalla celebrazione della Pasqua, per la prima volta in condizione di uomini liberi. La novità viene celebrata con un rito, alla presenza del Signore.
Il dopo di Israele, la nuova condizione di libertà, inizia il giorno dopo: “Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della regione”.



Lo stesso dinamismo compare nella seconda lettura.
San Paolo esclama: “Le cose vecchie sono passate!”. È come se dicesse: “Il prima è passato!”. Non esiste più, non dobbiamo più guardare ad esso. Paolo può esclamare ciò proprio perché, personalmente, ha fatto questa esperienza: da persecutore della Chiesa è stato perdonato e rigenerato a vita nuova.
L’oggi è segnato da un invito ad accogliere gratuitamente l’amore di Dio. Come il Padre è libero nel donare, il Figlio è libero nell’accogliere, lo Spirito è libero nella comunione, così i cristiani devono essere liberi nell’accettare la novità di Dio: “Lasciatevi riconciliare con Dio!”.
In queste parole, che riguardano l’oggi del cristiano, c’è quasi una passività.
Cosa devo fare?
Devi lasciarti amare. Devi permettere a Dio che ti riconcili con Lui.
Il dopo, il futuro di cui parla la seconda lettura è l’invio nel mondo di ambasciatori di vita nuova, persone che parlano “come se Dio stesso parlasse per mezzo di noi”, invitando i popoli ad accogliere l’amore rigenerante di Dio.




Al centro della liturgia è posto oggi quel capolavoro del Vangelo di Luca che è la parabola del figlio prodigo o, meglio del padre prodigo d'amore, stupenda rappresentazione dell'itinerario di un'esistenza prima bruciata nel peccato poi ricostruita nella conversione e infine approdata alla pace e alla gioia.

La parabola nel suo centro tematico non è la storia di una crisi ma la storia di un “ritorno”, cioè la soluzione di un dramma interiore. Il noto verbo biblico della conversione – l'ebraico shùb, <<ritornare>> , che nei vangeli diventa il greco metanoein, <<cambiare mentalità>> - indica appunto un'inversione di rotta che fa il pastore beduino che nel deserto s'accorge di battere un pista che porta lontano dall'acqua, dall'oasi. O come la nave che segue una rotta fuori della mappa che la guida.

Appena si profila all'orizzonte la figura del figlio, il padre gli corre incontro per abbracciarlo. Come dicono le sue prime parole al figlio, è una morte che si trasforma in vita, è uno smarrimento che diventa ritrovamento gioioso. Nella fatica che ogni conversione c'è, quindi, la certezza di non essere mai soli, di non correre il rischio di trovare alla fine una porta sbarrata o un padre che è solo giudice implacabile e senza misericordia. Anzi, quel padre, come ha detto Gesù in un altra parabola, è pronto a mettersi a servizio del figlio facendolo sedere a mensa (Lc 12,37).

giungiamo così, all'ultimo quadro della narrazione, al cui centro appara la figura del fratello maggiore, tipica rappresentazione del benpensante che, soddisfatto della sua conclamata onestà, diventa un freddo ed impietoso giudice del fratello. 

Riflessioni tratte dal libro "SECONDO LE SCRITTURE" diGianfranco Ravasi - Piemme

sabato 2 marzo 2013

III Domenica di Quaresima


Domenica 03 Marzo 2013: III Domenica di Quaresima


Nel lezionario odierno, potremmo tentare di trovare un filo unificatore sulla base di un grande segno umano e religioso, quello del dialogo. All'interno di un dialogo corre una specie di nervatura che comprende alcune componenti fondamentali. C'è una persona che apre il discorso, interpellando un'altra persona; l'interpellato può reagire negativamente ed allora il dialogo si spezza oppure accettare la proposta ed allora il dialogo fiorisce e puàò trasformarsi in scoperta, in approfondimento, in amicizia, in comunione, in amore.


I lettura: (Es 3,1-8.13-15)

Il celbre brano del c.3 dell'Esodo è per eccellenza la rappresentazione dell'inizio assoluto del dialogo tra Dio e l'uomo: Dio, infatti, si presenta all'improvviso all'orizzonte della vita dell'esule Mosè egli rivela il suo nome segreto. E' la prima e fondamentale battuta del dialogo della rivelazione ed è anche uno dei doni più alti di Dio all'uomo. (...) La conoscenza del nome di una persona comporta una specie di potere sull'essere in questione di cui si viene a conoscere l'essenza e l'energia.


II lettura: (1 Cor 10,1-6.10-12)

L'Apostolo introduce la prima storia nel contesto della sua evocazione dell'Esodo di Israele dall'Egitto. Siamo nel deserto; in Israele pellegrino verso la terra della promessa divina e della libertà si incunea il tarlo della frustrazione, della disperazione, della ribellione. E' ciò che la Bibbia chiama con un verbo curioso, <<mormorare>>: è un modo per indicare l'incredulità, il sospetto nei confronti di Dio e della sua capacità di salvare.


Vangelo (Lc 13,1-9)

La parabola di Gesù ricorre, invece, al simbolo dei frutti assenti in una albero inutilmete frondoso. E' la storia di una aridità interiore che non è scossa neppure dalla voce di Dio. (...) Al centro della cronaca ci sono due episodi di "nera": una repressione brutale dalla polizia romana all'interno del Tempio e la traggedia delle 18 vittime sotto il crollo della torre di Siloe. Gesù non vuole allineasi con quelli che amano vedere nelle disgrazie il dito di Dio giudice. (...) La loro vicenda ha, vinvece, un significato proprio per noi rimsti in vita e spettatori: la storia è breve e può essere spesso spezzata all'improvviso; non si possono lasciar cadere nel vuoto gli appelli del dialogo che Dio intesse con noi.
Alla cronaca si accosta la parbola nella quale è decisivo il dialogo tra il padrone della vigna e il contadino. Tra il Padre (il Padrone) e il Figlio (il contadino) si instaura un rapposto di intercessione per l'umanità arida e indifferente (il fico). Il Cristo tenta, quindi di annodare i fili di un dialogo che l'uomo ignora o lascia anche spegnere.
Ma Cristo non vuole che il lavoro dei "tre anni" del suo ministero sia inutile e supplica il Padre di attendere ancora un anno perchè finalmente questo albero, che è l'umanità, riesca a sbocciare, a fiorire, a fruttificare in una risposta d'amore e di giustizia


Riflessioni tratte dal libro "SECONDO LE SCRITTURE" diGianfranco Ravasi - Piemme